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Sulla dubbia utilità dell’introduzione del reato di istigazione ai disturbi alimentari

Il 19 giugno Michela Marzano e altri deputati, tra cui Binetti, Civati, Gelmini, Prestigiacomo e Carfagna avanzano una proposta di legge per l’introduzione di un nuovo reato: istigazione a pratiche alimentari idoneee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare.

Il testo della legge è molto breve, dopo una premessa in cui si sostengono il carattere di emergenzialità dei disturbi alimentari nei paesi “occidentali”, la mancanza di dati aggiornati sui numeri e la complessità dell’eziologia della malattia, che intreccia fattori socio-culturali, personali, psicologici, familiari, ci si concentra sulla pervasività dei modelli di magrezza proposti dai media con l’intenzione di colpire chi istiga, in qualsiasi modo, alla patologia.
In particolare il disegno di legge rintraccia nei siti “pro-ana” e “pro-mia” i promotori di comportamenti alimentari pericolosi, di conseguenza l’introduzione di un nuovo reato del codice penale:

 «Art. 580-bis. – (Istigazione a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare). – Chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente a pratiche di restrizione alimentare prolungata, idonee a provocare l’anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare, o ne agevola l’esecuzione, è punito con la reclusione fino ad un anno e con una sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
 Se il reato di cui al primo comma è commesso nei confronti di una persona minore di anni quattordici o di una persona priva della capacità di intendere e di volere, si applica la pena della reclusione fino a due anni e di una sanzione pecuniaria da euro 20.000 a euro 100.000».

Il testo del disegno di legge, così breve e succinto, pecca di superficialità e mancanza di dati tecnici e sembra stabilire un semplicistico nesso causa-effetto tra l’esistenza dei cosiddetti siti pro-ana, pro-mia e l’insorgenza del disturbo alimentare.
I fattori socio-culturali e la proposizione martellante della magrezza come valore sono sicuramente fattori di rischio, che si intrecciano però con le altre componenti di carattere personale, famigliare, psicologico, per questo motivo istituire il legame diretto e deterministico tra modelli proposti dai media e insorgenza del disturbo è riduttivo, è sbagliato, perché ignora la complessità.

Il disegno di legge proposto da Marzano sembra fare proprio questo: rinunciare alla complessità in cambio di un colpevole da multare e mandare in prigione.

Come è successo per la recente legge sul femminicidio si cerca di risolvere un problema scegliendo la via penale, introducendo nuovi reati e abdicando ad un’analisi competente, che preveda anche la presenza di espert*, che permetta di capire quali sono le necessità e le mancanze e di agire di conseguenza sia a livello peventivo che di cura.

Nel testo del disegno di legge si fa esplicito riferimento ai siti pro-ana e pro-mia, ovvero degli spazi nel web in cui ragazze, donne e, seppur in minor numero, ragazzi esaltano comportamenti alimentari restrittivi, si scambiano “tecniche” per metterli in pratica e postano foto di vip e celebrities inseguendone la “perfezione”.
Come scritto benissimo in questo post, la maggiorparte di questi blog non sono a fini di lucro e sono aperti e gestiti da persone che soffrono già di un disturbo del comportamento alimentare, a questi siti si avvicinano persone che sono già dentro la malattia, per questo vulnerabili a tali messaggi.


Chi mandiamo allora in prigione? Le ragazze affette da anoressia e bulimia?

Il concetto di istigazione appare poi molto aleatorio e di difficile interpretazione, cosa che rende il reato ad esso connesso difficilemte punibile.
Mancando una definizione precisa di istigazione possiamo ampliarne il significato facendovi rientrare una vastissima gamma di situazioni: il concorso di bellezza, la quasi totalità dei programmi televisivi, le sfilate di moda, la danza classica, la dieta dell’ananas pubblicizzata nelle riviste, le riviste stesse che parlano di diete, attività fisica, ricette light per raggiungere il peso forma, le vetrine delle farmacie che pubblicizzano farmaci blocca-fame-non-assimila-calorie, la televendita dell’alga risucchia cellulite ecc…

Il risultato è una legge non solo semplicistica e riduttiva, ma pure inapplicabile che ha il solo scopo di dare l’impressione di stare facendo qualcosa quando in realtà non si sta facendo niente, o almeno niente di utile.

