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Report: il marmo di Carrara, i taxi del mare, le università telematiche

Aveva dato molto fastidio l’infelice (per essere buoni) uscita di un imprenditore del marmo a Carrara che aveva definito dei deficienti gli operai che si infortunano sul lavoro: sono imprenditori che fatturano molto, in un settore poco regolamentato dal punto di vista dell’impatto ambientale. E dove gli infortuni capitano ai lavoratori “che lavorano poco e guadagnano molto”.
 

Negli ultimi 26 anni ci sono stati 12mila infortuni nella provincia di Massa Carrara, che è molto sensibile sul tema sicurezza: la CGIL e la provincia sono scese in piazza a protestare contro le parole di questo imprenditore per dire che “non sono tutti deficienti”. Quei deficienti che fanno fare a questo signore profitti da 76 ml di euro (con un patrimonio da 113 ml per il signor Franchi), di fronte ad uno stipendio da 1500 euro, anche dopo anni di lavoro.

“Le persone che hanno perso la vita per portare a casa un pezzo di pane non devono essere dimenticate”: queste le parole di una donna che ha perso un familiare in una cava.

Confindustria dimostra un certo imbarazzo, spiegano oggi che in effetti quello del cavatore è un lavoro difficile: Franchi alla fine ha chiesto scusa delle sue parole. Ora ci aspettiamo un maggiore rispetto per i lavoratori vivi e per l’ambiente.

Il servizio di Report sui centri per migranti in Albania

Il progetto di Meloni di portare in Albania i migranti fermati nei nostri mari sarà costoso, potrebbe essere a rischio se dovesse cambiare governo, non sarà un affare per l’Italia ma solo per l’Albania, a cui pagheremo anche il servizio di polizia.

In 5 anni verseremo circa 100ml di euro solo la sicurezza, in totale si arriverà ad un miliardo di costo per questo hotspot che dovrebbe alleggerire la situazione dei centri di accoglienza in Italia, ma solo sulla carta.

Rama non ha gradito il servizio, Report lo intervisterà per dagli modo di ribattere ai contenuti del servizio che, al momento, non sono stati confutati.

TAXI DEL MALE di Giorgio Mottola

Nel 2023 sono sbarcati in Italia 150 mila migranti, 4mila di loro sono morti nel tentativo di attraversare il mar Mediterraneo, 23 di loro erano i bambini morti sulla spiaggia di Cutro il 26 febbraio 2023. Frontex aveva seguito il viaggio del barcone in diretta, la guardia costiera ha scelto di non intervenire in quanto l’evento non è stato classificato come salvataggio.

Dopo questa tragedia il governo Meloni si è riunito per dare una risposta: dare la caccia agli scafisti, su tutto il globo terracqueo, senza prendersi alcuna responsabilità, il governo e la guardia costiera.

Report è andato ad intervistare uno di questi “pericolosi criminali”, si chiama Salman, arrestato nel 2018 con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
“Per loro sono un criminale italiano” racconta a Giorgio Mottola: non essendo riuscito ad ottenere un visto dal Marocco, nel 2018 decide di affrontare il viaggio verso l’Italia via mare, partendo da una città della Libia, Zuara, dove si imbarca su un gommone fornito da una organizzazione di trafficanti. Non è difficile ottenere un passaggio, non ci vuole niente – racconta a Report oggi – “nella Libia [il traffico di esseri umani] è diventato un business, lo fanno tutti, la cosa più difficile in Libia è trovare quelli che fanno questo lavoro veramente, non quelli che ti fanno morire dentro il mare”. Salman ha pagato 2500 euro per il viaggio, erano 93 persone dentro la barca, alcuni hanno pagato fino a 6000 euro. Salman aveva 21 anni e non era mai stato a bordo di una barca: poco prima di partire un membro dell’organizzazione lo prende da parte e lo porta in una stanza, “mi ha detto prendi questo telefono [satellitare]”, oltre al telefono il trafficante consegna anche un biglietto su cui c’è un numero di telefono da chiamare in caso di emergenza in mezzo al mare. Emergenza che si presenta si dall’inizio del viaggio perché alla guida dell’imbarcazione i trafficanti avevano posto un altro migrante, un ragazzo della Guinea Bissau completamente inesperto.
“Il ragazzo mi ha guardato e mi ha detto io non so più dove devo andare, mi ha detto so guidare ma non so dove sono, aveva una bussola piccolissima che forse non funzionava .. dopo 4 ore ho scelto di chiamare, perché o chiami questo numero o muori dentro il mare”.
Al telefono risponde una nave militare spagnola che dopo qualche ora interviene a soccorrerli: ma quando sbarca in Italia Salman viene arrestato e trascorre oltre un anno in carcere, aver chiamato i soccorsi lo ha reso agli occhi della legge italiana uno scafista. Ora rischia una condanna a 5 anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

