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Alcune considerazioni sulla conclusione della vertenza Allison

La truffa del Jobs Act, che abbiamo spiegato approfonditamente, ha una duplice natura: da un lato il governo che maschera i dati sull'occupazione presentando come un grande successo una situazione stazionaria, dall'altro le imprese che provano in tutti i modi ad approfittare degli sgravi contributivi e del nuovo contratto senza garanzie a tutto discapito di lavoratrici e lavoratori.

C'è anche chi coglie l'occasione per fare un violento turn-over della forza lavoro. È il caso della Allison di cui abbiamo parlato alcune settimane fa. A luglio l'azienda ha annunciato la ferma volontà di abbandonare lo stabilimento di Padova, per delocalizzare (o, sarebbe meglio dire, “rilocalizzare”) a Volta Mantovana, sede originaria del gruppo, che produce occhiali per grandi marchi e propri. La proposta per i lavoratori era quella di continuare a lavorare nella nuova sede, trasferendosi o facendo i pendolari a più di 120 km di distanza. Considerando le spese e il tempo che chiedeva ai dipendenti di sottrarre agli affetti, al riposo o alle passioni, la Allison voleva però ottenere un licenziamento collettivo senza licenziare di fatto, ovvero ottenere le dimissioni volontarie.

Il progetto era chiaro: lasciare a casa la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori impossibilitati a trasferirsi, obbligandoli a dimettersi, abbandonandoli perciò senza nessuna protezione ed anzi provando a etichettarli come i soliti che, in una difficile situazione dove la disoccupazione dilaga, sputano sul piatto in cui mangiano, non volendo accettare un sacrificio per poter continuare a lavorare. Ma a consentire alla Allison di produrre e vendere occhiali con profitto sono stati proprio i lavoratori di cui ora vuole disfarsi per approfittare della possibilità di fare ancora più profitti assumendo lavoratori con nuovi contratti post-Jobs Act e con la decontribuzione prevista dalla finanziaria. 


La decisione dei dirigenti di Allison ricade non solo sui lavoratori dell'azienda, ma su tutti i lavoratori in quanto contribuenti, che, grazie alle trovate di Renzi, si troveranno a pagare collettivamente i contributi che l'azienda avrebbe dovuto pagare nei prossimi tre anni.

Dopo una lotta che è durata vari mesi e che ha visto oltre quattro settimane di presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda, è stato raggiunto un accordo, da alcuni definito “eccellente”. Rispetto alla situazione di partenza e al muro che la direzione aziendale aveva sollevato davanti a sé, l'accordo firmato la scorsa settimana introduce alcune tutele per i lavoratori (la mobilità), abbrevia di poco la rateizzazione del dovuto TFR (6 mesi anzichè 10), concede una misera buonuscita (2000 euro) per chi non accetterà il trasferimento (la grande maggioranza) e rinuncerà a qualsiasi azione di rivalsa, mentre prevede un rimborso spese per chi si trasferisce (300 euro mensili).

La conclusione di questa vicenda presenta quindi due facce: da un lato la lotta dei lavoratori ha ottenuto un risultato importante, ribadendo che le aziende non possono fare tutto ciò che vogliono, a discapito della vita dei lavoratori, ma dall'altro le linee di fondo del piano elaborato dalla dirigenza della Allison rimangono invariate.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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