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Dov’è la musica indie?

Pop porno-pop porno porno porno. Simona Ventura ha ormai sdoganato un gruppo che fino a qualche tempo fa navigava nell’immenso mondo dell’indie, o underground o come volete chiamarlo, nostrano. Il Genio fa del pop raffinato, molto poco mainstream (tanto è vero che se la Ventura si è innamorata del pezzo è solo per quel ritornello sospirato da Alessandra Contini, la cantante del gruppo), che nelle sonorità ricordano un po’ i Baustelle, ma spingendosi maggiormente verso una dimensione eterea.
Lo sdoganamento dell’indie. Quando un gruppo cosiddetto indie (ovvero che si rifà al panorama delle etichette indipendenti, che ha un approccio alla musica meno mainstream, più self made, dove la sperimentazione è ancora una parola che ha un senso) riesce a rompere gli argini e arrivare a un pubblico diverso da quello dei piccoli locali fumosi, sudati, spesso di periferia (anche se si trovano al centro delle città più grandi)?
Qualche mese fa un importante giornalista musicale italiano, in seguito al concerto del primo maggio, faceva una riflessione sull’importanza di questo concerto che dà voce nazionale a questi gruppi, sulle colpe delle radio italiane che passano poco questa musica essendo legate all’obbligo delle playlist, di quei pezzi che le major devono pubblicizzare. Solo che lo faceva citando i soliti nomi che si fanno quando si parla di indie: Afterhours, Marlene Kuntz, Caparezza, Baustelle, ovvero gruppi che ormai anche il più assiduo frequentatore di sonorità techno, house discotecare, conosce anche per sentito dire. Nulla togliendo a questi gruppi che hanno fatto la storia di questa musica, gli After e i Marlene prima dei Baustelle che solo dal loro terzo disco “La Malavita” e da un singolo che parlava di un suicidio (e ancora ci si domanda come abbiano fatto) sono entrati in heavy rotation sulle radio, ci aspetteremo che il suddetto giornalista musicale importante e competente, e non scherzo!, ci aiutasse maggiormente a entrare nel mondo della musica alternativa (dove per alternativa si potrebbe anche semplicemente intendere qualcosa di diverso dai vari Ramazzotti, Antonacci, Pausini et similia, e non estrema e complicata) potendo servirsi di uno dei maggiori quotidiani italiani.
Insomma, nessuno nasconde la difficoltà di orientamento nel mare magnum dei gruppi indie italiani, di quelli che nascono quotidianamente e che ormai myspace, per dirne uno, rende fruibili a tutti, ma questo sporco lavoro un giornalista musicale dovrebbe anche farlo.
Sarebbe più bello leggerne su un nazionale piuttosto che su un blog personale che raggiunge meno persone e soprattutto persone che già sono orientate verso un determinato tipo di musica.
Quando sulle pagine dello stesso quotidiano nazionale lessi di un gruppo inglese (i Tunng, per la precisione) che non conoscevo e che mi procurai, rimasi basito, e ringraziai per la scoperta. Non si può stare appresso a tutto quello che esce, ma di contro si può cercare di saperne quanto più possibile.
La cosa “curiosa” è che in questo strano e impervio mondo della musica alternativa, che raggruppa tanti e diversi generi, dal rock al pop, dall’hip hop alla elettro, dal folk al blues e dal mescolamento di tutti questi generi, che tanto spaventa, ci sono gruppi che, sono sicuro, farebbero impallidire quello che ci viene spacciato per pop e rock italiano, e che soprattutto, rientrerebbe nei gusti di tanti ragazzi che credono che quello che passano i canali musicali in chiaro, sia l’unica musica ascoltabile.
“Oggi la stragrande maggioranza dei prodotti culturali non è di massa: viviamo in un mondo di infinite nicchie e sottogeneri. Il mainstream generalista e "nazionalpopolare" è meno importante di quanto fosse un tempo, e continuerà a ridimensionarsi”, così dicono i Wu Ming nella prefazione a “Culture Convergenti”, uno dei più importanti libri su Internet e sulle nuove tecnologie di comunicazione; libro di Henry Jenkins, professore al MIT.
Anche le major, che tutto sono fuorché stupide, infatti, nel frattempo si adeguano e mettono sotto contratto alcuni di questi gruppi, dopo, però, che questi hanno già riscosso grande successo nel mondo della rete.
Penso a un gruppo come gli Amari, che ora sono distribuiti e licenziati dalla Warner, ma che fino a qualche mese fa faceva tutto con le proprie forze, e con la loro etichetta, la Riotmaker, o Le Strisce gruppo napoletano che uscirà (forse!) con un album per la EMI, la stessa che ha pubblicato Pianissimo Fortissimo dei Perturbazione, giusto per fare un paio di nomi; non possiamo non citare Bugo (Universal; e questi sono i misteri delle major), se vogliamo parlare di cantautore, uno di quelli che non conosce mezze misure. Amato o odiato. Non esiste un “mmm, così così”. C’è chi lo definisce un genio e chi un cialtrone, sicuramente un ottimo musicista, con alti e, ovvi, bassi. Da ascoltare, comunque. The Niro è diventato un caso poco tempo fa, con un album che strizza l’occhio a Nick Drake e Jeff Buckley, e classico esempio di passaggio da MySpace a Major (Universal). E perché nascondere i Verdena, gruppo capace, col grunge agli esordi, con un aggiunta ora di psichedelica (ma Valvonauta ha segnato un periodo), di mantenersi e rinnovarsi (in bene o in male, dipende dai gusti) o ancora The Styles che cantano in inglese e dopo l’esperienza su H2O (label digitale di Sony) ha pubblicato in formato classico per Sony/Bmg.
 
