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Uccisi i presunti responsabili dell’assassinio dei tre ragazzi israeliani

E’ finita come ci si poteva immaginare.

I militanti palestinesi sospettati di essere gli assassini dei tre ragazzi israeliani - assassinio che ha causato l’ultima guerra di Gaza - sono stati uccisi dalle forze di sicurezza andate ad arrestarli.

Dire che ha “causato” il conflitto non è del tutto esatto, naturalmente: il rapimento e l’uccisione sono stati il casus belli, ma è chiaro a tutti che le ragioni vere dell’ultimo sanguinoso scontro stanno altrove: stanno nell’asfissia in cui è costretta la Striscia di Gaza e, prima ancora, nel fatto che a Gaza governa Hamas con la sua suicidale strategia politica (qui un ottimo articolo sul gruppo islamista).

E, in particolare, nella decisione egiziana di far saltare oltre duemila tunnel tra Gaza e il Sinai su cui si reggeva l'economia della Striscia.

I fatti sono ormai evidenti: gli autori presunti dell’assassinio dei ragazzi (che molti si ostinano a definire “coloni”, ma che coloni non erano perché risiedevano al di là della Linea Verde, quindi in territorio israeliano internazionalmente riconosciuto) erano già stati individuati da tempo e ricercati dalle forze di polizia nella West Bank. Con la consueta rudezza, che aveva provocato sommosse e, a sua volta, numerose vittime durante gli scontri.

Non si può certo dire che la polizia sia stata aiutata a trovare gli assassini, tutt’altro, anche se furono proprio forze dell’ANP a individuare i corpi semisepolti dei giovani ebrei.

Ma degli assassini nessuna traccia fino a ieri, quando sono stati finalmente individuati e circondati. Poi conosciamo solo la campana dell’esercito: hanno aperto il fuoco e "noi abbiamo risposto" uccidendoli. Non si sa quanta verità ci sia in questa versione: forse è davvero andata così o forse qualcuno in alto ha deciso che la cosa andava chiusa subito e senza tanti strascichi capaci di alimentare ulteriori tensioni.

Così è finita la storia, potremmo dire in perfetto stile Mossad, proprio nei giorni della morte del suo più conosciuto agente diventato famoso per la caccia (ed eliminazione) agli autori della strage di Monaco; ma in realtà dovremmo parlare dello Shin Bet, il sistema di spionaggio interno, o, meglio ancora, della nota Unità 8200, di cui si è recentemente parlato per il caso dei 43 “refusenik”.

Ma c’è un ultimo appunto da fare e riguarda di nuovo Hamas perché “Citando fonti arabe, il sito web Ynet scrive intanto che Hamas ammette adesso che Qawasmeh e Abu Aysha militavano nel suo braccio armato, le Brigate Ezzedin al-Qassam”. Cosa confermata anche dall’agenzia di stampa libanese al Manar

Il che sarebbe la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto già si sapeva: “La responsabilità di Hamas nel loro rapimento era stata già rivelata settimane fa dal rappresentante di Hamas in Turchia, Saleh al-Aruri”.

Non un assassinio maturato nelle menti confuse di qualche giovane palestinese arrabbiato, dunque, ma una strategia di provocazione "alta" pianificata a tavolino dal gruppo islamista.

Una strategia che pochi giorni fa perfino la giornalista israeliana filopalestinese e pacifista Amira Hass ha severamente censurato.

 

 

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.210) 23 settembre 2014 18:04

    Il 3 giugno si insedia il nuovo governo di unità nazionale palestinese, frutto dello storico accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas.
    Un accordo che oggettivamente migliora le prospettive di pace assicurando ad Israele un interlocutore palestinese unico e dunque degli impegni unitari. Ma non solo: accettando la riconciliazione con l’affidabile Abu Mazen, Hamas mostra segni di ragionevolezza che fanno sperare in posizioni meno oltranziste da parte sua e indica in modo chiaro che intende abbandonare la linea dura e intransigente verso Israele.

    Ottimo, no? Non per il governo israeliano, che entra in fibrillazione e si produce in minacce e azioni ostili, lanciando una vivace azione diplomatica tesa ad affermare un semplice concetto: "Chi vuole la pace con Hamas non è interessato alla pace con Israele. [Netanyahu]".

    Il 12 giugno tre ragazzi israeliani vengono rapiti. Netanyahu punta immediatamente il dito contro Hamas e scatena una brutale caccia all’uomo nella West Bank, con specifico "riguardo" per gli aderenti ad Hamas. Tanto brutale che, infine, qualcuno da Gaza lancia qualche razzo. E questo scatena l’ennesimo massacro.

    La stranezza del comportamento di Hamas balza agli occhi (non a tutti gli occhi: chi ne tiene uno aperto e l’altro chiuso non la rileva): prima affronta un difficile percorso di riconciliazione con Fatah e poi offre a Netanyahu l’occasione che cercava per "dimostrare" che con Fatah e Hamas insieme non si può trattare, che la riconciliazione è inaccettabile.

    Per fissare bene questo risultato Netanyahu ordina la consueta mattanza di gazani, interrotta solo dopo il "ritardo" nella consegna di munizioni per iron dome da parte degli americani. Dopo la strage gli avversari interni verso la riconciliazione sono forniti di argomenti più convincenti.

    La stranezza è probabilmente dovuta all’esistenza di una componente oltranzista minoritaria dentro Hamas che si oppone a qualsiasi soluzione negoziata del conflitto. In questo caso tale componente ha dimostrato di essere di fatto alleata di Netanyahu e dell’ultradestra che governa Israele.
    Oppure è dovuta all’azione di militanti di Hamas a libro paga degli israeliani. Chissà.

    In ogni caso è confermato ciò che da tempo è evidente a chiunque abbia entrambi gli occhi aperti: questa dirigenza israeliana non intende affrontare una trattativa seria per risolvere il conflitto.
    Ha il potere per imporre questa scelta sul campo; ha avuto il potere di opporsi alla forte pressione esercitata dalla presidenza Obama: grazie alla lobby sionista di Washington, pur conservando il cospicuo supporto finanziario, militare, economico in generale, che riceve dagli USA: grazie all’ascendente che la stessa lobby esercita sul Congresso. 

    Sotto il gran polverone di chiacchiere la realtà è questa. Ma di questa realtà nel suo articolo non c’è traccia apprezzabile.

  • Di (---.---.---.124) 26 settembre 2014 11:22

    Commento al commento di Di Persio.

    Che dire di questo commento, pieno di valutazioni strettamente personali, contrabbandate per "oggettività"?
    Alla fine proclama:"la realtà é questa".
    Che si tratti di una "oggettività" teleologica?
    Oppure più semplicemente Di Persio si é ispirato nella sua narrazione alla favola di cappuccetto rosso (ravvisato nel "vero" Hamas), scegliendo per la parte del lupo il perfido Netanyahu?
    Andrea Cafarelli

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