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Più trapianti di cuore e meno tempo di attesa con donatori oltre i 55 anni di età

Più trapianti di cuore e meno tempo di attesa con donatori oltre i 55 anni di età

I pazienti che hanno una grave insufficienza cardiaca o comunque una cardiopatia avanzata, che compromette la loro aspettativa e qualità di vita, possono essere considerati per la candidatura al trapianto di cuore ma, lo scarso numero di donatori disponibili e la maggiore frequenza di complicanze nei soggetti anziani impongono, tuttavia, un limite di età per la candidatura attorno ai 65 anni.
 
In base ai dati forniti dal Ministero della Salute i trapianti di cuore effettuati in Italia sono stati 285 nel 2009, ancora pochi rispetto al lungo elenco di pazienti in lista di attesa. E’ ovvio che per potere effettuare più trapianti occorre prima di tutto avere a disposizione più donatori per cui potrebbe essere veramente utile non escludere dalla donazione gli over 55 anche perché tutte le possibili alternative al trapianto (cuore artificiale, trapianto da animali geneticamente modificati o assistenza ventricolare meccanica prolungata oltre 3-4 mesi) sono pratiche ancora in fase di studio.
 
L’Italia vanta a livello internazionale una lunga esperienza e positiva tradizione nel campo del trapianto di cuore. Sono ormai passati 25 anni dal primo trapianto effettuato a Padova nel 1985 dal prof. Vincenzo Gallucci, ma si continua a registrare ,sia a livello nazionale che internazionale, una notevole carenza di donatori dovuta anche al limite di età, fissato dalla legge a 55 anni.
 
Una ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr), però, indica il modo per superare in sicurezza questo limite. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Heart and Lung Transplantation. “Sono oltre 700 i pazienti che ogni anno in Italia avrebbero bisogno di un cuore nuovo, mentre le donazioni raggiungono a malapena la metà. I pazienti in lista d’attesa (media 2-3 anni) hanno una qualità di vita difficile e una mortalità di quasi il 9% annuo”, spiega Tonino Bombardini, ricercatore associato dell’Ifc-Cnr. Se ogni anno si utilizzasse anche solo un sesto dei 670 donatori di cuore ultra cinquantacinquenni, i trapianti in Italia aumenterebbero di 100 l’anno”. Da questa constatazione, circa cinque anni fa, è partita un’indagine congiunta con il Centro trapianti cuore-polmone del ‘Sant’Orsola’ di Bologna, volta a quantificare la ‘bontà’ funzionale dei cuori dei cosiddetti donatori ‘marginali’”.
 
Il gruppo utilizza come test diagnostico un ‘eco-stress farmacologico’: “Si infonde sotto controllo ecocardiografico continuo il dipiridamolo, un farmaco vasodilatatore già in uso da 25 anni per la diagnosi non invasiva di malattia coronarica”, spiegano Bombardini e Giorgio Arpesella del ‘Sant’Orsola’. “Il cuore è infatti un organo erettile, la cui funzione aumenta con l’aumentare del flusso, ma questo solo se le coronarie sono sane e il miocardio è normale. Se il cuore sotto stress obbedisce a tale corrispondenza, allora è adatto per la donazione; altrimenti, se nonostante la vasodilatazione coronarica la funzione peggiora, viene scartato. Il test, che viene eseguito dopo la dichiarazione di morte cerebrale del donatore, dura 6 minuti e rispetta gli altri organi da trapiantare”. 
 
“Il progetto ‘Donazione di cuore marginale’ ha visto il coinvolgimento dell’Associazione interregionale trapianti e l’Organizzazione Toscana trapianti”, conclude Eugenio Picano, direttore dell’Ifc-Cnr di Pisa. “Attualmente attivo in nove centri in Emilia-Romagna e Toscana - Cesena, Bologna, Baggiovara e Parma; Pisa, Firenze, Lucca, Empoli e Siena - è pronto per essere esteso a tutte le regioni italiane”.
 
Secondo dati Cnt-Centro nazionale trapianti, nel 2006 solo il 45% dei 1.234 donatori di cuore potenziali in Italia avevano un’età inferiore ai 55 anni. E inoltre 169 dei 345 trapianti venivano eseguiti in riceventi ultra-55enni. Anche negli Stati Uniti, dove ogni anno si effettuano più di 2.000 trapianti di cuore, solo il 7% dei donatori ha una età superiore ai 50 anni, nonostante la mortalità annua dei cardiopatici in lista d’attesa sia superiore al 10% (dati Optn-Organ Procurement and Transplantation Network – Srtr-Scientific Registry of Transplant Recipients, 2008). 
 
Fonte : c.s. del CNR 23/2010
 

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