La maggior parte di questi gruppi, però, fa da sé, con l’aiuto di etichette indipendenti, e ci riesce anche bene.
 
Ci sono i fratelli maggiori, quelli che già da qualche anno fanno tendenza, e, insomma, a cui qualche gruppo più giovane si ispira; ne sono un esempio i Giardini di Mirò, veterani del post-rock, ispirati dai Mogwai, per intenderci, a cui da un anno si è aggiunto il lavoro solista di Nuccini (per la 2nd rec.), voce e chitarra del gruppo, uscito l’anno scorso; se vi piacciono ascoltate anche Gatto ciliegia contro il grande freddo (fratelli minori). Ci sono i campani A Toys Orchestra, esempio lampante di quello che si intende per sonorità indie (in Italia), della scuderia Urtovox (di cui fanno parte anche i Les Fauves che fanno dell’ottimo punk rock), piuttosto che i Jennifer Gentle, pubblicati da una delle etichette storiche indie internazionali, la SubPop di Seattle, che diede i natali a quello che sarà definito grunge, e che fu la label dei Nirvana e dei Soundgarden. Il gruppo (che nel tempo è cambiato, col solo Marco Fasolo della line-up originale) si autodefinisce di rock psichedelico. Sempre sperimentali gli Yuppie Flu (Homesleep Music), mentre psichedelici è dir poco se si parla di un’altra creatura della Homesleep music, i Julie’s Haircut.
Se ci sono fratelli maggiori, ovviamente in famiglia ci sono anche quelli minori, a volte più maleducati, in perenne competizione e a volte più fantasiosi.
 