“Non è che siccome ho fatto questa chiamata sono uno scafista. Prima non sapevo che dovevo fare un anno di carcere e l’indagine è ancora aperta dopo 5 anni, ora se il tempo torna indietro faccio questa chiamata sempre, anche se faccio il carcere. Sono fiero di fare quello che ho fatto, eravamo tanti, c’erano bambini, mamme”. Senza quella telefonata sarebbero tutti morti.

La storia di Salman è identica a quella di altre centinaia di immigrati in carcere con l’accusa di essere scafisti: Giuseppe Modica è un giudice che si occupa a Palermo di immigrazione, nei processi dove si è occupato lui non ha mai incontrato uno scafista che faceva parte dell’organizzazione. Erano persone costrette dalle organizzazioni, dai trafficanti armati a mettersi alla guida dei barconi: eppure oggi 1100 persone sono in carcere oggi con l’accusa di essere scafisti.

Dopo il decreto Cutro le pene sono pure aumentate: il minimo della pena in caso di naufragio è 20 anni, anche se si tratta di uno scafista costretto a mettersi a guidare una nave.

Gli scafisti sono costretti anche a pagare una multa, Salman dovrà pagare 6 ml di euro, pur essendo nullatenente. Tutto il paradosso della legge italiana sugli immigranti sta qui.

Carceri piene di scafisti senza responsabilità dei migranti, multe milionarie che non pagherà nessuno. E i trafficanti rimarranno in Libia a speculare sulla pelle dei disperati.

Nel 2016 venne arrestato un uomo considerato il maggior trafficante di esseri umani: pochi dubbi da parte della magistratura di Palermo, addirittura si riteneva essere in contatto con la mafia.
Ma il presunto trafficante era vittima di uno scambio di persona, il suo nome era simile a quello di un vero trafficante di origine eritrea.

L’avvocato difensore raccoglie le testimonianze di diversi migranti, contatta la moglie del vero trafficante, ma per anni la procura di Palermo è andata avanti con le accuse.
C’è voluto l’appello del processo per riconoscere l’innocenza dell’uomo arrestato, rimasto in carcere per 3 anni.

Il decreto Cutro rende stringenti le norme per poter rimanere nel nostro paese, rende più snello il processo per le espulsioni, ma questo è solo sulla carta, per una richiesta di asilo si arriva anche a due anni.

Nel frattempo si rendono più difficili le cose per le ONG, devono fare un solo soccorso, devono andare al porto indicato che non è il più vicino, insomma devono stare lontano dal mare.

Questa strategia politica risale al 2017, quando iniziò la teoria della complicità tra ONG e immigrazione clandestina. Nel 2017 parte l’inchiesta di Catania da parte del pm Zuccaro che, in una intervista affermava di avere dati su una complicità tra alcune ONG e le organizzazioni dei trafficanti: da qui parte la teoria dei taxi del mare, portata avanti da partiti di destra, dal M5S.

