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Riconoscere le radici comuni delle diverse forme di oppressione, intervista a Intersexioni - Educare alle differenze #9

In vista di “Educare alle differenze” le noste interviste proseguono con il collettivo Intersexioni. Se l’obiettivo è scardinare ogni forma di dominio dalla base è necessario acquisire una prospettiva intersezionale che metta in evidenza le diverse, ma connesse, sopraffazioni e discriminazioni per sesso, classe, genere, etnia ecc…Il collettivo intersexioni ha scelto di far proprio questo.
 
educare
 
1) Da quali esigenze nasce Intersexioni? Di cosa si occupa e chi ne fa parte?
Intersexioni nasce nella primavera del 2013 ed è un collettivo composto da attivist* e studios* accomunat* dall’interesse per temi tra loro interconnessi quali il concetto, la struttura e le realzioni di genere; l’identità di genere e il gender-non-conform; le cosiddette differenze nello sviluppo sessuale (questione intersex/dsd); i diritti delle minoranze per sesso/genere, etnia, orientamento sessuale e le interrelazioni tra discriminazioni, nella migliore tradizione degli studi femministi e postcoloniali; l’antispecismo e i diritti degli animali non umani.
Quello di intersexioni è un progetto ambizioso che oltre a portare avanti alcuni temi pionieristici in Italia come quello dei diritti delle persone con variazioni nello sviluppo sessuale, vuole anche approfondire e mettere in luce le radici comuni tra diverse forme di oppressione e di prevaricazione, come le connessioni tra l’oppressione animale e quella di genere e le sue origini comuni nell’economia e ideologia pastorale e patriarcale.
Il desiderio e l’impegno comune, dunque, come si può leggere anche sul nostro sito, è quello di analizzare e scardinare la logica del dominio e della sopraffazione, nell’ottica del rispetto di ogni essere vivente e della costruzione di una società migliore, più equa, giusta e accogliente.
 
2) Oggi entrare nelle scuole per parlare di educazione di genere non è sempre facile, qual è la vostra esperienza in merito?
La nostra esperienza finora è stata positiva. Siamo entrate nelle scuole prevalentemente tramite segnalazione di docenti interessate/i e generalmente il progetto è piaciuto talmente tanto che l’anno seguente è stato richiesto per un numero maggiori di classi. A volte invece siamo state chiamate da rappresentanti delle/degli student* per tenere laboratori o conferenze durante le assemblee di Istituto, le autogestioni e i forum da loro organizzati.
La nostra unica pubblicità finora è stata quella che ci hanno fatto docenti, studenti e le persone che hanno assistito o partecipato ai nostri interventi e che apprezzano il nostro modo di lavorare.
Il problema più che altro è che spesso le scuole non hanno fondi per iniziative extra; per questo motivo abbiamo ridotto al minimo i costi del progetto, facendo spesso puro volontariato nonostante la nostra esperienza e professionalità. D’altra parte quello dei fondi è un problema generale della scuola italiana. Riteniamo però che investire in questo ambito darebbe importanti ricadute positive sull’integrazione e il benessere di cittadini/e.
Dobbiamo purtroppo anche segnalare che talvolta abbiamo trovato resistenze riguardo ad alcuni temi trattati – come se il concetto di non discriminazione andasse sempre limitato. Qualche anno fa c’era chi richiedeva progetti contro le discriminazioni di genere ma riteneva sconveniente che si parlasse anche di omosessualità; poi c’è stato chi riteneva importante che si fronteggiasse l’omofobia ma era in imbarazzo se si parlava di omogenitorialità; quest’anno il coordinamento studentesco di un noto liceo classico fiorentino si è visto negata dal consiglio di Istituto la possibilità di tenere incontri sul tema della transessualità con nostre/i comprovati esperti e persone direttamente interessate perché ritenuto un tema troppo delicato per essere affrontato a scuola. Non è raro che le/i giovani che incontriamo siano più flessibili e più rapidi ad accogliere positivamente le differenze rispetto agli adulti, insegnanti compresi. Abbiamo per esempio condotto un intervento in una classe in cui il rifiuto da parte degli insegnanti di rivolgersi con il maschile ad uno studente trans che compariva sul registro di classe con il nome anagrafico femminile ha portato, dopo mesi di conflitti, al suo abbandono scolastico; la classe si era invece mostrata generalmente solidale con il compagno, a partire anche dall’uso del maschile in rispetto all’identità di genere percepita e vissuta.
Per la nostra esperienza non siamo inclini a censurarci e per lo più riusciamo a superare gli ostacoli tramite un maggiore confronto e dialogo col personale docente.
Per questo crediamo che non sia sufficiente che i docenti assistano agli interventi che portiamo avanti nelle classi insieme agli studenti ma riteniamo che sia necessaria una formazione specifica ed approfondita anche per loro, in modo tale che sappiano gestire situazioni particolari che potrebbero presentarsi a scuola.Oltre alle esperienze nelle scuole per diversi anni abbiamo fatto anche formazione per il personale ospedaliero (sia sanitario sia amministrativo), con risultati molto soddisfacenti.
 
