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"Airpocalypse": 1,2 milioni di cinesi muoiono per l’inquinamento. La soluzione? Media e Social Network

Nel 2050 sarà la prima causa di morte al mondo. Un problema invisibile perché microscopico, ma silente com'è, miete più vittime degli incidenti stradali. In Cina si muove qualcosa, la questione però resta grave.

È l'"airpocalypse", l'apocalisse dell'aria, quella inquinata, si intende. In Cina non è un fenomeno nuovo, lo smog c'è dappertutto ed è argomento largamente dibattuto da associazioni in lotta per la salvaguardia dell'ambiente e della salute, ma quello che scuote è che il fenomeno non è in via di recessione, perché le notizie a riguardo parlano dell'inquinamento dell'aria come quarta causa di morte prematura in Cina, dietro a cattiva alimentazione, pressione alta e tabacco.

Stiamo parlando di 1,2 milioni di morti in Asia dal 2010, ma anche India e altri Paesi gareggiano per il primato; in accordo con il Times, uno studio scientifico mostra la gravità della situazione orientale rispetto a quella europea, dove sono di gran lunga sopra i limiti accettabili: l'inquinamento è così evidente che si vede ad occhio nudo.

Qualcosa aveva fatto anche la capitale, che aveva trovato un po' di tempo fa un modo bizzarro di limitare il traffico e la circolazione di mezzi causa dell'inquinamento: istituire una "lotteria delle targhe" per assegnare il diritto all'acquisto di un auto a 17.600 delle 210.178 persone che avevano fatto richiesta.



Le città più colpite sono Pechino e Shanghai, ma fanno seguito una lista di altre 30 città con seri problemi di inquinamento. Secondo Xinhua, agenzia di informazione nazionale, il Ministro della Protezione Ambientale ha richiesto a 74 città di registrare i livelli di "PM 2.5", microparticelle di diametro di un quarto di centesimo di millimetro, la città di Pechino li riporta quotidianamente da inizio anno sul suo profilo twitter con hashtag BeijingAir.


Sorprendente che i media cinesi abbiano iniziato a parlare di questo "invisibile" problema aprendosi all'informazione pubblica, dopo che per anni hanno ricevuto pressioni esterne per aver tentato di nascondere l'evidenza non pubblicando i dati sui livelli di "PM 10" considerati meno pericolosi degli attuali.



Però un pensierino l'avranno pur fatto quando il 13 gennaio la capitale ha toccato livelli record mai raggiunti, se non da Londra nel famoso "Killer Fog" o "The great smog" che uccise centinaia di londinesi a metà secolo. La questione è grave. Nei paesi dove ciò è evidente, sapere che nel 2050 l'inquinamento sarà la prima causa di morte non deve essere una bella notizia.

Come riportato dalla CNN, una giornalista, "Ma", insieme al suo team, è diventata una delle paladine che lotta per la salvaguardia dell'aria pulita in Cina. Il suo progetto di social media mapping, lanciato in collaborazione con l'Institute of Public & Environmental Affairs (IPE), organizzazione no profit, ha lo scopo di individuare chi sono i responsabili "polluter" che inquinano l'aria.

Il metodo è semplice, Google da l'opportunità di mappare le foto scattate dai cittadini cinesi sui sospetti "inquinatori" che vengono inviate all'associazione tramite il famoso Social Network Sina Weibo, la giornalista Ma tiene costantemente aggiornato il database sulla base delle immagini che le arrivano e di una lista fornita dal governo di 15mila aziende "da monitorare", in quanto impatterebbero per oltre il 65% sull'inquinamento totale.



Può davvero un social network abbattere l'inquinamento e sensibilizzare lo stato cinese al fine di impiegare le risorse (che certamente possiede) per una corretta ecosostenibilità? Il costo del degrado nel 2010, secondo media ufficiali, è stato di 230 miliardi: il 3,5% del prodotto interno lordo. Ma forse ci si dovrebbe concentrare su un costo ancora più grave, quello sulla salute delle persone.

Qualcuno comunque ci sta provando, perché non vuole rivedersi stampata la cartina della Cina di un grigio tossico, è già una bella cosa, ma per il resto, ancora non possiamo tirare su un bel respiro.

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