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Tutte le domande (e le risposte) sul default greco ed il PSI

Succede spesso di attribuire l’aggettivo di “giusto” (concetto assoluto) a qualcosa che percepiamo soggettivamente come tale (dunque relativo al nostro personale punto di vista). Il “pubblico” deve partecipare alla riduzione di valore del debito greco? Ed il “privato” è giusto che venga coinvolto? E’ giusto che debba farsi carico per intero il settore privato dell’haircut che si sta cercando di concordare?

La risposta a questa domanda, come immaginerete, cambia a seconda di chi la deve dare; ciascuno cerca di puntellare la propria posizione indicando negli altri il giusto soggetto cui addebitare il conto.

Per chi si fosse perso, cerco di tirare le fila di quanto sta accadendo in questi giorni di intenso dibattere sul PSI, ovvero sul Private Sector Involvement, relativamente al debito greco e sul perché la palude continua ad essere difficilmente navigabile.

La Borsa di Atene ha chiuso ieri le contrattazioni in rialzo del 4,81%, scommettendo sul buon esito delle trattative tra le banche creditrici, rappresentate dall’Istituto della Finanza Internazionale (IIF), e il governo di Atene.

Christine Lagarde ieri è stata chiara (in realtà molto banale come vedremo dopo): “se la partecipazione del settore privato al riscadenziamento del debito greco non dovesse essere sufficientemente ampia, i creditori pubblici dovranno partecipare allo sforzo finanziario”. Naturalmente quando dice “i creditori pubblici” intende “gli altri creditori pubblici” ovvero la BCE, che non è pubblica, tecnicamente parlando.

Cerchiamo di fare ordine, innanzitutto, partendo dallo status quo.

La Grecia è di fatto insolvente da oltre un anno, i tassi che il mercato chiedeva alla Grecia - una volta capita l’antifona - erano tali che lo Stato ellenico dovette richiedere agli organismi sovranazionali di sostenere le sue necessità di rifinanziamento. Tali organismi sovranazionali (il FMI nel caso specifico), utilizzando denaro pubblico raccolto dai cittadini di tutto il mondo, sono concepiti in maniera fortemente cautelativa: il denaro che prestano pro tempore ad un soggetto gode di uno stato di maggiore seniority rispetto a qualunque altra forma di debito di quel soggetto. (ne abbiamo parlato diffusamente qui).

Che cos’è dunque il PSI?

Il denaro pubblico concesso alla Grecia non è servito a salvarla. Il debito greco necessita di essere ristrutturato, ovvero “tagliato”. Il riaggiustamento di bilancio pubblico in Grecia non è arrivato e non esistono reali prospettive di vedere la restituzione del denaro prestato allo Stato greco. Come abbiamo detto prima i soldi prestati dal FMI sono più “protetti” tocca dunque agli altri, i privati, farsi carico del taglio. Ecco il Private Sector Involvement: non è più tempo di sostegno con soldi pubblici, è il momento che anche i privati si confrontino con la triste realtà: la Grecia non ce la fa.

Ma chi sono questi investitori “privati”?

Si tratta - oltre che dei risparmiatori greci - prevalentemente di banche, fondi d’investimento e Hedge Funds. Alcuni di loro hanno comprato i titoli greci quando erano normali emissioni governative dell’area euro ed oggi, se il debito greco venisse tagliato, subirebbero forti perdite. Altri tra loro hanno comprato i titoli greci quando erano a prezzi stracciati, confidando che il “salvataggio pubblico” avrebbe riportato in alto le quotazioni, altri ancora hanno comprato i titoli greci a prezzi bassi o bassissimi coprendo il rischio di insolvenza con dei CDS: è una scelta poco remunerativa in caso di salvataggio della Grecia (il CDS azzera il suo valore ed essendo stato comprato quando i titoli greci erano già stressati è stato pagato caro). Infine alcuni hanno comprato solo il CDS, scommettendo tout court che la Grecia non ce l’avrebbe fatta.

In sintesi alcuni si sono ritrovati invischiati nei guai che non hanno cercato, altri hanno scommesso sul lieto fine, altri ancora hanno scommesso “sia sul rosso che sul nero” (passatemi la semplificazione) e alcuni altri hanno scommesso sul default. Molti di voi,scommetto io, riterrebbero che alcuni di questi soggetti sarebbero più meritevoli di altri di essere colpiti da una minusvalenza.

Come funzionerebbe il PSI, nel caso si arrivasse ad un accordo?

Normalmente un debito subisce la ristrutturazione quando il debitore si è dichiarato insolvente, andando in default. Per molte ragioni, tra le quali soprattutto quella di evitare che scattino i CDS, si cerca di giungere ad un “accordo volontario”: quei soggetti privati di cui sopra accettano volontariamente di scambiare i loro titoli greci con titoli a più lunga scadenza e di minor valore di rimborso.

Perché un “sì” al PSI?

In caso di PSI, i privati accetterebbero lo scambio di titoli per consapevolezza dello stato di insolvenza del loro debitore; ma siccome lo anticipano “volontariamente” non si certifica da nessuna parte che la Grecia sia insolvente e quindi ufficialmente non ci sarebbe alcun default. Dunque i CDS non scattano e la Grecia può ripensare se stessa su nuove basi, parzialmente sgravata dall’immane carico di debito che oggi la schiaccia. La BCE grazie al “sacrificio volontario” dei privati incasserebbe il valore pieno dei vecchi titoli greci da lei comprati a scopo di sostegno, senza dover chiedere ai propri azionisti - di nuovo le banche - il denaro per una ricapitalizzazione necessaria a coprire il buco che un default greco lascerebbe nel suo bilancio.

Perché un “no” al PSI?

Qualcuno dei privati si chiede: “Ma perché mai dovrei accettare di farmi ridurre il valore del mio credito, solo per conservare intatto il valore del credito di altri?“.Qualcun altro invece: “e perché mai i miei CDS che ho pagato sonoramente sul mercato dovrebbero vaporizzarsi per un artificio para-contabile?” altri ancora: “se rifiutiamo, l Grecia dovrà conclamare la propria insolvenza - fare default - e ristrutturare il debito. Questo coinvolgerà anche la BCE e quindi, spalmandosi su un volume maggiore di titoli, subirò una riduzione meno ampia”.

E poi c’è la possibile sindrome del fuggitivo: tutti accettano il piano, ma poi al momento dello swap qualcuno si defila dal gruppo e si tiene i vecchi titoli, tanto la Grecia grazie all’accordo non dichiarerà default e lui si prenderà il rimborso pieno. Una vigliaccata? In fondo è esattamente quello che fa la BCE. Certo - si potrebbe obiettare - ma la BCE non ha comprato per speculare sul valore dei titoli, ma solo allo scopo di provare a “tenere in vita” la Grecia.

Ognuno ha la propria idea di cosa sarebbe giusto fare, incluso tu, caro lettore. Non è forse vero?

Con ogni probabilità qualche banca sta calcolando se dovrà assorbire maggiori perdite aderendo al piano di PSI oppure sommando il denaro da iniettare in BCE per la sua ricapitalizzazione con il danno di un haircut derivante dal default greco…

Una matassa molto intricata da sbrogliare. I negoziati tra il Governo greco e i creditori privati riprenderanno domani, il primo ministro Lucas Papademos é stato molto chiaro: “occorre concludere un accordo ed elaborare un piano sui nuovi aiuti alla Grecia. Il futuro dell’economia del Paese dipende da questo piano per evitare il fallimento".

