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Agrigento: guerra di religione alla Festa di San Calogero

Volano pugni e bestemmie per la festa di San Calogero ad Agrigento, un rito dove sopravvivono tradizioni paganeggianti. L'Arcivescovo è indignato e vuole cambiare le tradizioni sancalogerine. I devoti protestano. Guerra di religione nella Valle dei Templi?

Volano pugni e bestemmie durante la processione. Il Vescovo: “È scandaloso. Non posso accettare le vostre tradizioni. Io mi sono vergognato”.

È guerra di religione ad Agrigento, la città dove da secoli la devozione per il Santo nero, San Calogero, è più sentita che per il santo patrono, il francese San Gerlando.

Non è la prima volta che durante il festino di luglio in onore al Santo agrigentino, si vedono le scene deplorate da monsignor Franco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. Fa parte della tradizione dare l’assalto alla statua, abbracciandola e baciandola durante tutto il percorso, mentre novanta devoti portatori la fanno ballare: ma spesso non si trovano d’accordo sul da farsi e litigano e bestemmiano qualche volta si pestano. Un tempo partiva anche qualche coltellata. 

 Anche il vino per l’occasione innaffia le gole assetate in quelle due prime domeniche caldissime di luglio siciliano. E il vino, si sa, da alla testa anche dei devoti più morigerati.

Monsignore, arrivato ad Agrigento qualche anno fa, ha visto su youtube una bella scazzottata e ha detto: adesso basta!

“All’uscita della statua di S. Calogero dal Santuario si assiste a uno spettacolo che veramente poco ha di religioso: tanti portatori salgono in modo scomposto sulla statua e danno vita a manifestazioni esagitate durante le quali volano pugni, si sentono bestemmie, insulti, si fanno gesti disordinati...

Mi chiedo: tutto questo cosa ha di religioso? Che c’entra la devozione al Santo con tutto ciò? Si può continuare ad accettare che avvengano queste cose? È scandaloso che sotto l’immagine di un Santo ci siano persone che bestemmiano, litigano, si prendono a pugni, fanno uso esagerato di bevande alcoliche, non sentono il bisogno di pregare! No, come Vescovo, non posso accettarlo! I Santi vanno trattati con rispetto, con venerazione; anche le loro immagini – segno esterno della loro continua intercessione – meritano tutta la delicatezza che si riserva alle cose sacre; sono pur sempre statue di santi!", ha scritto in una lettera al popolo.

I devoti sono così esagitati da rompere la statua. Solo pochi anni fa è stata realizzata una nuova statua, dopo che l’antica era stata mutilata per i focosi abbracci. “Dobbiamo forse aspettare che ci scappi il morto per intervenire?”, si chiede il vescovo. Vuole quindi purificare la processione, che da secoli ha questo singolare andamento, ed è generalmente persino apprezzata per la sua originalità, soprattutto dai turisti.

Un altro Vescovo, monsignor Peruzzo, con l’aiuto della autorità fasciste cercò di fermare un’altra usanza della festa, quella di lanciare panini verso la statua. Ma ancora oggi, sebbene più ridotta, l’usanza è rimasta. 

La decisione dell’arcivescovo di rivoluzionare le processioni sancalogerine per farne degli ordinati, raccolti e oranti momenti di fede sembra destinata, secondo molti al fallimento.

Dopo la lettera, la città ormai è divisa tra due partiti: i "devoti" che non vogliono cambiare di una virgola tradizioni secolari, e i "ragionevoli" che stanno col Vescovo.

Più della mancanza dell’acqua, della disoccupazione, dell’aumento delle tasse e dei divieti di balneazione, sotto l’ombrellone e sul lungomare la gente si accapiglia dando torto o ragione al Monsignore. 

 

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