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Il creativo haircut cipriota

Quello che sta accadendo a Cipro è un evento senza precedenti nella parte di Crisi che riguarda l’eurozona. Anzi no, un precedente ce l’ha (e non parlo del prelievo forzoso del governo Amato, troppo facile), se avrete pazienza ci arriveremo insieme.

Prima i fatti: la piccola isola di Cipro, un milione di abitanti per 20 miliardi € di PIL nazionale, si trova da qualche tempo in difficoltà molto “irlandesi” (o “islandesi“): le sue banche superlevereggiate godono di forti depositi esteri da parte di uomini d’affari russi, visto che Cipro rappresenta una sorta di paradiso monetario. Queste iperlevereggiate banche hanno maturato perdite enormi (pari al 100% del PIL di Cipro) sui titoli greci colpiti da haircut lo scorso anno.

L’Europa ha deciso di concedere aiuti importanti: 10 miliardi di € (il 50% del PIL, come se all’Italia prestassero 750 miliardi di €) chiedendo degli impegni precisi: non un haircut sul debito delle banche locali (peraltro poco influente, visto che vale 1,7 mld€ contro 70 mld€ di depositi), ma l’imposizione di una trattenuta sui conti correnti in una misura che non fatico a definire ingente: dal 6,75% a crescere.

Nella sua paura di perdere lo status di “isola-banca offshore” il Parlamento Cipriota sta pensando oggi di formulare i termini dell’imposta con un tetto: colpirà fino ad un massimo di 500.000€ , di fatto snaturando il provvedimento che aveva l’intento di colpire i grandi depositanti russi, considerando danni collaterali i risparmi privati dei cittadini isolani. Voteranno domani -martedì- alle 17, vedremo quale sarà la versione definitiva del provvedimento.

Appaiono chiare già ora, però, un paio di cose: la prima è che la cultura punitiva dell’erogazione di aiuti è rimasta assolutamente intatta, al punto di non aver paura di infrangere il principio che i primi 100.000 euro depositati in un conto corrente di una banca dell’area € siano tutelati dallo Stato. Un principio ribadito più volte, neanche molti mesi fa, per consolidare la fiducia. La seconda è che il bail-out di un Paese europeo avviene di volta in volta con l’impegno ad interventi specifici indicati dalla UE o dalla Trojka.

Oggi l’ho espresso in una battuta:

Ma, battute a parte, occorre riflettere sul significato di questi eventi. L’intervento di salvataggio non viene accompagnato da indicazioni generiche di impegni di raggiungimento di parametri di bilancio (che so: pareggio di bilancio e rientro del debito/PIL al di sotto del 60% in vent’anni – ricorda qualcosa?), ma da indicazioni specifiche molto dettagliate; ed è qui che risulta evidente il precedente: la Grecia aveva un eccesso di debito pubblico e lo Stato fungeva eccessivamente da “stipendificio” così gli aiuti sono stati erogati a fronte di un haircut dei titoli di Stato e di impegni a licenziare ben determinate quantità di lavoratori del settore pubblico. Su Cipro è arrivata, con la precisione di una accetta più che di un bisturi, una sorta di moratoria sul riciclaggio di capitali “grigi”.

Insomma l’aiuto viene erogato, ma insieme ad un “giudizio morale” su ciò che ha generato il bisogno di aiuto e quindi l’erogazione del supporto economico è accompagnata dall’impegno alla rimozione dello specifico problema: capirete che è ben diverso chiedere ad un Paese di impegnarsi -per avere il supporto- al raggiungimento, scelga lui i modi, di un surplus del X% piuttosto che imporre la decisione di determianti specifici provvedimenti come il prelievo forzoso sui conti correnti o il licenziamento di 15mila persone.

È una cosa che dobbiamo tenere bene a mente quando ci dicono che lo spread “è un’invenzione. Perché l’Italia è solvibile”.

L’Italia è solvibile patrimonialmente, perché il suo patrimonio pubblico, immobiliare e non, e le sue riserve auree “coprono” il suo debito. Ma questa è la solvibilità che ha anche un disoccupato con un mutuo inferiore al valore dell’immobile ipotecato: l’immobile copre il mutuo ma non è che sia un grande affare farselo portar via per morosità…

La solvibilità di liquidità bisogna averla scadenza dopo scadenza (di titoli di Stato o di rate di mutuo): se l’Italia fosse di nuovo bersaglio della sfiducia a causa dell’inazione politica o dell’inettitudine dei suoi amministratori ed i tassi sul debito tornassero su livelli alti, finiremmo per dire “L’Italia è solvibile, purtroppo“. In che senso?

Nel senso che un creditore esterno si cura delle politiche di “crescita” solo se servono a raggiungere lo scopo di recuperare ciò che ha prestato. Se invece il soggetto è già solvibile alle politiche di crescita ci si può anche mettere un chissenefrega davanti e uno dietro: il creditore chiederà di liquidare asset, tagliare le voci di spesa e racimolare quello che sa essere possibile . Se questo fa contrarre il PIL locale… beh… non è un suo problema.

Ecco perché, se vogliamo continuare a litigare su quali siano le giuste poltiiche per la crescita dobbiamo prima garantirci di non dover dipendere da aiuti esterni. Perché l’Italia, con oltre 2000 mld€ di debito, con milioni di pensionati, cassintegrati e dipendenti pubblici, non farebbe un grande affare - dico proprio socialmente - a dichiararsi insolvente e dovrebbe necessariamente chiederli quegli aiuti. Con allegato “giudizio morale”. E siccome l’Italia è solvibile, patrimonialmente, le chiacchiere su quali politiche per la crescita diventerebbero un lusso. Che non potremmo più permetterci.

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