Partono inchiesta a Trapani, a Siracusa, a Catania e Agrigento sulle navi delle ONG che furono costrette a mettere da parte risorse per difendersi in tribunale. A distanza di 7 anni tutte le inchieste sono state chiuse in un nulla di fatto: ma per il clima politico che si è creato, molte delle ONG hanno abbandonato il Mediterraneo e così lo scorso anno abbiamo avuto un picco dei morti in mare.

Chi ha pagato questa teoria falsa sono stati gli ultimi del mondo, i migranti.

Il pm Zuccaro ha declinato l’intervista con Report, oggi non vuole più parlare delle inchieste sulle ONG, sulle evidenze dei contatti tra ong e trafficanti, di una strategia occulta per destabilizzare l’economia italiana.

Sono state parole che hanno pesato sulla credibilità delle ONG, criminalizzate, costrette a subire inchieste penali e provvedimenti amministrativi.

L’inchiesta sulla Juventa è partita dalle dichiarazioni di agenti di sicurezza privata che erano a bordo della nave: erano ex carabinieri e poliziotti congedati, poi andati a lavorare per una agenzia di sicurezza, mentre assistono ai salvataggi raccolgono il materiale secondo cui si proverebbe una condotta truuffaldina.

Uno di questi, intervistato da Report, racconta di aver contattato i servizi segreti (il numero l’ho trovato su internet) e poi di aver contattato anche dei politici, inizialmente Alessandro Di Battista, allora deputato del M5S, poi la segreteria di Matteo Salvini spiegando cosa stavano facendo. Sono stati ricontattati dopo dieci minuti direttamente dal ministro: al telefono Salvini da a queste persone il numero di telefono di un suo collaboratore, Alessandro Panza, europarlamentare della Lega. Non li invitano a denunciare i fatti all’autorità giudiziaria, Salvini non ha nemmeno presentato lui denuncia, secondo il racconto di questo agente di sicurezza privata.

Per diversi mesi queste persone hanno contattato Panza mandando foto, le mappe delle ONG, registrazioni e le posizioni geografiche delle navi: come mai nessuno ha presentato denuncia? Come mai Salvini non ha mai presentato denuncia in procura?

Panza in uno di questi messaggi chiede agli agenti della sicurezza di ottenere una dichiarazione da parte di qualcuno delle ONG mentre ammetteva di arricchirsi con i migranti..

A tenere i contatti con l’europarlamentare della Lega era una ragazza, anche lei dipendente della IMI: lei manda tutte le notizie sulle attività delle ONG a Salvini, che poi venivano usate nei talk per la sua propaganda “usava le nostre informazioni e noi ci siamo presi un calcio nel sedere”.

Report ha mostrato le immagini di uno dei tanti talk andati in onda nel 2017-2018, dove Salvini ripete le parole che gli agenti della IMI gli hanno mandato via messaggio.

Gli agenti della IMI non hanno riscontrato alcun contatto tra le ONG e i trafficanti: ma nel 2018 presentano una denuncia, poi ritrattata.

In studio Ranucci racconta come le parole di Zuccato si siano basate sulle dichiarazioni dei servizi segreti che a loro volta nascono anche dalle dichiarazioni degli agenti della IMI.
Dopo sette anni si scopre che era tutto falso.

IL PEZZO DI CARTA di Luca Bertazzoni

Dallo scorso settembre ogni giorno e ogni notte, 12 volanti di un servizio di vigilanza privata controllano le strade di Terni. Il loro compito è controllare nei borghi e nelle piazze le proprietà che ha il comune perché, come spiega lo stesso sindaco al giornalista di Report “Terni in termini di criminalità è uno schifo, non siamo riusciti a fermare l’ondata di spaccio di droga, c’è una microcriminalità di stranieri enorme..”.
In realtà nella classifica della criminalità del 2023 Terni è 58 esima su 106 province, ma per garantire la sicurezza nella città che amministra il sindaco Bandecchi ha trovato un alleato in Unicusano, l’universitàà telematica controllata da società dello stesso Bandecchi. L’ateneo paga 1 ml di euro per il servizio di vigilanza privato, per poi svolgere una ricerca sulla sicurezza proprio nel comune di Terni.
Ma l’idea della ricerca è nostra – assicurano dall’ateneo tramite la docente Anna Pirozzoli – “all’interno dell’analisi della percezione della sicurezza in un ambito territoriale ben definito, in questo caso il comune di Terni.”

