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Manovra finanziaria: serve a far rietrare nel mercato dei titoli di stato l’Italia?

Molto si è già detto sulla nuova manovra finanziaria del Governo che anticipa alcuni provvedimenti e stabilisce 45 mld€ aggiuntivi tra tagli e nuove imposizioni (oltre a quelli stanziati solo un mese fa). Ci sono molte angolature dalle quali si può osservare e valutare la manovra. Uno di questi, che è molto in voga e mi porterebbe “traffico facile” è quello della sproporzione tra tagli ai costi della politica e tagli e nuove tasse per i cittadini (da cui la definizione di manovra magna-magna che ha ispirato la foto di oggi). E’ un terreno nel quale non voglio addentrarmi, anche perché -vi confesso- il mio primo desiderio verso la classe politica è che lavori bene, non che guadagni poco. Sarei molto allarmato di una classe politica poco pagata, perché più corruttibile.

Il taglio che vorrei dare invece alla mia lettura risponde alla domanda posta da Yabadaba al post “La Fed, Washington e Marc Faber” ovvero:

con la manovra appena varata siamo rientrati a pieno titolo nel mercato dei titoli di Stato?

Già perché se possiamo farci poco - se non pagarlo - per lo scontrino che ci è appena stato appoggiato sul tavolo, piuttosto occorre capire se paghiamo per avere un qualche riscontro, oppure se il rischio è che mentre litighiamo della bontà di questa manovra se ne debba preparare un’altra
Iniziamo dagli aspetti positivi:

  • La grande ricchezza privata degli italiani, più volte indicata come elemento di forza del Paese, non è stata toccata da un prelievo forzoso su base patrimoniale. Significa che in caso di bisogno la cartuccia grossa si può ancora sparare e il messaggio al mercato senz’altro è arrivato.
  • Il taglio alle province, anche se non è una cancellazione tout court, è un buon primo passo. Se nel tempo non ci si perde per strada, visto che delle 37 iniziali già 8 si sono salvate e si preannunciano appelli. Sarà il caso di iniziare a pensare anche all’accorpamento di alcune Regioni?

Veniamo, invece, a quello che mi è piaciuto meno (sempre partendo dall’ottica che deriva dalla domanda di Yabadaba):

  • Il “contributo di solidarietà” colpisce ancora i dipendenti del settore pubblico e privato, coloro che pagano sempre e regolarmente. Ma soprattutto, siccome è iniquo, punitivo verso chi già paga, è stato pensato come valido per un biennio. Il che testimonia da una parte la coscienza sporca di chi l’ha pensato, e dall’altra - ahimé - non essendo un provvedimento strutturale, ma provvisorio, non va nella direzione di renderci forti sul mercato dei titoli di Stato.
  • Pagamento del TFR ritardato di due anni per i pensionandi del pubblico impiego: è un provvedimento che genera un beneficio immediato, ma non un risparmio strutturale: passati i primi due anni ci sarà ogni anno la scadenza di TFR da onorare, semplicemente nel 2016 si pagheranno quelle del 2014, nel 2017 quelle del 2015 ecc ecc.
  • Il taglio della tredicesima per quei dipendenti pubblici che appartengono ad enti che non rispettano i requisiti di tagli dei costi è assolutamente iniqua. Tagli di costi che significa? Licenziamenti? E gli altri dipendenti devono tacere altrimenti salta la loro tredicesima? E se vuol dire altro, tagli di costi nel senso amministrativo, gestionale, se il vertice dell’Ente non riesce a promuovere questi tagli perché dovrebbe saltare la tredicesima ai loro impiegati?

La CGIL ha annunciato scioperi. Mah…

Il vulnus maggiore di questa manovra lo vedo nello sbandieramento del fantomatico “pareggio di bilancio“. A breve un approfondimento in proposito.

Sulle privatizzazioni, blande perché mirate sugli enti locali, e per questo feroci perché minano la funzionalità di servizi che per alcuni cittadini sono essenziali, ho il forte timore che il mercato ci chiederà una stretta, fino a chiedere allo Stato di mollare le quote di ENEL, ENI, FINMECCANICA, TELECOM, ecc…

Il mercato darà nell’arco della prossima settimana il proprio giudizio, per il quale sarà essenziale osservare l’andamento dei CDS sull’Italia.

Il perché lo scoprirete nel post di domani, nel quale troverete anche la risposta alla chiusura sibillina de “L’angusto sentiero della riduzione del debito".

Questo articolo è stato pubblicato qui

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