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8 settembre - Diario di bordo di una sera d’acquazzoni in terra di fuoco

Ovvero la rabbia dell’impotenza e la fatica di indignarsi

Sono da poco passate le 21.00 di mercoledì 8 settembre e sono a bordo della mia Fiat Idea in uscita dalla tangenziale di Napoli, direzione Pozzuoli.

Ho lasciato Roma alle 19,00 e ho già percorso oltre 200 km, la maggior parte dei quali in autostrada e con condizioni di tempo buone, ad eccezione del tratto tra Santa Maria Capua Vetere e l’uscita di Napoli, quando ho dovuto rallentare per un improvviso e violento temporale che riduceva notevolmente la visibilità. Ero sintonizzata su Iso Radio, ma non ho sentito nessun annuncio che mi preallertasse… Si sa, la maggior parte delle notizie provengono in genere sempre dagli stessi luoghi che non so dove sono sulla carta, ma che sono tra i più gettonati in playlist. Calenzano, Barberino del Mugello, Tangenziale di Milano. (Il personale addetto all’area centro sud è ancora in ferie?)

E poi non ho capito il criterio con il quale danno le notizie... Ma mi sa che partono da nord e poi vanno verso sud… Come con le previsioni del tempo…(mai nessuno che abbia tirato fuori una questione di par condicio su questo tema, perchè?)

I tabelloni luminosi indicavano che i tutor erano attivi, e che a 110 km orari sul bagnato la distanza di arresto è di 150 metri… (si saranno rotte le centraline di rilevazione da Roma in giù?)

Va bene, ne prendo atto.

A Pozzuoli in uscita dal tunnel della tangenziale il cielo e la terra sembrano un unico ammasso grigio e secchiate di acqua scrosciano sull’auto e sulla strada. Rallento e accendo le luci fendinebbia anteriori e posteriori. In lontananza distinguo deboli le luci di Baia e mi rassicuro, assaporando già il momento in cui sarò finalmente a casa.

Esco all’uscita di Arco Felice e, davanti al complesso dei Damiani, capisco che non è una serata di pioggia come tante. Un fiume d’acqua invade la carreggiata e scorre tumultuoso e vorticante. Mi tornano alla mente le parole di un amico anni fa: “Se ti trovi a Napoli nel mezzo del temporale è la fine, perché si allaga tutto, saltano i tombini e allora sai che devi fare? Vedrai che si formerà di certo una fila di macchine: tu non superarla mai! Tutti sono dietro la macchina che hanno davanti e la seguono… Vuoi sapere perché? Se ci sono buche o tombini saltati tu li puoi evitare, perché prima ci cade dentro l’auto che hai davanti!”

Procedo pianissimo e penso che sulla prossima auto che acquisto sarebbe utile un mini - radar, perché davanti a me la macchina più vicina è a 100 metri… la radio passa una canzone di Peter Gabriel di qualche tempo fa, “Don’t give up”…

Passo davanti al tunnel e decido di tirare dritto. Mi rendo conto infatti che soffro di un improvviso vuoto di fiducia che mi impedisce di imboccarlo… e già mi immagino la notizia di domani … “ decine di automobilisti raggiunti dai vigili del fuoco perchè rimasti bloccati nei sottopassi”.

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Il tunnel è aperto e la solita tabella luminosa prima dell’ingresso sulla destra annuncia sempre lo stesso messaggio da mesi "Memory Lost”. Sì, se fosse allagato chi avrebbe dovuto chiuderlo il tunnel? Passo velocemente in rassegna tutti i corpi - armati e non - che potrebbero essere stati coinvolti nella procedura… Procedura, quale procedura? La vita d’azienda mi ha fatto male. Cancello l’immagine dalla mia mente e decido di fare il giro per Arco Felice.

Proseguo guadando davanti alle ruote una pozza piuttosto profonda, ma penso che girando a destra troverò una situazione più praticabile. Evidentemente mi sbaglio, perché la strada è un torrente. E non so a questo punto cosa troverò più avanti. Che faccio? Comincio a sentirmi come nella “notte in cui tutti i gatti sono neri”.

