• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Kathmandu: ennesimo attentato dinamitardo

Kathmandu: ennesimo attentato dinamitardo

Uno degli attentati più gravi negli ultimi anni non più con bombe costruite in casa ma con esplosivo professionale è avvenuto lo scorso 27 febbraio nella capitale del Nepal. L'attentatore era già stato in carcere, poi, liberato. A sussulti, perdura una strategia della tensione dei fondamentalisti hindu, degli ex- monarchici, di gruppi etnici. Anche questa bomba s'inserisce nelle proteste continue per l'aumento e scomparsa dal mercato dei prodotti petroliferi, del gas per cucinare, della mancanza d'energia elettrica.

E’ iniziata una caccia all’uomo per catturare il terrorista (che ha rivendicato con nome e cognome) dell’attentato, il più grave avvenuto a Kathmandu che ha provocato tre morti e numerosi feriti.

Si chiama Dev Raj Lama alias Bishwo Kranti , 37 anni e proviene da Hile, Dhankuta un paesino fra le colline del Nepal orientale. La cosa curiosa è che il soggetto, già ritenuto responsabile del piazzamento di altre bombe a Kathmandu (2009) e a Dhading (2008), è stata rilasciato dal carcere dietro pagamento di una cauzione di sole Nrs 60.000 (euro 6.000). Si dichiara il portavoce del Samyukta Jatiya Mukti Morcha (Unified Ethnic Liberation Front) e ha dichiarato che l’attentato “ è per protestare contro l’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi”.

La cosa triste è che dal cognome (Lama) l’attentatore sembrerebbe Tamang come quasi tutte le vittime e i feriti: Lal Bahadur Tamang of Dhading, Som Bahadur Tamang. Contadini o migranti che avevano qualche contenzioso con la corrotta NOC (Nepal Oil Corporation). E’ fra gli attentati più gravi accaduti a Kathmandu, che mi ricordi, per il numero delle vittime e il tipo d’esplosivo utilizzato; non le soli pentole a pressione riempite di cose fatte in casa (in termine tecnico, Improvised explosive device- IED) ma materiale più sofiscato. Tre vittime ricordo, anche, nella bomba messa nell’unica chiesa cattolica di Assumption Catholic Church a Dhobighat nel maggio 2009.

Nel passato (marzo 2011) erano esplose diverse pentole a pressione riempite d’esplosivo con solo pochi feriti, nel giugno 2010 una autobomba dopo l’ennesimo tentativo fallito di definire una costituzione; tragica la serie messa nel settembre 2007, con due bambini morti alle fermate dei bus di Sundhara e Tripureshwor; un’altra serie di attentati nel 2008 prima delle elezioni per la Cosituente. Durante il conflitto le pentole a pressione erano di moda (2004, 36 feriti a Sundhara), fino a raggiungere la barbarie con l’esplosione del bus affollato di Badarmude (53 vittime), i cui colpevoli sono scomparsi fra i maoisti ora al potere.

Prima i maoisti, poi i pro-monarchici, infine i gruppi radicali hindu (scontenti dell’abbandono dell’hiunduismo come religione di stato) sono stati i responsabili dei sussulti di strategia della tensione in Nepal nell’ultimo decennio. Anche adesso, solo o in combutta con servizi o gruppi politici, Bishwo Kranti s’inserisce in un periodo di grande movimento e crisi: l’Assemblea Costituente ferma i prodotti petroliferi aumentati del 20% in un anno e introvabili, il gas per cucinare scomparso dal mercato (i cittadini assaltavano i rari camion che trasportavano le bombole), la corrente elettrica chiusa per 18 ore al giorno, fra poco, come sempre, mancherà l’acqua potabile nei quartieri meridionali di Kathmandu.

La NOC è accusata di enormi corruzioni e una delle cause della crisi petrolifera decennale. Studenti, insegnanti ma anche gente comune, da mesi, nelle strade per protestare.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.246) 1 marzo 2012 12:00

    Articolo importante: che in Nepal e in Pakistan sia in atto una sistematica e crescente strategia della tensione ormai non c’è dubbio. Sarebbe da capire chi ci sta dietro e se c’è una relazione fra i due paesi.

    Ci vorrebbe cioè, un serio giornalismo investigativo che, soprattuto in Pakistan, comporterebbe un altrettanto serio rischio professionale: lì fare il giornalista vero dev’essere ancor più pericoloso che in Russia.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares