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Risanamento economico: fatti i compiti, finita la scuola?

Grazie ai compiti già fatti (quel pareggio di bilancio che gli altri Paesi chiedono più tempo per raggiungere) l’Outlook semestrale pubblicato dall’OCSE assegna all’Italia l’etichetta di “Paese tra i più virtuosi dell’area Ocse in termini di consolidamento dei conti pubblici. Soprattutto sul lungo termine”.

Gli analisti OCSE hanno elaborato una doppia proiezione al 2030 e al 2060, in base alla quale l’Italia per raggiungere l’obiettivo di un debito/PIL al 60% per il 2030 dovrebbe fare uno sforzo ormai solo dello 0,4% del PIL medio annuo rispetto al surplus primario segnato nel 2014. La Spagna, tanto per fare un esempio, dovrebbe fare uno sforzo del 2,5%, la Francia del 2,4%, l’area euro in media dell’1,1% e gli USA del 4%.

L’Italia ha fatto cose che permettono di raggiungere la stabilizzazione del debito molto presto e poi di iniziare a ridurlo

Inoltre l’Italia si mette in evidenza per il basso livello di debito privato: il 75% del reddito disponibile lordo contro il 121,3% della media Ocse. Tuttavia questo dato, più ancora di quello del gigantesco debito pubblico evidenzia la dimensione della Crisi: nel 2000 il debito privato sul reddito disponibile lordo era al 41,7%.

Pertanto il problema del Paese continua ad essere il sovraindebitamento, ed il relativo costo che va a freno della crescita: secondo l’outlook dell’OCSE, dopo tutte queste belle parole sulle virtù dell’Italia, le prospettive di crescita del nostro PIL sono, per il periodo 2012-2017, pari ad un miserrimo 0,3% annuo. La cancellazione della procedura di infrazione, meritata dopo “aver fatto i compiti”, viene interpretata da molti come la campanella che segna la fine dell’anno scolastico e l’inizio delle vacanze, quelle vere, senza esami a settembre. Sarà meglio “venir giù dalla pianta”… e fare un bagno di umiltà, guardando all’analisi OCSE estesa al 2060, quando il peso nel PIL mondiale dei Paesi ”emergenti” varrà 1,3 volte il peso dei 34 Paesi OCSE: la Cina sarà al primo posto, l’India al secondo, un angolino del podio per gli USA al terzo e l’Indonesia al quarto.

La sola cosa capace di ridurre il gap di crescita è introdurre laddove c’è spazio riforme sul lavoro, sul welfare, sul sistema pensionistico, sulla concorrenza e sui prodotti. La questione però è sempre quella dell’impatto sociale che queste riforme hanno. L’OCSE studierà nei prossimi due anni un progetto di analisi e ricerca per aiutare i Paesi membri a capire l’impatto delle riforme sulla vita reale dei cittadini per “gestire meglio le sfide della politica economica“.

Riformare il mercato del lavoro, le pensioni o la concorrenza ha delle ricadute sul benessere sociale immediato, sull’ineguaglianza, sul livello generale della qualità della vita. L’impegno dell’OCSE è quindi quello di contribuire a sviluppare misure macroeconomiche con maggiore attenzione agli impatti di tipo microeconomico.

I compiti sono stati fatti, ma la scuola non è finita: gli esami non finiscono mai

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