logo-intersexioni
 
3) Intersexioni è stato uno dei primi collettivi a parlare di intersessualità. A quale punto sono oggi in Italia i diritti delle persone intersex? Quali sono le reti di sostegno a cui le persone intersex, i famigliari, i genitori possono far riferimento per far fronte a tabù e medicalizzazione?
 
Il lavoro da fare per tutelare i diritti delle persone intersex/dsd è ancora enorme, e lo sarà fin tanto che chi nasce con differenze cromosomiche anatomiche o gonadiche sarà sottoposto a normalizzazione farmacologica e chirurgica in nome di un falso dimorfismo sessuale che la fisiologia umana, così come quella degli animali non umani, smentiscono da sempre.
Nonostante il numero delle persone che nascono con un certo grado di intersessualità sia più alto di quanto comunemente si pensi, la tematica trova ancora pochissimo spazio in Italia, anche all’interno dei circuiti LGBTQ e femministi.
A livello legislativo esiste un vuoto normativo dovuto al fatto che la persona intersex non rientra nei presupposti del diritto stesso, che è rigidamente binario riguardo alla definizione dei sessi/generi. Stessa rigidità si riscontra nella medicina dominante, nonostante le scoperte della biologia, i più recenti cambiamenti nei protocolli medici centrati sul benessere della persona e le indicazioni di organismi internazionali a tutela dell’integrità psico-fisica dei minori.
Invece ancora oggi in Italia le condizioni intersessuali vengono prevalentemente ricondotte a patologie dalla medicina e, di conseguenza, vengono consigliati interventi normalizzanti non necessari per la salute, irreversibili e potenzialmente dannosi per loro sviluppo psico-fisico della persona, cui viene sottoposta in un’età troppo precoce perché possa essere in grado di dare il proprio consenso informato, ragionato e consapevole.
Ciò che andrebbe riportato al centro della questione è proprio il concetto di autodeterminazione, vista l’irreversibilità degli interventi sia chirurgici che farmacologici in assenza di reali motivi di salute. La necessità di tenere in considerazione la volontà della persona intersex, però, si scontra in parte anche con la legislazione italiana dato che l’ordinamento prevede l’assegnazione entro pochi giorni dalla nascita di uno dei due sessi socialmente riconosciuti, a cui deve corrispondere il nome. Insomma, il corpo intersessuale viene spesso “normalizzato” perché possa rientrare nella rigida dicotomia sessuale femmina/maschio prevista dalla nostra legislazione e cultura.
Le reti di sostegno sono per ora insufficienti, ve ne sono troppo poche sul territorio e quelle poche spesso sono ancora inserite in cornici intrinsecamente medicalizzanti quando non patologizzanti. Il collettivo intersexioni nasce anche per dare ascolto, sostegno e voce alle persone con forme intersex/dsd, ai loro familiari, parenti e amici, in un clima di accoglienza e anche di confronto tra pari. Tra i nostri obiettivi quello di fare rete tra gruppi e tra persone dislocate sul territorio nazionale e internazionale, fornire e condividere informazioni, sensibilizzare la cittadinanza così come i presidi medici e formativi.
In Italia esistono anche alcune associazioni di pazienti come AISIA che forniscono un importante supporto a famiglie e giovani/adulti che ne avvertano la necessità, e in questi anni hanno adottato una prassi di mediazione con la classe medica che ha portato in molti casi ad una sensibilizzazione della stessa sulle esigenze delle persone con variazioni nella differenziazione sessuale.