Perché proprio Terni? “Dal momento che il fondatore dell’ateneo è diventato sindaco del comune abbiamo ritenuto non inopportuno presentare questo progetto che è stato prima approvato dalla governance del nostro ateneo e presentarlo all’amministrazione comunale di Terni.”

A Bandecchi dunque. Siamo maliziosi nel pensare che per il suo peso abbia avuto un ruolo importante nella decisione di approvare la ricerca?

Cosa risponde il sindaco? “Se dovete fare questa ricerca, fatela a Terni”, lo ha detto il Bandecchi di Unicusano al sindaco di Terni, sempre Bandecchi, “se io sono il fondatore di Unicusano, se io sono il sindaco e se io devo far risparmiare Terni, faccio fare una cosa all’università Unicusano che è un ente pubblico non Statale, va bene così, no?”
No, purtroppo le questioni di opportunità e di potenziale conflitto di interesse non entrano nella testa del sindaco di Terni. Ma poi, il comune aveva veramente bisogno di questo sistema di sorveglianza delle strade? Luca Bertazzoni ha seguito il lavoro della pattuglie e non si vede, dall’anteprima del servizio, tutta questa micro crimininalità.

In Italia ci sono 11 università telematiche, un unicum in Europa, sono cresciute del 410% dal 2012: Unicusano è una di queste e rappresenta il cortocircuito tra politica e università private telematiche, Bandecchi ha finanziato quasi tutti, da Boschi (IV) alla Lega. Poi si è comprato un partito, è diventato sindaco e ambisce a diventare presidente del Consiglio.

La procura di Roma lo ha indagato per evasione fiscale: si sarebbe intascato le rette degli studenti che avrebbero dovute essere reinvestite, mentre coi soldi di Unicusano ha comprato la Ternana.

Il 24 agosto Terni ha approvato a maggioranza la proposta di Unicusano per la vigilanza privata: la maggioranza si è scontrata con i consiglieri di destra di FDI, che avevano chiesto di assumere nuovi vigili.
In aula si è arrivati allo scontro fisico tra Bandecchi e il consigliere Masselli: tutto in diretta video, cosa che gli è costata l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale.

Ma il progetto per il servizio di vigilanza va avanti: a quanto racconta il servizio, pare che a Terni non ci siano veri problemi di microcriminalità (e nemmeno problemi di spaccio).

D’altronde i vigilantes in caso di problemi possono solo segnalare la cosa alla polizia o ai carabinieri: non è una iniziativa articolata, ma si tratta solo di un’azione di un privato.
I soldi ce li metto io – dice Bandecchi, che usa Terni per il suo show elettorale: i soldi non sono i suoi ma dell’università Unicusano, quasi 100ml di euro delle rette degli studenti (esentasse) sono stati dirottati per fini commerciali secondo l’accusa della finanza, ma con questa ricerca Bandecchi potrebbe essere riuscito a superare l’accusa.
“Per noi è stata utile questa scelta” si difende il sindaco Bandecchi di fronte a Report: l’esito di questo servizio di sorveglianza è anche analizzato dall’università stessa.

Alla fine si potrebbe scoprire che facendo girare delle volanti, la percezione della sicurezza migliora.

Il servizio di è poi occupato della convenzione tra lo stato e le università, anche quelle telematiche, per la formazione dei dipendenti pubblici.
La politica pagherà nei prossimi anni le università telematiche (nelle mani di politici, come Bandecchi o Angelucci) e a sua volta le università telematiche continueranno a finanziare la politica.

