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Maternità surrogata e le (solite) false verità

Intervistato dall’Huffington Post sulla maternità surrogata anche Nanni Balestrini dice la sua.

«Da una parte ci sono [i commenti] maschili, secondo cui l’uomo ha il diritto a una discendenza. Dall’altra quelli femminili, che dicono: la donna è libera di vendere il proprio corpo, prostituirsi e anche affittare il proprio utero». 

Fino a qui si limita a fotografare una realtà nota: a nessuno viene in mente di vietare la prostituzione (casomai lo sfruttamento della stessa, che è altra cosa) e anche laddove ci si è provato i risultati sono stati nulli.

Anche se è scontato che, per la maggior parte, le prostitute sono povere o schiave o tutte e due le cose insieme; la questione dovrebbe scaldare gli animi di sinistra ben più degli ancora rari casi di utero in affitto, non pare invece che ci si scaldi poi così tanto quanto, improvvisamente, proprio per la maternità surrogata; in particolare per quella che vede coinvolto Nichi Vendola accusato nientemeno che di far «trionfare la logica capitalistica».

Si veda a proposito anche il punto di vista filosofico dell'enfant prodige del neomarxheideggerianesimo, Diego Fusaro. 

Scrittore, poeta, saggista eccetera, Balestrini è uno dei tanti “reduci” degli anni ’70. Da questo punto di osservazione di ultrasinistra la sua critica diventa politica: «Il punto è che la logica capitalistica, l’idea che tutto si possa comprare e vendere sul mercato non solo è penetrata negli aspetti più intimi della nostra vita, ma ormai ci domina».

Non c'è differenza alcuna tra "maternità surrogata" e "utero in affitto"; si dà per scontato che la cosa abbia solo una dimensione lucrativa, anche se così non è (per una differenza basta vedere su Wikipedia).

Infatti il discorso, fin qui comprensibile, alla fine nasconde un inghippo.

E l’inghippo lo rivela proprio lui, intervistato dal foglio di Lucia Annunziata: «Nessuno prende in considerazione i diritti della persona più interessata a questa scelta: il figlio. Che viene considerato alla stregua di un oggetto, come un cagnolino nato da una madre e poi regalato, non un soggetto che ha dei diritti sin dal terzo mese dal concepimento».

Su questa frase si chiude il cerchio di una sinistra sociale, politica e intellettuale che non ha mai fatto i conti con il plafond culturale cattolico. Un feto ha (avrebbe, secondo il nostro) dei diritti. Diritti di persona, si suppone, riproponendo così la vexata quaestio di cosa sia una “persona”, termine al centro del dibattito bioetico contemporaneo. Al centro, in particolare, dell’astiosissima contrapposizione in merito all’aborto e alla sua legittimità o, al limite opposto, sulla questione tuttora aperta del fine vita.

Come dimenticare allora che proprio su questo concetto (persona è «l'ente che si esprime a se stesso nell'atto in cui intende, vuole e ama» secondo l’Enciclopedia filosofica) si sono verificate le lacerazioni più profonde tra chi pretende di attribuire la definizione di 'persona umana' solo al neonato e gli "opposti estremismi" degli ultrarazionalisti e dei cattolici.

Cioè di Peter Singer & accoliti ('persona' è solo l'essere senziente e razionale, relegando quindi il neonato al rango di non-persona fino alla provocazione agghiacciante di immaginare un possibile aborto post-natale) o, al contrario, come fa Balestrini insieme ad ogni Papa presente, passato e, si suppone, futuro, che attribuisce le caratteristiche di 'persona' anche al feto stesso (che sarebbe perciò un “ente che intende, vuole e ama”).

In poche parole se per gli uni l'infanticidio è legittimo tanto quanto un aborto, per gli altri la logica è sempre la stessa della Gaudium et spes: l'aborto è un abominevole delitto tanto quanto l'infanticidio. E su questa base partì, anni or sono, l’allarmatissima “emergenza antropologica” dichiarata da quattro ex numi tutelari della sinistra estrema (Tronti, Vacca, Barcellona e Sorbi), poi definiti “marxisti ratzingeriani”, prima sulle pagine dell’Avvenire e poi in un libro edito nel 2012 - Emergenza antropologica. Per una nuova alleanza tra credenti e non credenti - alla base del nuovo sodalizio tra sinistra e papato che ha decretato il successo - quantomeno mediatico - del papato e la fine, per palese consunzione mentale, della sinistra marxista contemporanea.

Ci salvano da queste derive ultrarazionaliste o confessionali solo le idee chiare di Massimo Fagioli che oggi vengono delineate con altrettanta chiarezza da Matteo Fago, editore di Left, sulle pagine dello stesso settimanale, con un articolo dal titolo emblematico: «Utero in affitto e aborto. La (solita) falsificazione della Verità», titolo che apertamente ho voluto citare qui.

Fino a che il feto non nasce, diventando bambino, non c’è vita psichica e, per ciò, non c’è vita umana. Che è tale anche se non ancora senziente e razionale. La sintesi, fondata sulla teorizzazione dello psichiatra romano, non lascia adito a incertezze o compromessi.

E se nell'utero non c’è vita umana, tantomeno c’è quindi una “persona” con diritti da attribuirgli sin dal “terzo mese dal concepimento” come dice Ballestrini sulle orme di una teologia ormai superata dalle più recenti disposizioni papali (l’anima non scende nel feto al terzo mese, come sosteneva, se non ricordo male, Agostino d’Ippona, ma al momento stesso del concepimento: quindi sarebbe "persona" anche lo zigote).

Tra la sinistra fagioliana di Left e quella del marx-papismo la differenza è radicale: l’aborto non è un delitto e le donne che abortiscono non sono assassine. Cosa che la sinistra marxista sembra far fatica a capire, ma come ha capito invece benissimo la maggior parte degli italiani (68%) rifiutando con il referendum del 1981 la proposta di abolizione della legge 194 sull’aborto.

Poi, a seguire - ma avendo le idee ben più chiare di Balestrini & Co. (ma anche di quelle organizzazioni femministe che hanno promosso la Carta per l’abolizione universale della maternità surrogata) - ci si interroghi sulla maternità surrogata; non sulla maternità in sé (genitore è chi fa crescere un bambino assicurandogli un rapporto affettivo, non chi di sé mette in gioco solo un ovulo e uno spermatozoo come qualsiasi animale sa fare), ma sul rischio reale che la povertà diffusa porti effettivamente ad un nuovo mercato delle vacche (la maternità lucrativa) non diverso, ma forse più devastante, da quello che osserviamo oggi, con assoluta noncuranza, sui viali delle nostre periferie.

Sì quindi alla maternità surrogata "altruistica", perché non c'è alcun dilemma etico o psicologico che la impedisca. E che, al contrario, proprio perché altruistica, evidenzia al massimo grado un'idea di solidarietà umana senza cedimenti ai diktat religiosi o alle fumose concettualizzazioni dei filosofi.

(Foto GeoFX/Flickr)

 

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