Decido di seguire le macchine davanti, un po’ inconsciamente per l’antico suggerimento del mio amico, e un po’ alla ricerca di un capobranco che mi apra la strada giusta per casa…

Giro così a destra sulla strada che sale vicino all’edicola dopo il Bar Blamangieri. “Meno male, - penso - il peggio è passato. Piove anche di meno e la strada è abbastanza libera. Sì, scende acqua a tratti che attraversa la carreggiata, ma pare nella norma”

L’ottimismo mi rovina: giro a sinistra e poi a destra per immettermi su via Miliscola, e all’altezza del Tripergola sono su una strada che è di nuovo un torrente in piena.

Proseguo. La situazione non cambia e la strada si fa sempre più buia: tutta l’illuminazione pubblica è saltata. Superata la rotonda nuova nuova, lungo la strada che costeggia il lago Lucrino anche i dossi sono sommersi dall’acqua… Ma è straripato il lago? No, no, il livello è quello solito.

Comincio ad avere un po' paura, perché continua a piovere, e la strada per casa (devo arrivare su a Monte di Procida) comincia a sembrarmi ancora più lunga di quella fatta da Roma per arrivare fin qui.

Arrivo lentamente e con difficoltà al semaforo del senso alternato sulla Punta Epitaffio (per fortuna è verde), mentre cascate d’acqua scrosciano abbondanti e violente sulla macchina, precipitando giù dal costone a destra… dove ricordo che altre volte sono state posizionate per mesi transenne a causa di smottamenti…

Penso allora sia conveniente togliere il blocco delle portiere dell’auto almeno se dovesse servire per tirarmi fuori. Scaccio il pensiero e proseguo: supero indenne anche il “salto” della strada all’incrocio per Monte di Procida (alla ex stazione della Cumana) e proseguo dritto perché so per certo che il Fusaro sarà allagato. L’esperienza l’ho già fatta, mi è bastata e non voglio ripeterla.

Qui in zona Baia se non altro c’è sempre gente è la zona più trafficata e turistica di visitatori mordi e fuggi per la spiaggia o di movida per i locali notturni.

Costeggio il glorioso porto di Baia, e penso che devo attrezzarmi al più presto con un mezzo anfibio.

Accosto e lancio un sms nell’aere (meglio sarebbe un messaggio nella bottiglia, visto il contesto), approfittando di una tacca di segnale di "3” che normalmente non c’è! “Sono a Baia. Ci vuole la barca!”

imageLa rabbia monta perché la situazione perdura, e l’unico effetto della presenza di auto è che tra loro c’è anche il solito imbecille di turno (e sono buona…) che pensa bene di lampeggiare per chiedere strada e superare… Succede all’imbocco di via Risorgimento… Accosto e freno un po’, accorgendomi che i freni bagnati rispondono maluccio. Procedo tra prima e seconda col freno motore, non senza aver augurato buon viaggio all’imbecille di prima…

Arrivata all’incrocio con via Cerillo mi sento immersa nell’apocalisse, mi vedo già trascinata dalle acque fino in fondo al lago. Una voce all’auricolare mi chiede se voglio una pizza per cena stasera. Mi sento un po’ cannibale e comincio a pensare che per cena mangerei volentieri qualcuno.

Lasciamo perdere, ho da fare, devo prendere decisioni rapide e basate sulle risorse disponibili. Non è per questo che ho studiato da manager?

Sono allo stop alla villa comunale di Bacoli e davanti a me due macchine si affiancano occupando tutta la carreggiata e iniziano a discutere sull’opportunità di procedere a destra o sinistra. Dietro di me un furgone suona insistentemente: vuole passare.

Sono stanca, ma mi viene di istinto di aprire lo sportello e con l’aplomb da signora quale sono spiegare qualche ragione.

Ma scendere proprio non posso trasformerei la macchina in acquario.

Il ragazzo dall’auto davanti si sporge col corpo fuori dal finestrino dell’auto e urla: “ Nu momento! O’ frà… Cà ce stanno ‘e muntagne r’acqua!”

…. Poi girano a destra …e anche io decido di lanciarmi nell’impresa…

Sono sempre ottimista e mi ritrovo in un’esperienza mai provata nelle centinaia di migliaia di chilometri percorsi in vita mia: mi sembra di guidare nel lago!