 

Tutto è iniziato col protocollo Pa 110 e lode voluto dall’allora ministro Brunetta (oggi presidente pensionato al CNEL) per la formazione del personale della pubblica amministrazione: inizialmente in quel protocollo Brunetta escluse le università telematiche, fu una scelta politica?
Bandecchi presentò ricorso al TAR 
(non avendo ottenuto risposte da Brunettta), ma oggi il ministro Zangrillo ministro alla PA col governo Meloni ha messo le cose a posto (per Bandecchi), estendendo anche agli atenei telematici questo accordo. “C’era una sentenza che ci richiamava sulla necessità di considerare le università telematiche come le altre e non fare figli e figliastri” risponde il ministro a Report: ma non è così, la sentenza del TAR chiedeva soltanto all’allora ministro Brunetta di rispondere sul punto alla richiesta di Unicusano, non c’era nessun obbligo nell’equiparazione. Quella di Zangrillo è stata solo una scelta politica.

Le prime università telematiche ad aderire all’accordo sono quelle del gruppo Multiversity, oggi comprato da un fondo inglese.
Con questa agevolazione metà della retta è pagato dallo stato, si parla di milioni di euro dati alle telematiche, mentre le università pubbliche si lamentano di mancanza di fondi.

Si rischia di spostare studenti verso le università telematiche, cresciuti del 400% negli ultimi 10 anni: questo business sta attraendo anche fondi di investimento e per gestire il business Multiversity ha fatto entrare nel board ex politici o uomini delle istituzioni come De Gennaro, Violante e il giudice di Cassazione Salvi.
Anche l’attuale presidente del cNR sarebbe dovuta entrare nel board, ma ci sarebbe stata una situazione di conflitto di interesse perché il CNR ha assegnato dei bandi di ricerca proprio a Multiversity.

Violante ex magistrato e presidente della Camera, oggi nel board, spiega a Report di credere nel progetto di far laureare anche chi non può, mantenendo la stessa qualità degli atenei pubblici. Non importa se ci sia il profitto di un fondo inglese.
L’impressione è che Multiversity abbia puntato su ex politici proprio per facilitare i suoi rapporti con la politica, perché alla fine il fondo inglese è qui solo per profitto.

Alla fine i livelli di qualità sono pari alle università “normali”? No, perché in internet si trovano panieri con tutte le domande per passare gli esami, l’impressione è che per passare gli esami il processo sia molto più facilitato per gli studenti.
Alla fine se basta il pezzo di carta per una promozione, perché il dipendente pubblico non dovrebbe scegliere una università telematica dove nemmeno devi seguire le lezioni?

Adesso il figlio di Bossi non dovrebbe andare più in Albania per laurearsi.

La Lega aveva presentato un emendamento per far slittare di un anno l’adeguamento delle università telematiche agli standard qualitativi di quelle tradizionali (soprattutto in termini di numero di professori, che per le telematiche sarebbero state un costo): era stato presentato dal deputato leghista Ziello nello scorso gennaio e significherebbe ritardare di un anno l’adeguamento degli standard di università come Unicusano, tra i firmatari ci sono i colleghi di partito Iezzi e Ravetto. Nessuno ha accettato un’intervista, “dovete chiedere all’ufficio stampa, non faccio dichiarazioni” ha spiegato l’onorevole che, diversamente dai vari TG, ha declinato a rispondete alle domande di Bertazzoni. Iezzi se ne è uscito con “io l’ho sottoscritto ma non lo conosco [l’emendamento], se vuole parliamo di immigrati ..”.

Nelle università tradizionali il rapporto tra studenti e professori è quasi 1 a 10, nelle telematiche si arriva ad 1 a 300, per avere la stessa qualità il rapporto dovrebbe scendere: secondo Bandecchi assumere gli insegnanti è inutile, perché si dovrebbe parlare con la lobby dei professori, perché con gli anni ci saranno sempre meno bambini e dunque meno studenti.

