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A che titolo Cantone critica la Bindi?

A che titolo Cantone critica la Bindi, come cittadino, come autority per la lotta contro la corruzione, come supporter di Renzi?

Ha ragione Cantone a criticare la Presidente della commissione antimafia, a definire la questione degli impresentabili un errore istituzionale?

Qual è l’errore: è stata inadempiente la Bindi, ha disapplicato il regolamento votato dalla commissione, non ha rispettato le procedure? E se inadempienza c’è stata, di questa doveva parlare Cantone e non di un generico errore istituzionale.

La Bindi ha istituzionalizzato gli impresentabili e dato un bollino blu a quelli non presenti nell’elenco.

Ma chi istituzionalizza gli impresentabili, la Bindi che adempie ad un ordine di una legge, o i partiti che scelgono, votano e approvano questa legge?

E, se di errore si tratta, non a Bindi doveva rivolgere le sue critiche, ma al codice di autoregolamentazione e ai partiti che l’hanno votato, a settembre quando è stato approvato, e comunque prima della pubblicazione dell’elenco degli impresentabili; e non a ridosso di una querela contro la Presidente.

Si critica la Bindi, come se avesse agito di sua iniziativa e a suo piacimento, come se avesse fatto scelte discrezionali. Ma la Presidente della commissione antimafia ha solo applicato una normativa, ha fatto la fotografia dei carichi pendenti sui candidati alle regioni e ha pubblicato solo atti pubblici basati su atti giudiziari.

Ha fatto l’elenco degli impresentabili, in adempimento di un codice e secondo una procedura votata da tutti i partiti. In base a questo codice, i condannati e i rinviati a giudizio per mafia e per reati spia di mafia non sono candidabili.

Ma Renzi ha candidato De Luca. Certo, il sindaco di Salerno ha vinto le primarie, ma non doveva essere presentato alle primarie.

E allora, se qualche critica voleva fare, Cantone la doveva fare a Renzi, che, come segretario del PD, aveva il dovere, sulla base del codice di autoregolamentazione, di non presentare alle primarie De Luca, mentre non lo ha fatto.

Cantone ha parlato di errori istituzionali.

Se qualche errore istituzionale c’è stato, lo ha fatto Renzi, che non ha considerato l’inevitabile ingorgo istituzionale, conseguente alla sospensione di De Luca. Certamente non lo ha fatto la Bindi, che ha divulgato atti pubblici e reso un servizio ai cittadini, informandoli sui soggetti che si apprestavano a votare.

Oppure si ritiene che un atto di informativa ai cittadini sia un condizionamento della volontà popolare? Il condizionamento non deriva da un’informazione, quando è veritiera e pubblicabile, ma dal silenzio e dalla disinformazione.

Certo, a ridosso delle elezioni, non era opportuno pubblicare gli elenchi degli impresentabili, ma quel era l’alternativa, stare zitti e non pubblicare? Questo è quello che voleva Cantone?

Se errori, se inadempienze ci sono state, questi sono stati gli errori di tutti i partiti che hanno approvato il codice e le inadempienze del segretario del PD.

Checché ne dica Cantone, gli sbagli altrui sono ricaduti su Rosy Bindi, portata in tribunale dal Sindaco di Salerno e oggetto di un tiro al bersaglio spietato ed ingiustificato.

E, tra i tanti a lanciare la freccia, c’è stato anche il magistrato, autority per la lotta contro la corruzione.

Il magistrato incaricato di combattere la corruzione, si scaglia contro il Presidente dell’antimafia mentre combatte con le armi dell’informazione il malaffare.

“Tu quoque, Brute, fili mi”.

Foto: Wikimedia ("Rosy Bindi foto Stefano Bolognini 2011" di Stefano Bolognini, Wikimedia Commons. Con licenza CC BY 3.0 tramite Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/F...)

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