I marciapiedi non si vedono e ci siamo solo io e le due macchine avanti… Mi affido alla Madonna di Montevergine che qui come me è in terra straniera, ma illumina le menti e dà forza nelle tenebre. Così all’altezza di Mail Boxes non ho dubbi: faccio inversione e mi dirigo di nuovo sui miei passi, nella marea gialla, verso l’incrocio con via Cirillo, che decido di imboccare…

Svolto e respiro: finalmente qui le strade non sono fiumi! … Ma ogni medaglia ha il suo rovescio: scopro che siamo in tanti tutti in fila ordinatamente qui… tra macchine parcheggiate… e altre che vengono in opposto senso di marcia… Tutti ordinati e incastrati… Ma felici per aver trovato una via di transito (o di fuga…) … E allora si tirano dentro specchietti,… si chiede gentilmente di accostare entrando e uscendo da questo o quel cancello… Si organizzano manovre.. Ognuno prosegue sereno e rassegnato verso la propria meta.

Mi immetto su viale Olimpico, svoltando da via Cirillo a destra e questa volta tiro un respiro più lungo: lambisco solo parte della rotonda alla pompa della Esso e svolto in su verso via Panoramica. Procedo sempre lentamente perchè ci sono comunque almeno 5 centimetri d’acqua per terra che, uniti agli aghi di pini che scendono giù fino alla grata otturata e tumultuante vicino al bar all’incrocio al Quarto di Luna, mi fanno procedere con prudenza.

Svolto finalmente al Tommy’s, scendo dalla macchina e – come Cristoforo Colombo sbarcando dalla sua caravella - bacio la terra, che qui è lucida e pulita solo appena velata d’acqua…

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La fame mi è passata, e sono quasi le 23… Mi sento reduce da un’impresa che fortunatamente posso raccontare… e oscillo ora tra i fumi della rabbia e lo humor fatalista partenopeo che insidia il mio orgoglio cosmopolita… Decido di andare a dormire… senza trascurare il lancio di qualche imprecazione contro tutti e tutti con le quali travolgo amici e parenti che pazientemente mi avevano atteso per la cena ormai in tavola da un po’…

Dormo, e al risveglio mi viene l’idea di improvvisarmi cronista / fatalista / partenopeo alla Felice Cacciamo maniera per raccontare quello che ormai è normale da tempo… e che spero possa non trasformarsi mai in un “l’avevo detto io”… come in tante cronache di morti annunciate.

Noi sudditi di questo feudo ci siamo abituati a vivere le nostre giornate di ordinario degrado sociale, economico e territoriale. Probabilmente, se capiterà a qualche connazionale (ancora si può dire così!) di altri luoghi (quei posti che spesso nomina Iso Radio) di leggere questo racconto, cercherà di scendere fin qui per riscontrare personalmente se è vero quello che ho scritto o se è maldestra invenzione. O magari chi è a caccia di emozioni potrà decidere di inseguire temporali per vivere un esperienza unica tra le rapide tra Arco Felice e Bacoli.

E si intercetterà di sicuro qualche nuovo flusso turistico, che possa dare impulso all’economia del territorio e tanto lavoro ai giovani, grazie ad esempio all’istituzione di corsi per di rafting (chissà che qualche aspirante candidato o neoeletto consigliere dei comuni coinvolti non colga il suggerimento e lo metta nel suo programma politico).

Sarà vera gloria? Ai posteri (per quelli che sopravviveranno) l’ardua sentenza!

L’abitudine al peggio che ci divora è la stessa che nutre e ingrassa chi continua a far scempio di un territorio bellissimo e sempre più devastato dalle malefatte e dalla noncuranza.

Riusciremo a lottare e vincere contro l’abitudine di girare la testa dall’altra parte e di pensare che sarà sempre così?

Dobbiamo pretendere il cambiamento da chi ci chiede il voto, da chi ci amministra, da chi lavora al servizio della sicurezza pubblica, da chi fa impresa facendo profitto su questo territorio: pretendere la responsabilità delle loro azioni.

E dobbiamo iniziare a pretendere che il cambiamento avvenga dentro di noi: nel nostro atteggiamento, nel nostro comportamento, nella nostra capacità e volontà di indignarci con chi ci vuole togliere la libertà e i diritti basilari della società civile, come la messa in sicurezza del territorio e la percorribilità delle strade.

Dina Stella

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.158) 20 settembre 2010 07:27

    Un racconto coinvolgente ed avvilente, è giusto soffermarsi sull’ordinaria emergenza, l’accadimento descritto non è affatto episodico, l’ho vissuto di persona nello stesso posto due anni fa. Grazie per aver speso tempo a sollevare la questione, ci auguriamo abbia un seguito.
    maria cianniello

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