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15 ottobre: la maggioranza siamo noi

Il 15 ottobre la chiamata degli Indignados spagnoli giungerà in tutt'Europa per poter dare una risposta forte e collettiva ad un sistema politico ed economico ormai fallito. Anche Roma tra le 15 capitali in movimento.

Navigando tra le onde del web è ormai impossibile non infrangersi contro scogli di protesta e iceberg di quella indignazione collettiva che si sta espandendo tra tutti noi. Nella maggior parte dei casi inoltre, a seguito della manifesta contrarietà a questo sistema, segue una semplice quanto allarmante domanda: "cosa possiamo fare noi?".

Per cercare una risposta la cosa migliore da fare è cercare punti a nostro favore, per renderci consapevoli del fatto che l'unica e la più potente arma che abbiamo è il numero. Noi tutti, come dice un motto di questi giorni, siamo il 99%, e ciò ha una semplicissima conseguenza: se agiremo da soli continueremo ad essere calpestati, se agiremo uniti vinceremo sicuramente.

Questa non è una semplice deduzione teorica ma un fatto dimostrato più volte in questo ultimo anno: per quanto riguarda il "nostro" Paese basti pensare alle proteste contro i tagli all'istruzione dell'ultimo autunno, le ondate di militanti NO-TAV, e non per ultimo il Referendum alla difesa del bene pubblico.

Si, lo so, il Referendum non è servito a niente direte voi, perchè ora lor signori si comportano come se il popolo non si fosse espresso (d'altronde non è nuovo questo loro comportamento nei confronti delle opinioni del popolo sovrano), ma se devo dire la verità, il giorno stesso che vincemmo a quelle urne ero consapevole di questo probabile rischio e nonostante ciò ero pieno di soddisfazione per ciò che era appena avvenuto.

Al di là dell'acqua, dell'energia, e di ogni decreto possibile, ciò che avvenuto con quel Referendum, o meglio nei mesi prima del Referendum, è stato un evento sociale unico, in cui l'auto-organizzazione di comitati, collettivi e realtà sociali è riuscita a cambiare il corso della Storia non solo senza l' aiuto delle istituzioni, ma addirittura superando gli ostacoli messi in atto da un'informazione mediatica indecorosa e asservita al potere più subdolo, e tutto ciò anche grazie alla Rete, ultimo baluardo dell'informazione vera che ora viene attaccato senza tregua.

Ora che siamo consapevoli della vera forza derivante dalla nostra unità, dobbiamo cercare le cause che ci hanno portato fin qui, dimenticando le storie da soap-opera del Premier, ignorando i numeri che gli economisti sparano a caso, credendoci non in grado di capire che questo mondo va allo sfacelo, e guardando invece ai quei temi attuali ma "eterni" che hanno prodotto una gestione del pianeta interessata solo all' economia del profitto.

Economia che è riuscita addirittura a sottrarre il potere politico al mondo governativo, ormai ridotto ad una manica di luridi burattini; come dimostra la recente lettera del 5 agosto della BCE al governo italiano, in cui si chiede “la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali attraverso privatizzazioni su larga scala” e di “ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende”. Negli ultimi paragrafi la BCE arriva a scrivere che “vista la gravità dell'attuale situazione sui mercati finanziari sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale”.

Da questa perdita di potere della politica capiamo che è impossibile considerare ancora l'alternanza dei partiti come soluzione, perchè cambiare burattino in mano allo stesso burattinaio è cosa di poco senso. Multinazionali, consumismo, burocrazia, oppressione, sfruttamenti: i più piccoli problemi della nostra città sono conseguenza di meccanismi lunghi e complessi radicati ormai nel funzionamento della macchina produttiva che coinvolge l'intero globo, ed è dunque a tutto il pianeta che dobbiamo rivolgere l'attenzione.

Le cronache degli ultimi mesi portano alla luce quel senso di frustrazione estrema a cui è arrivato il popolo, sfociato addirittura in colpi di stato in più Paesi del Nord Africa. Ma come i telegiornali (non) ci hanno ben mostrato anche in Europa le piazze hanno qualcosa da dire. E' la stagione iniziata il 15 maggio a Madrid, con la cosiddetta #SpanishRevolution, dove per quasi un mese gli occupanti hanno resistito con tende e striscioni in Plaza Catalunya.