C’è il pop: i Numero6, ad esempio, sono usciti da qualche mese con l’ep Quando arriva la gente si sente meglio e stanno lavorando su un nuovo album. Fanno un pop accattivante e più “classico” e hanno collaborato con uno dei padri dell’indie mondiale, Bonnie “Prince” Billie (nome d’arte dietro cui si cela Will Oldham), oltre che con lo scrittore Enrico Brizzi.
Ci sono gli Ex-Otago, sempre della scuderia Riotmaker, artefici di un pop che ricorda più i ’70, le lambrette e la riviera romagnola, usciti alla ribalta per la cover di “The Rhythm of the night”, e vanno a braccetto con Fitness Forever, in uscita con una della più importanti indie label spagnole, la Elephant, e che ha come maestri i Righeira e le colonne sonore dei telefilm anni ‘70 – ’80, oltre ovviamente il buon indie pop spagnolo, che questa etichetta produce (La casa azul, Serpentina…).
Anche il rock si dispiega nelle varianti più fantasiose.
C’è quello sporco, cantautorato punk à la CCCP, de Le luci della centrale elettrica, che poi è solo uno, Vasco Brondi (edito da La Tempesta, etichetta dietro cui si nascondono i Tre allegri ragazzi morti), che ormai è in fase di ascesa grazie all’album Canzoni da spiaggia deturpate, con un Premio Tenco e uno come rivelazione del 2008 al Mei (Meeting delle etichette indipendenti) in cascina.
Più politici sono gli Offlaga Disco Pax, che hanno ottenuto un successo incredibile (ovviamente tutto è proporzionato) con Socialismo tascabile, seguito da Bachelite, entrambi per Santeria e autodefinitisi “collettivo neosensibilista contrario alla democrazia nei sentimenti”.
C’è quello che mescola il folk e il punk degli Zen Circus usciti quest’anno con un bell’album “Villa Inferno” per Unhip, assieme a Brian Ritchie, leader dei mai troppo rimpianti Violent Femmes. Album veramente di spessore per un gruppo che qui da noi ha raccolto meno di quanto meriterebbe.
C’è il rock più duro, quello hard rock, post punk del Teatro degli Orrori (La Tempesta), nati dall’unione di alcuni componenti delle storiche band Super Elastic Bubble Plastic e One Dimensional Man, usciti nel 2007 con Dell’impero delle tenebre.
Il folk punk dei Marta sui Tubi con Sushi & Coca per Tamburi Usati, la loro etichetta. Ma sono da ascoltare anche Muscoli e Dei, il loro primo album e C’è gente che deve dormire(in particolare la bella L’abbandono).
C’è poi l’alt folk, quello che si rifà a gruppi come Langhorne Slim, il sempre troppo citato, ma bravissimo, Devendra Banhart, o Wilco, Oldham, Grandaddy ecc. Penso ai Gentlemen’s Agreement in uscita con la Seaside Records, con l’album Let me be a child, o agli Annie’s hall con Cloud Cuckoo Land (Pippola music).
L’elettronica ormai la fa da padrona nel panorama mondiale, e un synth ormai non si nega più a nessuno. Anche qui da noi, infatti, non manca. Ci sono ottimi esempi di elettronica che ben si sposa di volta in volta a sonorità più morbide, o con quelle un po’ più rock&roll.
Penso agli Atari, premiati al MEI come rivelazione indie pop, usciti l’anno scorso con Sexy games for happy families che uniscono i synth ai Beatles, Beck all’elettronica da ballare, e a gente come Don Turbolento, che usa solo synth, batteria e voce e che se vi piace il genere è assolutamente da non perdere.
 
Questa panoramica non vuole essere esaustiva, sarebbe da pazzi pensarlo e sarebbe impossibile, comunque. Mentre si scrive altri 500 gruppi staranno pensando un riff, una strofa, staranno registrando, staranno per essere considerati da una penna di Rolling Stone, Blow Up, pitchfork, Mojo, NME, etc, o molto più semplicemente li ho dimenticati, non importa se volontariamente o no, o semplicemente non li conosco, perché non si può conoscere tutto. E sicuramente avrò dimenticato gruppi fondamentali, o più semplicemente non li ritenevo idonei al discorso. Non c’è metal, non c’è hip hop, non c’è dance, non ci sono tanti gruppi che mi piacciono, perché, o come sopra non idonei, o perché entrerei in conflitto d’interessi, ma alcuni ci sono, perché fanculo al conflitto, sono bravi. È un articolo che prevede un aggiornamento continuo, e non sarebbe male farlo quest’aggiornamento. È semplicemente un articolo che vuole dar voce a un movimento in continua espansione, fervido di idee (e di cazzate come in tutti i movimenti), di ottimi artisti che sfonderanno e di altri che ci rimarranno solo nel nostro cuore. Ma anche questa è passione.
 
 
 

Commenti all'articolo

  • Di cafenoir (---.---.---.148) 17 novembre 2008 16:56

    Caro Francesco, hai ragione in ultima battuta, anche se i gruppi che hai citato non sono esattamente sconosciuti, sebbene molti di talento come i Marta sui Tubi che non è il mio genere ma sono delle brave persone e suonano da dio. La domanda è giusta, ma nel contesto sbagliato, c’è eccome e io me ne sono accorta andando a concerti di almeno una ventina di gruppi indie nella mia città e non solo...
    Il problema di base è che aumenta la gente che vuole scoprire i gruppi, ma si accontenta poi di quello che passa per radio o sulla tristemente nota mtv. Certo non tutto è da buttare quello che è un po’ più conosciuto, ti cito i Ministri ad esempio che io ho scoperto in tempi non sospetti e che ho adorato. Potrei fare milleduecento nomi di gruppi che nessuno conosce davvero validi (e ho iniziato con l’inferno di orfeo apposta la scorsa settimana) nell’interland torinese e non. Purtroppo il discorso è sempre lostesso, quello delle etichette e dei gruppi. Lì purtroppo quasi nulla si può fare.
    Lo spunto che dai mi piace, quando però leggo che Il Genio fa del pop raffinato mi viene un po’ da ridere... soprattutto dopo aver letto l’intervista riportata su Agoravox in cui l’atteggiamento sfoggiato non è dei migliori... io sono una di quelle che se si accorge che uno morde la mano che gli da da mangiare smette di provare anche a pensare di farlo. Quindi sarebbe bello scoprire i gruppi che davvero ci mettono l’anima nel suonare, in ogni città e si ricordano ancora perchè lo fanno. Io sicuramente continuerò a farlo nella mia.

