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Il rischio del montare palchi a 5 euro l’ora

Non mi piace scrivere di circostanze private, ma l'ennesima morte sul lavoro mi ha fatto ritornare a esperienze personali, che qui condivido al fine di contestualizzare un poco lo stupefacente stupore per la scomparsa dello studente di vent'anni "operaio per caso".

Mentre studiavo, e pure nei primi anni di ricerca di una "vera occupazione" sino a circa il 2002, ho tirato a campare, come decine di coetanei della mia provincia, con qualche ripetizione e montando palchi per Jovanotti, Eros Ramazzotti, Jamiroquai, Beppe Grillo (due volte), rassegna di teatro dialettale (tre volte), festival di musica alternativa (quattro volte), Bob Dylan (cotto), Massive Attack (strepitosi), convention di pentolari con ospite Alba Parietti (un mazzo senza senso, subappalto da romani stronzissimi che ci sfruttavano come bestie), Kid Creole (già completamente andato), Pat Metheny (serata bellissima, fatto un cazzo, palco ridicolo) e tanti altri che il mio allora collega Marchino sicuramente sa ancora elencare in ordine cronologico. Ma io ormai l'ho perso di vista (ha imparato mestiere e lavora, o almeno lavorava, come tecnico luci a Milano).

Mi ricordo però che coi soldi di Jovanotti e Grillo seconda volta pagati insieme ci siamo andati d'improvviso a Torino (250km) a vedere i Sonic Youth, e c'era pure quella che poteva essere la donna della mia vita n. 1 e mi giocai al solito malissimo.

E vedi come scado subito nel canagliesco caro ricordo del fiore della gioventù, abbracciato alla S., ballando felice Teenage Riot suonata da Lee e Thurston, che potevo finalmente vedere grazie ai soldi che avevo tirato su montando palchi per gente che non mi piaceva e non stimavo, e con la fierezza del filosofo proletario, che io sì, altro che quel banfone di Wittgenstein e quel posapiano di Spinoza, mi facevo il culo.

E già all'epoca me la raccontavo più o meno così, perché insomma stare a piangermi addosso per non avere "un cazzo di futuro" mi pareva brutto (a lato, non sono mai stato intraprendente e ho sempre avuto -diciamo così- un'interfaccia a riga di comando, quindi non mi sento, nel mio caso singolo, di dare soverchie colpe a questa sozza società).

E andava bene tutto. Lavorare a prestazione occasionale per settemila lire all'ora bene, ma in nero per un deca del 1999 o cinque euro del 2002 molto meglio. Anche se poi quando facevi 13, 15 ore di fila si andava di forfettario, comunque un'ottantamila le tiravi su. Col "sudore della fronte" e la "fatica vera", quella di schiena (che al terzo giorno di lavoro il tuo corpo ha già imparato che deve andare con un passo diverso, e non staccare di brutta i paesi, e sempre sollevare le casse piegando la schiena e caricando dalle ginocchia, se no te la fotti subito e per sempre).

Lavorando per gente che non sapevi manco chi era, il più delle volte, e che di te non sapeva e non voleva sapere niente, se non che avevi appunto una "bella schiena" da sfruttare. E ci metto dentro anche a quelli della cosiddetta cooperativa che ci trovava la maggior parte dei lavori e con cui "dividevamo" (come se poi quelli dell'organizzazione esterna non ci venissero a dire, tutti incazzati, quanto ci pagavano all'ora per davvero, quando "facevamo i lavativi").

E non solo andava bene ma era senso comune, necessità condivisa e approvata da tutti, il non prendere mai una precauzione vera, lanciarsi le casse pesantissime come se si fosse a una battaglia di cuscini, salire sulle "americane" a dieci metri senza uno straccio di gancio salvavita e tutto il resto. Se no, seriamente, quante ore ci sarebbero volute per scaricare i camion, portare la roba sul campo, montare il palco, e poi fare il soundcheck e la prova della Protezione Civile (che arrivavano coi caschetti a fare i minchioni, giudicando strutture di cui quasi sempre non comprendevano nulla). Alle 21.30 puntuali concerto, mi raccomando.

E non avevi paura, perché "hai vent'anni" e credi che nulla di davvero grave possa accaderti. E poi ho visto Marchino volare via da una tribuna alta cinque metri e atterrare illeso. Che certo manco l'angelo custode delle immagini devote di mia nonna avrebbe saputo far meglio, ma ci eravamo andati proprio vicino alla "disgrazia". E poi una sera, smontando Ramazzotti schivo per puro caso una cassa che mi sta per tranciare la testa. Da quel giorno ho iniziato ad avere una paura folle soprattutto dello smontare, magari all'una di notte, tirando fino alle tre, tutti stanchi e cotti per una giornata iniziata alle otto di mattina e con solo la pausa del concerto passata a mangiare gelato (io e gli altri) e farsi le canne (gli altri, io niente, molto vegano all'epoca).

E così capita che un ragazzetto di 19 anni fa cadere la cassa dall'alto e tu ti salvi senza ragione. O muori, sempre senza ragione. Dalla settimana dopo ho cercato con maggiore impegno altri lavori, perché a montare palchi così, come ultimo anello, non è davvero il caso, e ho convinto Marchino (anzi si era già convinto da solo) a leccare il culo a quelli della LEM per imparare un mestiere vero, non da "bella schiena", e poter poi rimanere "nell'ambiente" in "forma professionale", se proprio ci teneva. Ho abbandonato pure la retorica infine confortante del filosofo proletario che torna a casa con il mal di schiena e legge in tedesco Sein und Zeit, perché ho compreso che nella migliore delle ipotesi mi sarebbe rimasto solo il mal di schiena. E nella peggiore un buco in testa, fatto da un'americana che scivola dal camion, o da uno stronzo che per la fretta lancia e fa cappottare un'enorme cassa con le ruote, o da un povero pirla che sino al giorno prima stava su Chimica Organica e ora ha in mano un martello che gli parte all'indietro.

E naturalmente a quanti io ho fatto rischiare la vita non lo voglio ricordare. Ci è sempre andata bene, per culo molto più che per riflessi pronti, e mai per protezioni, intese come attrezzature materiali e tutele legali. Perché di quelle se ne parla, fingendo o avendo almeno un minimo di serietà e partecipazione, appunto solo a giovane morto.

[Vedi Avere vent'anni e morire per l'economia dell'evento di Roberto Ciccarelli su La Furia dei Cervelli]

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