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 Home page > Attualità > Economia > Aderire o non aderire all’iniziativa "Fondo Tagliatasse"?

Aderire o non aderire all’iniziativa "Fondo Tagliatasse"?

Il mio commento a proposito dell’iniziativa, pubblicato su Milano-Finanza e sul sito web personale.

Aderire al “Fondo Tagliatasse”? Vogliamo prenderci in giro da soli? Vogliamo costruire un gioco di società per trastullarci e impegnare il tempo libero? Non basta essere vessati in continuazione da una classe politica distruttiva e rapace, per niente interessata alla buona gestione della cosa pubblica?

Abbiamo la casa che brucia e cosa facciamo? Pensiamo alla partita a calcetto che, per forza maggiore, siamo costretti a saltare…

Vengo al dunque. L’Italia ha un debito pubblico pari a 1.973 miliardi di euro su cui paga ogni anno circa 90 miliardi di euro a titolo di interessi. Di questi ultimi circa 40 miliardi di euro prendono ogni anno la strada dell’estero.

Ripeto a bella posta per evidenziare la gravità della circostanza: ogni anno regaliamo agli investitori esteri circa 80.000 miliardi delle vecchie lire che strappiamo alla ricchezza nazionale (quando e se prodotta) e quindi a possibili investimenti produttivi.

Considerando che il PIL, ricchezza prodotta in un anno dall’intera nazione, tende a decrescere, con conseguenti minori entrate fiscali per lo Stato, il pagamento degli interessi agli investitori stranieri viene effettuato di fatto mediante assunzione di nuovo debito e cioè mediante la vendita di BTP da parte del Tesoro italiano in misura maggiore rispetto al valore dei titoli in scadenza.

Con questo macigno che col tempo va ingrandendosi a dismisura e minaccia di sommergere l’intero Paese, invece di dedicare attenzione ed energia alla compressione del debito pubblico, ci trastulliamo ipotizzando la possibilità di distribuire le briciole (relativamente parlando) eventualmente introitate con il contrasto all’evasione fiscale, dando l’illusione ai contribuenti tartassati di poter beneficiare di un allentamento significativo delle aliquote d’imposta.

Illusione “fondo tagliatasse”, pura e semplice illusione propinata a buon mercato ai cittadini italiani, in gran parte onesti e laboriosi, che non si rendono conto della situazione fallimentare dello Stato italiano e del disastro finanziario che l’ha investito negli ultimi venti anni, facendo ingigantire il debito pubblico ed esponendoci alle feroci richieste dei finanziatori esteri che nei mesi scorsi hanno preteso anche il 7% d’interesse annuo per prestarci i loro capitali. Risorse - è bene rammentarlo - da destinare al pagamento di stipendi, pensioni e cassa integrazione ed all'acquisto di beni ed attrezzature di consumo per le indispensabili manutenzioni alle strutture di pubblica utilità.

Lo “spread” d’interesse tra titoli italiani e quelli tedeschi è lì, ogni giorno, a ricordarci la misura dei nostri errori, dico “nostri” perché alla fine saremo tutti noi a rispondere del disastro finanziario che blocca l’Italia e la possibilità di regolare sviluppo. A nulla varrà allora fare la lista delle forze politiche e delle persone con maggiori responsabilità.

Torniamo con i piedi per terra. Recuperiamo consapevolezza piena ed onesta del problema debito e cerchiamo di liberarci delle pretese insopportabili ma formalmente legittime degli investitori internazionali.

Da tempo ho ipotizzato la necessità di una imposta una tantum del 5% sui patrimoni degli italiani, ad esclusione del valore della prima casa. Il ricavato, circa 350 miliardi di euro, darebbe una spallata al debito pubblico facendolo scendere da 1.973 a circa 1.600 miliardi di euro, affrancando parzialmente il nostro Paese dalle pressioni internazionali, con deciso abbassamento del tasso d’interesse medio pagato sull’esposizione residua.

I 90 miliardi di interessi oggi pagati si ridurrebbero da subito a circa 60 miliardi di euro, con possibilità di ulteriore, progressiva compressione. In buona parte il risparmio nazionale riguarderebbe i minori esborsi verso l'estero. 

Questo sarebbe davvero un vantaggio tangibile e stimolante, tale da liberare risorse per investimenti in settori ad alto valore aggiunto, capaci di produrre ricchezza e posti di lavoro per i tantissimi giovani preparati in attesa di sana occupazione.

Ma oggi cosa facciamo? Ci trastulliamo ad ipotizzare improbabili restituzioni di risorse mediante minori carichi fiscali quando la cruda realtà induce a pensare che, senza interventi del tipo “imposta patrimoniale”, i prossimi anni segneranno l’implosione del nostro Paese.

Da sottolineare invero che l’Italia, nonostante tutto, naviga su 9.000 miliardi di euro di beni privati (immobili, partecipazioni, titoli, liquidità) e su svariati miliardi di beni dello Stato non sempre produttivi. I rimedi proponibili avrebbero, pertanto, solide basi di appoggio. La navigazione, però, da troppo tempo è a vista ed il comandante alla guida del natante "Italia" è fortemente impegnato ad organizzare "inchini" ammiccanti e compiacenti.

Riconosco in ogni caso a Milano-Finanza, promotore dell'iniziativa, il merito di stimolare le sensibilità ed i cervelli intorpiditi dalle notizie a ritmo incalzante di malefattte amministrative e politiche che rendono vani gli sforzi ed i sacrifici di tantissimi cittadini onesti e laboriosi.

L'articolo di riferimento di Milano-Finanza è consultabile al sito internet: www.milanofinanza.it/news/

Questo articolo è stato pubblicato qui

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