    Ottimi gusti comunque.

    Saluti :)

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 17 novembre 2008 17:19
      Francesco Raiola

      Ciao Cafenoir, grazie per i complimenti ai gusti...beh il discorso voleva soltanto, prendendo spunto da un articolo di un noto giornalista nazionale, parlare di indie. Poi è normale che tra questi ci siano gruppi conosciuti e molto (anche se, ovviamente ci riferiamo a chi è appassionato di indie o comunque di chi perde tempo tra siti e sitarelli, che non sono tantissimi). Le luci ora è conosciutissimo, come Il teatro, ma gente come gli Annie’s, Genlemen’s, o Fitness Forever, lo sono un po’ meno, o almeno lo sono in questa forma e in generale (Fitness forever ad esempio è un progetto ideato da un ragazzo abbastanza conosciuto "nel giro" - che brutto termine, ma si fa per capirsi -, con un singolo Emi e progetti alle spalle - The Preachers e Valderrama 5, per citarne un paio). Io mi guardo intorno (anche tra tanti miei amici) e vedo poca gente che, come dici tu, cerca musica al di fuori dei canali. Chissà che leggendo qui e cercandoli non scopra qualcosa che gli possa piacere. I gruppi bravi (e ci siamo limitati all’Italia), comunque, sono infiniti e ogni giorno ne esce uno nuovo. Sul fatto, poi, che indipendente non significa "bravi" e che conosciuti non significa schifezza, siamo d’accordo, ma spero che questa cosa sia abbastanza assodata (a me i Baustelle piacciono, per dirla en passant). Comunque era giusto uno spunto, un cercare di mettere almeno una virgola nell’immenso calderone musicale (immenso per chi? :))
      E sul Genio perdonami, ammetto l’errore, il pezzo è stato scritto in più momenti e in questo momento ammetto la defaiance (rimane il fatto che non erano, diciamo, conosciuti, e che gran parte del successo è merito della Ventura).
      Ciao
      PS e i tuoi gusti però?

    • Di cafenoir (---.---.---.148) 17 novembre 2008 20:33

      Io chiaramente mi limito alla zona piemontese ma la gente ai concerti ci va, di gente che suona principalmente indie e non ha nomi famosi... la voglia di ricerca credimi c’è, ma in molti casi prevale l’accidia nel cercarli...quindi non da tutte le parti succede la stessa cosa insomma. Su Il Genio non era un commento relativo all’essere famosi, siamo in discordanza sul definirli "raffinati" forse il mio concetto di raffinato è decisamente diverso... de gustibus (appunto) ora ne parliamo...Vediamo: chiaramente il rock anni settanta se parliamo di tempi d’oro I Led Zeppelin, i Rush uhm i soliti Pink Floyd, i King Crimson. Negli anni ottanta direi il filone che segue i Kraftwerk, l’elettronica di qualità soprattutto nell’ambito tedesco e belga (I De/Vision ad esempio) e anche inglese. Non continuo con il resto, più o meno... ah negli anni settanta ci metto anche il Bowie dell’epoca Ziggy. Se parliamo di Italia recente (scartando Battiato che è un must) amavo i primi Baustelle, poi l’ultimo disco è una noia, i Ministri non mi dispiacciono,gli Afterhours vecchia gloria l’ultimo album non mi garba... e poi visto che recensisco ho un sacco di demo dei miei amici con cui mi fo compagnia, io sono un macello con gli artisti, a parte quelli classici non seguo tanto per farlo... ci sono album che non sopporto e gruppi che mi piace ascoltare dipendentemente dalla produzione.
      Sono un misto, in genere mi piace la sperimentazione ma anche il classico se è di qualità... forse è per quello che giro come una scema per cercare sempre cose nuove. L’esempio lampante sono i Coldplay, mai piaciuti... invece l’ultimo album è un gran lavoro... sarà Brian Eno? si probabilissimo :)

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 18 novembre 2008 09:47
      Francesco Raiola

