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10 luglio 1943: lo sbarco degli Alleati in Sicilia, settant’anni dopo

Il 10 luglio 1943, preceduti dal cannoneggiamento di centinai di navi e dagli attacchi aerei che interessò le principali aree dell’isola, un’immensa armata delle forze Alleate - 160.000 militari - sbarcò in Sicilia. Erano forti di 2775 navi da guerra e da trasporto, 1124 mezzi da sbarco, 4000 aerei, 14.000 veicoli, 600 carri armati e 1.800 cannoni. I punti di approdo furono le aree costiere di fronte a Gela, Licata, Scoglitti, Pachino e Siracusa.

Gli impeti guerreschi del fascismo erano ormai “sazi”. Gli appetiti “imperiali” avevano già provocato la morte di alcune centinaia di migliaia di italiani, giovani vestiti con la divisa, inviati in vari fronti europei e africani, civili, uomini, donne, bambini. Un paese distrutto, portando morte e distruzione in tanti altri stati aggrediti e invasi. Tutto per “la gloria del duce e del re imperatore”.

La resa dei conti era vicinissima. Dopo la sbornia di potenza dei primi giorni, spietatamente tutto era venuto alla luce, tutto era stato tragicamente perduto. Le truppe italiane inviate a destra e manca per rinfrescare la gloria di Roma erano state comandate per essere “burattini di latta” spediti all’avventura per procacciare morte propria ed altrui. Restava il suol patrio vilmente infangato nei vent’anni del regime fascista e ampiamente scarnificato dalle bombe, e alcune “sacche” di presenza in Grecia, Albania, Iugoslavia e Francia. 

Mancavano solo quindici giorni al 25 luglio, dalla caduta, per autodissoluzione, rovinosa della dittatura.

Gela, 11 luglio 1943

Il 10 luglio 1943, preceduti dal cannoneggiamento di centinai di navi e dagli attacchi aerei che interessò le principali aree dell’ isola, un’immensa armata delle forze Alleate – 160.000 militari – sbarcò in Sicilia. Erano forti di 2775 navi da guerra e da trasporto, 1124 mezzi da sbarco, 4000 aerei, 14.000 veicoli, 600 carri armati e 1.800 cannoni. I punti di approdo furono le aree costiere di fronte a Gela, Licata, Scoglitti, Pachino e Siracusa.

Fu il primo attacco diretto alla “fortezza” nazista europea. Le truppe sovietiche si trovavano ancora in uno stato difensivo dentro il proprio territorio invaso.

In Sicilia erano stanziati consistenti forze dell’esercito italiano, ormai fortemente demotivate – la sesta armata con circa 220.000 uomini molto carente sul piano delle attrezzature militari – affiancate da numerosi e agguerriti reparti tedeschi che contavano circa 40/60.000 unità e ben dotato di mezzi e armamenti. La flotta militare italiana rimase complessivamente ferma. La copertura aerea era ormai quasi inesistente.

Mussolini, appreso dello sbarcò, proclamo: "fate il possibile per ributtarli a mare, o quanto meno, inchiodarli sul litorale”. Un altro grido di battaglia, come il fatidico “spezzeremo le reni alla Grecia”, del 1941.

Pur con alcune situazioni di contrasto e di cruente battaglie (Gela , Simeto-Catania, Troina, in particolare) che costarono la vita a molti militari di ambedue le parti, l’avanzata anglo-americana fu molto veloce. Le truppe alleate conquistarono rapidamente le principali città: Siracusa (11 luglio), Agrigento (16 luglio), Caltanissetta (17 luglio), Palermo (22 luglio), Catania (5 agosto) e Messina (17 agosto).

In soli 38 giorni tutta l’isola fu sotto il controllo degli Alleati. L’abbandono della Sicilia – iniziato l’11 agosto – da parte dell’esercito italiano fu rovinoso. Fu lasciata gran parte del materiale bellico. La parte più consistente degli effettivi militari restò nell’isola. Solo in 60.000 approdarono in Calabria. I tedeschi si riportarono sull’altra sponda complessivamente in “buon ordine”.

Le truppe anglo-americane trovarono un’isola distrutta, lacerata ed affamata. Erano stati cancellati tutti gli elementari requisiti della vita quotidiana e distrutte abitazioni e infrastrutture. I siciliani, dopo gli orrori patiti, accolsero i liberatori con grandi espressioni di gioia. Per loro il fascismo finalmente era finito.