Non solo: in questo piccolo spazio pubblico cittadini di ogni provenienza hanno provato a dare piccole dimostrazioni di democrazia alternativa, di autogestione, costruendo piccoli progetti come biblioteche, orti urbani e aree dedicate alla pubblica discussione, il tutto prima che le forze di polizia giungessero a sgomberare ogni cosa e riportare la piazza all'"ordine".

Cittadini di diversi gruppi politici, indifferenza totale nei confronti dell'opposizione parlamentare, volontà di costruire un'alternativa solida, queste le intenzioni che hanno portato in piazza anche i portoghesi poche settimane prima delle elezioni, così come in Belgio, dove tende e materassi si sono presi piazza Moscou di Bruxelles.

Inutile ricordare i tumulti di Londra, iniziati per cause di varia natura ma divenuti espressione di un popolo dilaniato dalle politiche di austerity; e ancora Israele, che ha visto le cariche della polizia a cavallo contro gli accampamenti a Tel Aviv, in Grecia dove impiegati pubblici hanno occupato le sedi ministeriali. Anche al di fuori dell'Europa la voce si fa sentire: dal Cile con le rivendicazioni degli studenti in a New-York, con il risonante presidio davanti a Wall-Street e i cortei sfociati nell'arresto di massa sul Ponte di Brooklyn.

Da tutto ciò pare evidente che starsene con le mani in mano non è certo la risposta alla domanda iniziale di questo pezzo. La risposta invece possiamo iniziarla a dare tutti, insieme, a partire da sabato 15 Ottobre, data di mobilitazione internazionale lanciata dagli Indignados spagnoli di "Democracia Real Ya!". In questa giornata saranno 15 (o forse più) le capitali che si mobiliteranno rivendicando una reale democrazia.

Ogni cittadino che si senta stanco e irritato da questo stato delle cose è tenuto ad unirsi a questa risposta collettiva nelle strade della capitale, alla quale sarà possibile partecipare grazie l'organizzazione di pulmann e mezzi messi a dispozione di gruppi in tutte le città italiane.

"Cosa possiamo fare noi?" Certamente non è solo con una manifestazione che si cambiano le cose, ma come l' anno scorso possiamo iniziare fin da quest' autunno a creare un movimento solido e autonomo capace di rispondere ai continui attacchi ai nostri diritti.

E ora mi rivolgo a tutti i giovani, lavoratori o studenti come me. Noi detentori di un futuro in vendita, siamo coloro che devono sentirsi in dovere di prendersi cura di quel Mondo in cui vivremo per anni.

Ognuno di noi oggi è chiamato a fare una scelta imprescindibile: oggi possiamo infatti pensare al nostro futuro, restando chiusi nelle nostre facoltà o nelle nostre case, perchè dobbiamo laurearci, perchè ciò è necessario a trovare un lavoro, per poter mettere su famiglia, e poterci assicurarci una pensione.

Una laurea che forse non avrà valore, un lavoro che potrebbe non esserci, una famiglia che forse non riusciremo a sostenere e una pensione che non ci sarà. E così saremo relegati ad uno stato di indifferenza, perchè troppo abituati a pensare che la Storia sia questo flusso immutabile di eventi al quale dobbiamo solo sottostare, e altro non ci rimarrà che lamentarci della pioggia incessante.

Oppure, oggi possiamo pensare al nostro futuro, quello sì di studenti e lavoratori, ma anche quello di cittadini e di uomini, guardando alla cosa pubblica come qualcosa di davvero nostro, da voler difendere collettivamente e con forza, credendo che questo possa servire affinché un giorno ci sia meno da lamentarsi.

Io la mia scelta l'ho fatta. Ora tocca a voi.

15 ottobre 2011, Global Revolution Day: "Per avere cose mai avute dobbiamo fare cose mai fatte"

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