4) L’associazionismo lgbt oggi sembra essere concentrato sulla richiesta di diritti quali matrimonio e genitorialità, richieste legittimissime, ma l’istituzionalizzazione attraverso la quale sembra bisogni passare per ottenerle, l’utilizzo di un linguaggio familista e un po’ conservatore, non rischia, a vostro parere, di continuare ad escludere le richieste e le esigenze dei soggetti geneder-non-conforming?
Le importanti richieste di diritti per le coppie gay e lesbiche e per i loro figli sono quelle che stanno avendo maggiore visibilità sui media e hanno maggiore solidarietà diffusa. Ed effettivamente una parte dell’associazionismo e dei gruppi che si definiscono queer o LGBTI* in realtà sono soltanto LG e hanno come unico obiettivo l’estensione delle tutele legali a cui possono accedere tranquillamente cittadine/i eterosessuali alle cittadine/i omosessuali.
Ci sono però anche gruppi, come il nostro collettivo, che portano avanti in parallelo altre fondamentali battaglie. E l’aggettivo “fondamentale” non è casuale. I problemi per le persone intersex e trans iniziano infatti ben prima della costituzione di una relazione con un’altra persona. Neonati e bambini intersex sono ancora oggi sottoposti a trattamenti farmacologici e anche chirurgici a fini estetici, non solo non necessari per la salute psico-fisica dell’interessat* ma anzi dannosi e drammaticamente irreversibili. In alcuni casi addirittura il feto in cui viene riscontrata una forma di intersessualità tramite amniocentesi rischia proprio di essere abortito a causa della diffusa ignoranza, pregiudizio e sconcerto a fronte di una condizione quasi del tutto sconosciuta e che non sempre il contesto medico-ospedaliero è in grado di far accogliere e comprendere.
Per le persone gender non conforming invece le difficoltà possono iniziare pochi anni dopo, quando vengono ostacolate nell’espressione della loro identità di genere. Le discriminazioni proseguono poi a causa di una legge che permette sì di effettuare il cambio del sesso anagrafico, ma solo dopo un lungo e costoso percorso legale, psichiatrico e chirurgico che non tutte le persone possono o vogliono effettuare.
Il nostro collettivo inoltre vuole portare avanti una riflessione culturale più ampia sulle varie modalità del vivere e relazionarsi col genere, la sessualità, l’affettività e la genitorialità: sicuramente non vogliamo cedere al ricatto della “normalizzazione” come unica via per l’accettazione sociale.

5) Cosa vi aspettate dalla giornata del 20 settembre? Quali sono le vostre speranze per questo incontro?
Riteniamo fondamentale confrontarsi con persone, gruppi e associazioni che lavorano su questi temi per scambiarci esperienze, condividere prassi e strumenti, scoprire e fornire nuovi punti di vista e fare rete per migliorare le conoscenze e contribuire a modernizzare un paese che sul fronte dei diritti e della formazione in tema di genere (e identita’ di genere, sesso, orientamento sessuale) e’ ancora estremamente arretrato.
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