La situazione è avviluppata nella massima incertezza, c’é da aspettarsi un crescendo di segnali e pressioni verso il “sì” o verso il “no”, pressioni che toccano anche il ruolo della BCE. La Commissione europea si é rifiutata di partecipare a quella che chiama “speculazione su ipotesi”, ma ha significativamente ricordato che gli stati dell’area euro stanno già facendo parecchio per salvare la Grecia. Oltretutto ci si appresta a negoziare un secondo prestito internazionale (Eurozona+Fmi) da 130 miliardi di euro (il primo e’ stato di 110 miliardi e sono ancora in corso gli esborsi. “L’assunzione da parte dei detentori privati di una parte del costo del salvataggio della Grecia riequilibra soltanto la partita che finora é stata sulle spalle delle autorità pubbliche”.

Ma quanti titoli greci ha la BCE? La Bce detiene circa 40 mld€ in titoli di Stato ellenici: se dovessero rientrare nel calderone dell’haircut, dice qualcuno, non sarebbe poi un vero disastro finanziario per la banca centrale. Inizialmente la BCE si era opposta in toto a un intervento sul debito ellenico, poi ha dovuto far buon viso a cattivo gioco, maa patto di non esserne coinvolta in quanto creditore. Un’operazione del genere equivarrebbe al finanziamento diretto di uno stato, cosa che é impedita dal Trattato Ue, si sottolinea. Insomma a Francoforte si stanno trincerando dietro questioni di burocrazia, come se dicessero: “non è questione di soldi, è che non si fa, non è permesso”

Ormai è evidente che nell’Eurozona si scontrano due impostazioni radicalmente diverse. Un chiaro esempio è la discussione sul rafforzamento delle munizioni del Fondo salva-stati permanente. Da una parte la Germania: ritiene che possa essere discussa la taglia dell’Esm solo quando si verificherà che é davvero necessario aumentarla. Oggi come oggi questo bisogno non c’è: il fatto che paesi come Italia e Spagna abbiano rifiutato un aiuto finanziario, indicano fonti europee, viene considerata dalla Germania la dimostrazione che questa necessità non c’è. Opposta l’impostazione franco-italiana, e pienamente condivisa dal Fmi: il rafforzamento del Fondo salva-stati va fatto rapidamente per dare il segnale ai mercati che gli strumenti per agire esistono. Mario Monti sta ribadendo a più riprese che una dotazione maggiore di capitali per il fondo salva-stati scoraggerebbe a tal punto gli attacchi speculativi da non rendere mai effettivi gli esborsi.

Stati Uniti d'Europa

Insomma, ci si allinea tutti e poi, una volta simili, ci si unisce politicamente, oppure ci si lega con piani di salvataggio reciproci e poi ci si fa forza del legame per raggiungere un allineamento comune in una seconda fase? Nasce prima l’uovo o la gallina? Perché è evidente che ormai si va tutti verso lo stesso progetto, o potremmo dire verso il medesimo approdo

“La mia visione è l’unione politica. Passo dopo passo, dobbiamo avvicinarci in ogni settore politico. Ci accorgiamo infatti sempre più che ogni tema affrontato ai nostri confini interessa anche noi e viceversa. L’Europa è per noi politica interna. Nel corso di un lungo processo trasferiremo sempre più competenze alla Commissione, che poi per le competenze europee funzionerà come un governo europeo. La seconda camera è costituita praticamente dal Consiglio con i capi di governo. Ed infine abbiamo la Corte di giustizia europea quale corte suprema. Questo potrebbe essere l’assetto futuro dell’Unione. Un prossimo futuro, come ho già detto, e dopo molto passi intermedi”.

Parole e musica di Angela Merkel. Riguardo al tema degli aiuti ai paesi in difficoltà, la cancelliera spiega che la solidarietà deve avere dei limiti ben precisi:

Noi aiutiamo i nostri partner con l’aspettativa che loro stessi compiano tutti gli sforzi possibili per migliorare la loro situazione. La creazione dei fondi salva-Stati, prima L’Efsf poi l’Esm, é un’idea tedesca, ma nessun paese può farsi carico dei debiti dell’altro. Gli stessi Eurobond non possono essere uno strumento per superare la crisi ma solo il punto d’arrivo di una integrazione più profonda, che preveda fra le altre cose anche il controllo dei bilanci nazionali da parte della corte di giustizia europea.

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