      Beh, si le zone fanno tanto. In Campania si chiede sempre tanta musica, ma ai concerti vanno pochissime persone (diciamo che parlo per esperienza diretta) e sempre le stesse, ma vabbè...Per quanto riguarda l’accidia, beh, quello è, secondo me, un limite grave. Se mi piace la musica la cerco, esploro, non mi accontento di quello che conosco, altrimenti, beh non piace abbastanza da...Ma posso sinceramente sbagliarmi eh! Con i gusti ci troviamo, più o meno. Come prog preferivo i Van der graaf, negli ’80 il post punk e la new wave, Joy Division, Gang of Four, l’elettronica qualcosina. Su Led Zeppelin, Pink Floyd, Bowie, non si può non essere d’accordo. Battiato non mi fa impazzire, e degli After anche io non ho amato tutto...ora col tempo che passa sto virando anche verso sonorità più pop (ahhhhhhh!!! Orrore! :)) e verso indie folk e simili, ma in generale non preferisco UN tipo di musica, vado dagli Showmen, agli Who, da Tom Waits agli Ex Otago fino all’ultimo ep che arriva del gruppo misconosciuto (come hai detto tu)...
      Credo che comunque fare nomi sia solo un bene. Può darsi che si scoccia di ricercare nomi nuovi si appoggi a quelli che abbiamo fatto (faremo) qui. Grazie per la chiacchierata.

  • Di voxpopuli (---.---.---.64) 18 novembre 2008 09:33

    cafenoir redattrice!!!

  • Di (---.---.---.140) 18 novembre 2008 14:07

    Caro Francesco, un commento al tuo articolo. A parte che a me non risulta che Indie sia sinonimo di underground. Suonare in etichette indipendenti o comunque far parte di una scena underground non vuol dire essere indie. Underground è un concetto generale che si usa in tutte la arti (in principal modo alla musica elettronica comunque). Indie é più un sottogenere del rock. Questo commento é di ordine più tecnico ma che rende il tuo discorso sbagliato rispetto a quello a cui si riferisce.
    Riguardo ai gruppi e al discorso che tu fai dopo ci sarebbe molto da dire. Comunque quello che ti dico, in quanto vivo e sento miei i discorsi che fai, é questo.
    L’indie rock per me ma per moltissime persone che conosco oltre a essere la musica più facile da suonare, é il genere che sta rovinando completamente la scena musicale italiana. C’è un piattume musicale non indifferente. Come puoi pretendere che con tutta la musica oggi prodotta si possa sostenere un genere che sforna dieci band al giorno, tutte uguali e prive di personalità? Ovvio c’è chi sa suonare, ma dove sono finiti i 99 Posse , gli almamegretta, i CSI odierni? Chi ha coraggio di far qualcosa di diverso di un rock sbilenco, un po’ stonato, non ridondante? Che in Italia non ci sia un sostegno alle band emergenti é un dato di fatto, ma la nostra cultura musicale non é proprio di qualità, sebbene ci siano band forti e originali. 
    Siamo in un’epoca in cui é difficile essere originali, in tutti gli ambiti artistici, ma il boom che in Italia ha avuto l’Indie dimostra che ormai é un genere alternativo, ma commerciale. I concorsi e i festival che ci sono in Italia continuano a proporre e a far vincere band Indie. Parlo a nome di molte persone che sosterranno questa idee. Purtroppo non penso che le band Indie si meritino molta considerazione.
    Ah, i Marta sui Tubi sono eccezionali...
    E ricorda, Indie non vuol dire underground....smiley

    • Di (---.---.---.140) 18 novembre 2008 14:21

      Ah effettivamente hai anche ragione tu riguardo al termine Indie. Ho scoperto il vero significato della parola. Cio’ non toglie, che nella lingua parlata, e nel linguaggio dei media, Indie in Italia é un genere specifico di musica rock. E da quello che vedo anche in Europa.

    • Di cafenoir (---.---.---.203) 18 novembre 2008 14:51

      Dipende dalle band, l’indie non è sinonimo di "sempre la stessa roba" comunque. Il concetto di racchiuderle tutte in una categoria è fuorviante perchè gli spunti originali si trovano, il vero discorso è questo. Invece di aspettare che passino su tv nazionale le band originali... impariamo ad andarcele a cercare ragazzi, perchè ce ne sono. Ci metto non una ma due mani sul fuoco...