Durante questi 38 giorni era di fatto iniziata la Resistenza ai nazisti. Notevoli gruppi di civili, stanchi delle soverchierie e della brutalità dei tedeschi, si opposero anche con le armi ai rastrellamenti e alle ruberie. Ci furono veri e propri combattimenti, molti civili furono ammazzati da tedeschi in ritirata a Castiglione di Sicilia, Mascalucia, Pedara, Valverde e Catania (come raccontato dal giornalista Igor Mann).

Un ulteriore tributo di sangue fu lasciato sull’ “altare dell’impero”. Dal 10 luglio al 17 agosto 1943 complessivamente l’esercito italiano subì in Sicilia, tra morti, feriti e prigionieri, 130.000 perdite. I tedeschi subirono molte vittime. Gli alleati contarono circa 8000 vittime, tra morti e dispersi.

Poi, a soli 15 giorni dallo sbarco, venne il “25 luglio”. Il capo supremo, Mussolini, perse il posto, di dittatore. Il Gran Consiglio del fascismo constatato lo stato disastroso dell’Italia a seguito della bravura del “conduttore”, lo dimise pregando “ La Maestà del Re” di assumere “l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno... stante… il retaggio glorioso della nostra augusta dinastia di Savoia". Già, proprio un “nobile” messaggio, dato il consenziente gioioso “servaggio” della monarchia alle azioni del fascismo, dall’ottobre del 1922 allo scatenamento della guerra. …si godevano l’Impero.

La dittatura fascista era autoimplosa, finita, dopo 21 anni di assoluto e violento predominio.

La guerra continuò. Venne l’armistizio con le forze Alleate, l’8 settembre. Il nazifascismo non era ancora sazio di apportare morte e distruzione in Italia e in Europa. L’orrenda tragedia finì il 25 aprile del 1945, con la definitiva Liberazione.

Durante le fasi della guerra Catania e la sua provincia furono considerate bersaglio di primo piano da parte degli Alleati. Nell’ambito territoriale, oltre al porto, in un raggio di circa 20 Km in linea d’aria, erano ubicati diversi aeroporti militari, ben sei: una concentrazione aeroportuale molto più alta rispetto altre aree siciliane. 

Catania fu la città più bombardata tra tutti i capoluoghi siciliani, 67 volte: ai primissimi posti a livello nazionale nella nefasta graduatoria.

Via, via che la guerra “evolveva”, si incrementarono i bombardamenti. Il 1943, fino alla fine di luglio, fu il periodo più funesto.

Nel 1940, i sei mesi dalla dichiarazione di guerra furono complessivamente “tranquilli”: solo 17 morti. L’anno orribile fu il 1943, fino alla fine di luglio. Complessivamente, dal giugno 1940 al dicembre 1943 i morti in tutte le aree urbane provinciali furono quasi 5000, i feriti oltre 4000. Grandissimi i danni materiali alle abitazioni civili e agli edifici pubblici della provincia.

I vani, complessivamente distrutti e/o gravamenti danneggiati ammontarono, per quasi 28.000 unità.

In questo contesto, particolarmente devastante, fu il bombardamento subito da Paternò (a circa 20 Km da Catania) il 14 luglio 1943 dai bombardieri anglo-americani, con 4000 morti e circa 2300 feriti, di questi 1000 rimasero mutilati. Il paese, pieno tra l’altro di molte migliaia di sfollati provenienti specialmente da Catania – oltre 6000 – si trovava lungo un’asse viaria considerata strategica sul piano militare. L’azione alcuni giorni prima era stata preceduta dal lancio di volantini che avvisavano la popolazione di abbandonare le aree abitate dislocate nel contesto degli assi viari. Le conseguenze furono tremende. Rimase distrutto o danneggiato oltre l’80% del paese; il quartiere di Monteceneri rimase totalmente sventrato. Altre incursioni si verificarono nei giorni successivi. Il 22 settembre 1972 dalla Presidenza della Repubblica fu conferita a Paternò la medaglia d’oro al valore civile. 

A Catania le incursioni aeree che provocarono più vittime furono effettuate l’11 maggio e l’8 luglio del 1943, con, rispettivamente, 216 morti e 313 feriti158 morti e 318 feriti. E’ bene evidenziare che già da tempo una parte rilevante della popolazione – un terzo e più – aveva abbandonato al città; sfollati, il termine in uso.