Ma secondo l’ANVUR, l’ente pubblico che controlla le università, ha rilevato delle irregolarità in quelle telematiche, ma le pecche sono poi compensate da altri fattori…

Una ex docente di Pegaso e Mercatorum ha raccontato a Bertazzoni di esami dove si faceva passare tutti, di materiale passato agli studenti, tesi di laurea copiate, l’andazzo era promuovere tutti, “non mi sono sentita una docente” racconta a Report.
La logica di profitto prevale, a quanto pare, perché non si devono insegnare le materie a studenti, fare conoscenza, ma si devono solo sfornare laureati.

Alla fine l’emendamento è stato bloccato dal ministro Bernini che, di fronte alle telecamere di Report, spiega “tutti i parametri di qualità che noi possiamo inserire nelle università in presenza e telematiche, vanno inseriti, io devo garantire che le studentesse e gli studenti abbiano la miglior offerta formativa possibile”.

Assumere nuovi docenti sarebbe un salasso per le università telematiche – racconta Bandecchi che aggiunge anche che la politica potrebbe in aula proibire il finanziamento alla politica, per bloccare questo cortocircuito: perché l’emendamento della Lega (finanziata da una università telematica) avrebbe dovuto essere votato in commissione affari costituzionali presieduto da un deputato che è anche docente alla Pegaso (ma a titolo gratuito).

Francesco Polidori a metà anni 90 fonda il Cepu per aiutare gli studenti a preparare gli esami: da lezioni private è passato alle università private, che oggi fatturano anche 100 ml di euro l’anno.
Un bel businnes il suo con Cepu, E-campus e Link: ha finanziato la politica, prima Forza Italia di Berlusconi e poi la Lega di Salvini.

I docenti dellaholding Cepu venivano pagati 15 euro al giorno, con contratti co-co-pro: nonostante l’accreditamento ottenuto dalla ministra Moratti, le condizioni dei lavoratori Cepu sono peggiorate, arrivando ad una vertenza che è culminata nel 2021 col riconoscimento dei contributi, mai versati.
Polidori è finito indagato dalla GDF, per le irregolarità sui contributi ai dipendenti, sull’IVA non pagata, tutto denaro che veniva tenuto in cassa e poi fatto uscire per altre attività.
Si arriva a 170 ml di euro di omessi versamenti di imposte, nel 2021 Polidori è finito ai domiciliari, 
indagato per bancarotta, autoriciclaggio: in 20 anni avrebbe eluso il fisco, ma il sistema va avanti ancora oggi, con società fatte fallire per non pagare tasse e contributi.

Com’è possibile che per 20 anni Polidori non abbia versato tasse, replicando lo stesso meccanismo più volte, facendo fallire le aziende che dovevano pagare delle tasse? Sono i soldi per pagare il welfare e le scuole.

I partiti che sono stati finanziati da questo imprenditore non hanno nulla da dire?

 

I GRANDI SAGGI Di Giulia Presutti

A controllare le emissioni sono le stesse aziende che emettono (e che inquinano): questo prevedono le norme attuali. Il ministro Pichetto Fratin ha deciso di cambiare le norme, affidandosi ad una commissione di saggi, non in conflitto di interesse e senza guadagnarci nulla.
 

I saggi dovranno scrivere i decreti legislativi, bypassando il Parlamento: in esso fanno parte ex politici ma anche imprenditori che si occupano di trattamento rifiuti.

Un avvocato che è legale di una azienda che ha smaltito pneumatici in un inceneritore, creando problemi di diossina ad Anagni (oggi l’azienda è a processo per disastro colposo).

Poi altri avvocati che hanno lavorato con Caltagirone, Snam, con Arcelor Mittal, con uno studio che è punto di riferimento di Eni.

Nessun ambientalista, perché l’impressione è che l’ambiente sia messo in secondo piano, per far prevalere l’interesse delle imprese di Oil & Gas, costruzioni..

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