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 18 novembre 2008 15:08
      Francesco Raiola

      Beh insomma sul termine indie si discute tanto, quello che ho inteso con indie, io e solo io, l’ho scritto nel pezzo, tra le parentesi. Che col termine indie si tenda a generalizzare e ad associarlo al rock, è vero, ma è una tendenza e il fatto "che nella lingua parlata, e nel linguaggio dei media", si usi, beh è una di quelle cose che volevo combattere con questo articoletto, era proprio il succo del discorso, insomma. Io parto dal fatto che etichettare è utile solo per dare un riferimento generale, ma nella sostanza vale quanto il due di picche, il mio discorso andava oltre l’etichettatura, ma forse non sono riuscito a dare l’idea e mi spiace.
      Il pezzo è fallace dal principio e l’ho dichiarato in chiusura, ma era un tentativo di far capire che con indie, o alternativo o underground, insomma, non si possono racchiudere sempre le stesse cose, e non può/potrebbe farlo un giornalista nazionale che è esperto di musica (e lo è!).
      Sul fatto che oggi è tutto uguale, fa tutto schifo, beh questo lo trovo un discorso un po’ superficiale. Ho variato tra i gruppi (nel genere) proprio per dimostrare il contrario, ovvero che c’è molto fermento, ma bisogna perdere tempo, sporcarsi le mani e le orecchie, correre il rischio di ascoltare schifezze per arrivare a qualcosa di buono. è un rischio che io voglio correre.
      Tra l’altro nel mondo non mi sembra che si vada tanto meglio, che l’originalità la faccia da padrona, ma dei gruppi buoni ci sono, e non sono neanche pochi.
      Poi l’originalità, la ricerca dell’originalità a tutti i costi. io un gruppo lo ascolto anche se mi ricorda i Beatles, se si rifà ai Joy Division, basta che mi piaccia. Cosa vuol dire originale? Cosa intendi?
      I nuovi 99 o Alma non ci saranno più (per fortuna, perché, e ora ci vuole, ci bastano gli originali), un altro Sanacore non uscirà, ma usciranno ed escono tante cose buone. Cerchiamo di essere meno distruttivi.
      Nel frattempo anche all’estero cominciano a guardarci.
      Brian Ritchie dei Violente Femmes ha pubblicato un album con gli Zen Circus, Bonnie Prince Billy (all’epoca Will Oldham) ha collaborato con i Numero 6, abbiamo gruppi pubblicati da importanti case discografiche straniere e a gennaio uscirà l’album di un ragazzo napoletano con un’importante etichetta indipendente spagnola (la Elefant).
      Credimi sono il primo critico di quello che succede in Italia, ma a volte è bene anche guardare il bichiere mezzo pieno.
      Grazie per i commenti, comunque e la discussione.

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 18 novembre 2008 15:09
      Francesco Raiola

      L’ho letto ora e come ho scritto...concordo in pieno

    • Di DD (---.---.---.140) 18 novembre 2008 15:58

      Mi dispiace che anch’io sia stato frainteso. Non ho detto che fa tutto schifo. Ho detto che, riguardo all’Indie Italiano e alla sua accezione "etichettata" c’è un piattume. E parlo a nome di tutte quelle persone che conosco che hanno una cultura rock (nel senso che non ascoltano molta elettronica) che non ne possono più di queste band Indie tutte uguali che hanno invaso il mercato alternativo italiano.
      Personalmente io l’underground lo vado a cercare in altre parti, nelle etichette indipendenti, di nicchia, nel funk (cazzo quanto manca in Italia il funk), nel jazz, nell’elettronica e in tutti quei new groove che questi anni ci possono offrire.Sicuramente no in Italia ma questo é un altro discorso. Anche li’ c’è tanta ridondanza ma anche tanta roba buona.
      Non ho capito cosa volevi combattere? La generalizzazione che c’é nelle riviste riguardo al genere? Etichettare le cose serve solo a dare un idea. Hai ragione é sbagliato, infatti tutto é fuso ormai. I gruppi che hai detto possono essere rock con varie sfumature, psichedelia, pop, grunge, elettronica, ma su questo siamo d’accordo. Io dicevo che sostenere le band Indie (come genere musicale) per me é riduttivo con tutti i generi che oggi ci sono. Forse era quello che intendevi tu, intendendo l’Indie come underground in generale, ma i gruppi che hai nominato fanno parte del mondo Indie come genere a sé, non all’underground in generale.

      PS: Cafenoir mi ha riconosciuto, forse mi odia un po’ perché sono un po’ disfattista, ma cafenoir? Hai letto che ti ho chiesto scusa sull’articolo di obama?