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Sempre riconoscendo il legame non deterministico tra disturbi alimentari ed esaltazione della magrezza e della forma fisica proposta dai media, non negando quindi complessità all’eziologia di questi disturbi, sicuramente è cosa positiva agire a livello dell’immaginario collettivo per renderlo più plurale e libero da standardt di “bellezza” codificati e irragiungibili.

Perché, anche uscendo dalla patologia, la quasi totalità delle donne e un numero sempre maggiore di uomini subisce il peso di modelli estetici che, nel migliore dei casi, producono frustrazione, perdita di autostima, difficile rapporto con il proprio corpo.

Ma, piuttosto che agire a livello punitivo, cosa da un punto di vista pratico di difficile concretizzazione, sarebbe utile lavorare a livello educativo in maniera importante tanto da apportare cambiamenti significativi anche a livello sociale e culturale.

Proporre corsi e laboratori negli spazi di socalizzazione dei/delle ragazz* in modo tale che acquisiscano gli strumenti per difendersi dai modelli di “bellezza” a cui continuamente sono sottopost* e insieme promuovere la visibilità di corpi differenti, dove questa visibilità non abbia il carattere dell’eccezionalità che di tanto in tanto esce dalla norma, come è accaduto recentemente con il caso della modella “curvy” del calendario Pirelli, ma diventi normale prassi.
Sarebbe utile che le aziende sanitarie locali, i consultori, agissero anche a livello preventivo istituendo spazi di dialogo e sostegno psicologico, luoghi pubblici, aperti, pubblicizzati, facilmente raggiungibili e fruibili anche dalle/dai più giovani.

Una legge che volesse seriamente prendere in carico i problemi delle persone che soffrono di disturbi alimentari non può non prevedere un potenziamento degli strumenti e degli spazi di cura per questi disturbi.
Qui faccio appello alla mia esperienza di familiare di una persona affetta da tali patologie, esperienza che non pretende di essere esaustiva, ma che è, credo, abbastanza significativa per capire qual è la situazione attuale in Italia nella cura dei DCA. Le aziende sanitarie locali, soprattutto quelle dei piccoli centri, non sempre hanno spazi appositi e personale adeguatamente formato; le strutture di ricovero sono poche e concentrate soprattutto nel Nord Italia; l’uso degli psicofarmaci massiccio e spesso esclusivo; le lungaggini burocratiche logoranti: file, cetificati, colloqui, stupidi cavilli che non ti fanno rientrare in tale servizio perchè non hai l’età o non possiedi la residenza o non stai proprio così male. I famigliari hanno un sostegno nullo o insufficiente. Lo psichiatra è precario, chissà se gli rinnoveranno il contratto, la continuità della cura che non ti garantisce il servizio pubblico la cerchi nel privato, così, se la malattia non fa distizione di classe colpendo indistintamente tutt*, nella cura le differenze ci sono eccome.

Non basta scrivere un nuovo reato sul codice penale, non basta per il femminicidio e non basta nemmeno in questo caso, servirà ai deputati e alle deputate, ai ministri e alle ministre per appuntarsi coccarde di salvatori delle donne o delle persone affette da disturbi alimentari, ma alle donne e alle persone affette da disturbi alimentari non serve a niente.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Il Gufo (---.---.---.115) 20 agosto 2014 10:26

    Scrivere una legge non costa niente e porta voti.
    Potenziare le strutture sanitarie preposte costa soldi, realizzare serie campagne istituzionali sul tema costa soldi e necessita di competenza, ecc.
    Purtroppo i soldi sono pochi ed i politici troppi.
    Regards

  • Di (---.---.---.220) 21 agosto 2014 16:59

    Mi permetto una chiosa al Gufo: scrivere una legge - soprattutto una legge inutile - costa soldi, molti soldi agli Italiani: si, perchè lo stipendio lo paghiamo noi a queste persone ignoranti e arroganti.Realizzare campagne istituzionali necessita soprattutto di competenza..Di soldi se ne buttano così tanti...In realtà basterebbe cominciare dall’educazione..Che un tempo si teneva in apposite strutture chiamate scuola....Strutture che oggi hanno la mera funzione di parcheggio commerciale...

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