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A 15 anni in una gang del Guatemala, Alma racconta il suo inferno

Alma ha 27 anni ed ha già visto l’inferno. Questa ragazza guatemalteca si è venduta l’anima a un diavolo terribile: una delle più violente gang del Paese responsabile di 18 omicidi al giorno. La storia della sua caduta nell’abisso e del suo riscatto è narrata in un docuweb (cliccate qui per la versione francese) uscito in questi giorni insieme al libro omonimo e presentato sabato scorso alla Fnac Montparnasse di Parigi dagli stessi autori Miguel Dewever-Plana e Isabelle Fougére, il lancio è stato sostenuto anche da Amnesty International.

È la stessa Alma (nella foto con il suo compagno) a raccontare, tra lacrime e silenzi, la sua adesione alla gang a soli 15 anni grazie a un suo amico: “Quando entri lì dentro – dice – non sei più libera. Devi uccidere per essere amata”. Capelli neri, viso triste, tanti tatuaggi e quegli occhi pieni di dolore, la ragazza ha deciso di mettersi in gioco per mostrare al mondo quello che nessuno ha mai osato: la vita della gang e i suoi rituali in cui la violenza diventa una dipendenza simile all’alcolismo. Uscirne non è facile. Alma per esempio è finita su una sedia a rotella colpita dai suoi stessi compagni di gang e abbandonata per strada in fin di vita. Oggi su di lei pende ancora una condanna a morte ma questo non le sembra importante:

“Se qualcuno mi avesse parlato allora – dice -, forse non avrei commesso il mio primo crimine. Voglio salvare i bambini prima che commettano un gesto irreparabile e se anche solo uno si fermerà questa mia scelta avrà un senso”. 

D’altra parte la vita di Alma è sempre stata in pericolo basti pensare che nella città in cui è nata il 98% dei crimini resta impunito. “Ci ha messo un anno e mezzo prima di decidersi a parlare – racconta la giornalista Isabelle Fougére -, alla fine ha prevalso il bisogno di liberarsi e ricominciare una vita nuova, soprattutto avendo lo scopo di servire a qualcosa”.

Il docuweb inizia con il racconto di quando Alma arrivò nella sede della gang: “I miei compagni stavano violentando una ragazza e io ho guardato mentre lo facevano. Alla fine l’ho uccisa con una bottiglia rotta, è stato difficile perché lei mi pregava di risparmiarla in nome dei suoi bambini. Ma io avevo paura, non volevo sentirmi da meno dei miei compagni e sono andata sino in fondo”.

“La sua storia – dice uno degli autori il fotografo Miquel Dewever Plana che da anni percorre il Paese in lungo e in largo – è quella della gioventù perduta del Guatemala”. Oggi Alma lavora in un grande magazzino e sogna di iscriversi all’Università per diventare psicologa. Non ha mai pagato per i suoi crimini.

Di Monica Ricci Sargentini

Questo articolo è stato pubblicato qui

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