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 18 novembre 2008 16:14
      Francesco Raiola

      Caro DD, meno male che ci sono idee così contrastanti, altrimenti sai che noia? Scusa se ho frainteso, e comunque, credimi, non voglio e soprattutto non posso combattere nulla...
      Comunque sì, mi riferivo all’indie in generale, e come ho detto sicuramente avrò tralasciato una marea di gruppi (ad es. se vai sul funk, ascolta, se non l’hai già fatto, i Calibro 35 - cover d’autore :);: anche se è vero che manchiamo in alcuni generi).
      Ripeto, il concetto di indie è molto fallace, ma non credo che i Gerntlemen’s agreement si possano definire dello stesso genere del Teatro degli Orrori o dei Fitness Forever o di Don Turbolento. Ho provato a spiegarlo, ma ho anche detto che una certa linea (come dici tu) ho provato a seguirla; non ho seguito il jazz, il funk, "non c’è metal, non c’è hip hop, non c’è dance, non ci sono tanti gruppi che mi piacciono".
      Non potevo prendere in considerazione tutto l’alternativo (forse rende meglio l’idea) che c’è in Italia, ma tu potresti aiutarmi e postare un pezzo sul’alternativo che ti piace (se ne hai tempo e voglia).
      Sulle questioni tra te e cafenoir...beh io non ci metto bocca :)
      ciao

    • Di DD (---.---.---.140) 19 novembre 2008 12:33

      Mi piacerebbe fare un articolo sull’alternetivo, ma quello che a me interessa di più é parlare di ambienti musicali più che di musica. Nonostante l’uomo continui a produrre musica molto interessante, quello che oggi é il problema principale a mio parere é la mancanza di un autentico e sano ambiente che gravita intorno ad essa. Ci sono delle eccezioni, ma sono isolate. Quando vado a un concerto non respiro più lo spirito che sentivo otto dieci anni fa e ti giuro che non é una questione di età. Penso che sia tutto legato al periodo storico che viviamo, alle nostre crisi esistenziali, al Potere che vuole ostacolare sempre di più l’ambiente underground, o ancora peggio renderlo privo delle caratteristiche che esso possiede. Conosco poche persone come me, che possono andare a un concerto jazz come in discoteca e spendere trenta euro per entrare (musica di primissima qualità ovviamente), che possono andare in un centro sociale come a un rave, a teatro come all’opera. Vivo tutto molto spensieratamente e apprezzo di ogni ambiente quello che c’é da apprezzare. Potrei essere l’esempio perfetto di questa uniformità che sta investendo il mondo su tutti i settori ma non é cosi’. A me piace far festa e godere della musica. Sono pazzo per la musica.
      Penso che molte persone si lamentano e fanno lo stesso discorso mio ma alla fine non fanno niente perché non hanno voglia di fare. Perché stanno a casa, non per altro.
      In questo momento sto lavorando a Parigi ed é appena uscito un sondaggio che fa capire bene, anche perché me l’hanno detto in tanti (i sondaggi sai sono molto discutibili), come perfino qui in una grande città ci sia questa crisi. Nonostante abbiano di tutto e di più si lamentano. Dicono che c’è uniformità, disinteresse per la musica da parte del pubblico. Addirittura un 47 per cento dice il sabato sera è il momento di stare a casa davanti alla tv. Per me é aberrante questa cosa. Il Potere ci vuole come persone mansuete che stanno davanti alla tv e la domenica pomeriggio vanno al centro commerciale. Una volta non era cosi’, tutti uscivano, era una questione culturale ed esistenziale. Adesso si conoscono tante persone, c’é facebook e tante altre cose, ma quando si passano dei veri momenti di festa, quelli che ti ricorderai per tutta la vita con queta persone? Fare festa non é una cosa banale, é energia positiva che si sprigiona nell’aria.
      Le stesse persone che dicono di essere alternative hanno dei pregiudizi nei confronti degli ambienti che non frequentano che trovo deprimenti.
      Per me tutto l’underground va salvaguardato ormai, é un dovere frequentare questi posti dove alcune regole non vengono considerate.
      Forse anche questo in Italia é cambiato. Una scena musicale come l’abbiamo avuta a fine anni novanta non c’é più. Hanno distrutto questa scena, hanno chiuso locali o centri sociali bellissimi dove anche nelle province più piccole italiane si poteva percepire questa scena.
      La musica non va solo ascoltata, va anche vissuta.
      Saluti

      Ah cafe noir. Se scrivo articoletti sono Dave Deep ( mi nascondo sai quando faccio i commenti, se no dopo le persone non leggono più i miei articolettismiley

    • Di Francesco Raiola (---.---.---.123) 19 novembre 2008 14:29
      Francesco Raiola