L'11 maggio in due ondate successive, alle ore 12.07 e alle 12.40, furono sganciate 113 tonnellate di esplosivi. In particolare furono colpite le zone del centro e dell’area sud: via Manzoni e la Prefettura, l’area del teatro Massimo, la Civita e alcune zone del quartiere di S. Cristoforo. L'8 luglio, a partire dal pomeriggio, dodici incursioni furono effettuate sulla città e sui centri della provincia dove erano dislocati raggruppamenti dell’esercito italo-tedesco. Centinaia di bombardieri cosparsero il proprio carico di morte sulle aree centrali e in molte zone della periferia. Restarono distrutte molte abitazioni, siti pubblici, compresa la stazione ferroviaria, e chiese.

Poi, il 5 agosto 1943 le truppe alleate della V Armata entrarono a Catania. I soldati italiani e tedeschi avevano lasciato la città. Una Catania martoriata e distrutta, nelle carni e nelle strutture civiche, affamata, priva di qualsiasi elementare bene di sussistenza e assistenza. La città pagò un altissimo tributo alle follie della guerra catastrofica ed assassina scatenata dal fascismo.

Il professore Carmelo Salanitro, nativo di Adrano e insegnante al Liceo Classico Mario Cutelli di Catania, fu facile profeta. Da anima ribelle alle sopraffazioni del regime dopo l’inizio della guerra aveva scritto nei suoi bigliettini di denunzia: "Il Fascismo sta ricoprendo la nazione di sangue e di rovine”, “il Fascismo ha scatenato senza motivo una guerra criminosa, ove i nostri figli e fratelli trovano la morte. Siciliani, non combattiamo. Il vero nemico dell’Italia è il Fascismo. Viva la Pace. Viva la Libertà”. Scoperto, denunziato dal preside, per avere detto la verità contro Mussolini e i gerarchi votati alla distruzione dell’Italia, fu condannato a 18 anni di carcere. Quindi la morte, per mano dei suoi aguzzini nazisti, nel Lager di Mauthausen il 24 aprile 1945.

 

Foto: Wikimedia

 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.180) 10 luglio 2013 13:49

    Almeno una buona parte dei siciliani quando sbarcò il nemico anglo-americano, sebbene prostrati dalle privazioni e pur sapendo del divario incolmabile esistente tra le forze in campo, ebbe il coraggio di lottare e morire per contrastare l’invasore! ...viene da ridere nel leggere che la motivazione dell’ingresso in guerra dell’ "Italia proletaria e fascista" sarebbe dovuta solo alla vanagloria del "Duce e del re imperatore". L’Italia di Mussolini volle combattere contro le demo-plutocrazie sfruttatrici, le stesse che oggi a mezzo del Fondo Monetario Internazionale con sede a Washington strozzano la vita dell’intero globo. Il Fascismo voleva creare una Nuova Italia portatrice di Civiltà nel mondo, anche a mezzo della guerra, senza ipocrisie...oggi invece le guerre continuano a farle i buoni stati democratici, ma le chiamano "missioni di pace", salvo che nei paesi occupati...pardon pacificati, non si lascia alcun retaggio civile ma tutto si deruba trasformando la terra in un deserto ed i suoi abitanti in merce pronta ad emigrare... ma la chiamano... democrazia! Allora Viva il Fascismo, Viva Benito Mussolini! 

  • Di Kocis (---.---.---.155) 10 luglio 2013 20:44

    Oggi, 10 luglio, bella giornata di sole in gran parte dell’Italia e dell’Europa.

    Non si segnalano fumi e odori di carne umana bruciata ( ....già dall’inizio del maggio 1945), provenienti dai camini dei tanti campi di sterminio allocati in tanti luoghi della nostra cara Europa, giusto per onorare la "razza eletta".

    Godiamoci questa bella libertà, di pensiero, di parola e di dissenso ( per cercare di rimuovere le contraddizioni in essere), regalataci dai tanti che si sacrificarono, per riconquistarla.
    Onoriamo e difendiamo la nostra Costituzione, i suoi valori e i suoi principi ( per allargare gli aspetti operativi), nata dalle macerie del nostro Paese e dall’orrido massacro scatenato che provocò la morte di oltre 50 milioni di persone, per riscattare gli orrori liberticidi consumati.

    Difendiamo sempre la Pace e la Vita, di tutte le forme, della nostra Gaia Terra.
    La guerra e la voracità dei pochi sono sempre in concreto "agguato".

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