      Beh se tocchiamo il tasto ambiente musicale non se ne esce più...
      E comunque hai perfettamente ragione. Non so parigi, io ci vivo da pochi giorni, ma posso dirti per certo che fare peggio di napoli è difficile. Parlo di pubblico e di approccio del pubblico ai concerti, non tanto di operatori. A Napoli si è cercato di fare un certo lavoro, soprattutto per portare artisti che non fossero i soliti noti, ma i risultati sono veramente altalenanti. Abbiamo un grosso festival come il Neapolis dove quest’anno c’erano i Rem, gli Editors, i Soulwax, i Massive, Alma con Raiz.... eppure poteva esserci molto piùpubblico; se lo stesso cast ci fosse stato a Milano sarebbe stato diverso. Ricordo concerti interessanti con pochissime persone, e concerti di personaggi così così, stracolmi. Sembra che si possano fare solo i grandi nomi (e a volte manco quelli; ultimamente sono stati cancellati diversi spettacoli musicali e non per mancanza di vendite in prevendita), fortunatamente c’è gente che continua a organizzare concerti con passione (e qui mi fermo perché potrebbero cominciare i conflitti di interesse :)) e uno zoccolo duro di ragazzi che continuano a seguire imperterriti quello che succede. Chissà che in futuro...
      Salut
      Fra

    • Di Rosa (---.---.---.230) 23 novembre 2008 15:38

      ecco, non potevo astenermi da intervenire.
      Avrei così tante cose da dire, Francesco lo sa, ma voglio solo spendere due parole per i live.
      Io lavoro in una realtà molto piccola (avellino) dove con un altro ragazzo abbiamo messo su una sorta di agenzia di intrattenimento. organizziamo serate anche tre alla settimana e selezioniamo per lo piu gruppi indie italiani (so che il termine indie è vago e fa rabbrividire). Come leggevo da altri commenti, molti si lamentano, perchè spesso il panorama indie appare un pò ripetitivo e per così dire "moscetto"... (in effetti anche io fino a qualche anno fa ero del tutto riluttante a questi suoni così dolcemente pop) però per fortuna l’indie italiano è molto più ricco di quanto si possa pensare: si va dal gruppo post-rock, all’elettronico, al pop... Quello che si può fare per questi gruppi emergenti è sostenerli e dare visibilità, anche se spesso non si incontra il consenso del pubblico e si è soggetti a critiche... per fortuna però accanto alle critiche c’è anche chi apprezza. Proprio ieri sono stata fermata da un ragazzo che mi ringraziava per aver scritto alcuni articoli ed avergli fatto conoscere delle band che ovviamente ignorava. Il passaparola è la chiave del successo. Detto questo in campania è molto difficile lavorare. Ieri mi sono sentita chiedere: Ma scusa non è meglio un bel gruppo cover tipo dei Pink Floyd? Sicuramente il pubblico apprezzerebbe di più il poter canticchiare al seguito del front man "we’re just two lost souls swimming in a fish bowl..." però bisogna un pò forzare la mano e cercare di ampliare un pò il range musicale. Educare il pubblico non è una subdola deviazione da manie dittatoriali, ma una speranza. Dopo un anno di concerti (dove hanno suonato Gentleman’s agreement, annie hall, Kobenhavn store, il moro e il quasi biondo, farmer sea, amour fou, chewingum e tanti altri...) vedo i ragazzi un pò più coinvolti. Quando vengono ai live, mi chiedono informazioni sul gruppo, buttano l’occhio al merchandising, acquistano ciddì... insomma l’interesse a scoprire nuovi suoni c’è... è tutto nel stimolarlo e proporre sempre nomi emergenti ma non per questo meno validi!!!
      Ne approfitto per fare marchetta.. a tutti i campani www.myspace.com/self_e c’è il calendario degli eventi ad avellino per i prossimi mesi
      Buona domenica
      Ps: Non so se avete visto la settimana scorsa Simona Ventura e Rossano(il marito di Ivana Trump) cantare stile karaoke Pop Porno... ha un pò turbato il mio riposo pomeridiano.

  • Di cafenoir (---.---.---.203) 18 novembre 2008 16:37

    No, non avevo capito che eri tu in effetti... ma non è un male eh, non porto rancore...che poi non ho letto le tue scuse, ora mi ci fiondo, ma non era il caso... tentavo solo di riportare la discussione a livello del dialogo, come succede qui, sì si capisce che sei un po’ disfattista, ma non è un male nemmeno quello se si portano degli esempi per migliorare le cose.
    Per parlare dei miei commenti ho risposto così perchè conoscendo un sacco di musicisti ci navigo in questi discorsi da anni... almeno due e per quanto il talento ci sia c’è sempre troppa gente che lo ignora...ogni tanto mi innervosisco anch’io! Francesco io ho capito il senso del tuo discorso, noi due ormai siamo a posto :)

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