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 Home page > Tribuna Libera > “Conca dell’Eremita”: una storia sociale [parte ultima]

“Conca dell’Eremita”: una storia sociale [parte ultima]

[Vedi anche prima, seconda, terza, quarta e quinta parte]

Con l'arrivo del nuovo millennio il tempo era volato per Mario e Lola; la famiglia era cresciuta, due figli erano arrivati, ma le cose nella metà del 2008 erano cambiate in peggio. Il lavoro per lui, ma soprattutto quanto per lei, era diventato sempre più stressante. Mario aveva sperato a lungo di ottenere la cattedra di docente di Lettere nella scuola media di Conca, tuttavia proprio in quell'anno sia le scuole medie locali sia quelle elementari erano state accorpate in un unico edificio, mentre quello delle scuole elementari sarebbe stato presto adibito ad ospizio per la notevole popolazione anziana dell'area; c'era solo rimasta una sezione per scuola, pochissimi alunni del luogo; in altri paesi le strutture scolastiche erano state soppresse per insufficienza numerica, e i pochi ragazzi dei paesini vicini dovevano venire a Conca per seguire le lezioni.

É inutile dire che per gli insegnanti del luogo era diventata una iattura tale situazione. Mario stesso aveva dovuto accontentarsi di una cattedra provvisoria a 130 km di distanza; di conseguenza, alla fine aveva dovuto prendere in affitto, assieme a dei colleghi, una casa in loco e ritornare a Conca solo nei fine settimana. Tale situazione aveva compromesso anche il suo matrimonio. Anche per Lola le cose non avevano preso una bella piega, anzi, dal punto di vista professionale, un vero disastro. Il suo studio commerciale aveva dovuto chiudere i battenti; i pochi studi storici assorbivano quel poco di contabilità che c'era rimasta da fare. Le attività produttive di Conca dal 2005 si erano ulteriormente ridotte di più della metà. Lola, nonostante la sua professionalità, aveva dovuto accontentarsi di un contratto come ragioniera part-time presso un supermercato della zona.

La frustrazione della donna era arrivata a livelli preoccupanti. Non si sentiva affatto aiutata né compresa nelle sue problematiche professionali e familiari da suo marito. D'altronde, pur volendo, il poveretto non poteva esser presente a casa come avrebbe voluto. Lola non riusciva ad accettare il fatto che dopo un' infanzia e una giovinezza alquanto felice e spensierata dovesse vivere una vita di così grande frustrazione. Era molto delusa professionalmente poiché i suoi sacrifici da studentessa erano andati in fumo e si era dovuta ridurre a fare la ragioniera iper-precaria; era frustrata come donna perché il marito la trascurava né era presente nei suoi momenti di sconforto più acuto alla fine della sua giornata ; era preoccupata come madre, poiché non poteva garantire ai figli lo stesso tenore di vita che lei aveva da avuto da bambina e da ragazza, e forse non avrebbe potuto neanche farli studiare come aveva potuto fare lei; senza contare che la scuola locale ormai funzionava malissimo, in molti iscrivevano i propri figli nelle scuole elementari e medie dei paesi vicini, dove potessero essere più seguiti.

Era anche molto triste poiché non poteva permettersi né per lei né per i suoi figli cose che fino a dieci anni prima erano state alla portata di chiunque nella sua famiglia; il trattamento economico della sua vita si era notevolmente ridimensionato. Dunque, dopo qualche tempo, avendo preso coscienza che il suo matrimonio era ormai arrivato alla frutta, tanto aveva fatto che, per dare sfogo alle sue frustrazioni, aveva alla fine ceduto alle avances di un giovane collega di lavoro. Dopotutto era ancora attraente e bella quanto insoddisfatta e desiderosa di affetto e di attenzioni!

E Mario? Era preso dal suo lavoro, dalla sua vita ai margini della famiglia; il poveretto si faceva in quattro per essere presente nella vita di sua moglie e dei suoi figli, ma di più non poteva. Aveva tentato di tutto per avvicinarsi a Conca con il suo lavoro, ma era stato tutto vano. Negli ultimi anni le graduatorie delle scuole vicine si erano intasate per via del personale docente in esubero ed in attesa.

Molte scuole avevano dovuto ridimensionare notevolmente la propria offerta, quando non chiudere completamente. Nel 2010 poi, dulcis in fundo, gli arrivò un'altra mazzata tra capo e collo: Lola aveva chiesto il divorzio. D'altronde, il “tempo delle mele” era finito da un pezzo ormai! Mario aveva dovuto lasciarle la casa, sì proprio quell'appartamento che papà Antonio gli aveva costruito con tanti sacrifici. In più doveva garantirle un assegno di mantenimento mensile per i figli finché avessero raggiunto la maggiore età. Era completamente devastato.

Quando nei fine settimana rientrava a casa, percorrendo la strade desolate del corso con la sua vecchia utilitaria, non riusciva minimamente a cogliere la causa di tutto quel degrado. Il pensiero andava ai pomeriggi, al suo ritorno dal Liceo, quando, scendendo dall'autobus, benché l'ora non fosse delle migliori, c'era sempre qualcuno a quel tempo che incontrandolo per strada, pur preso dalle sue faccende, non gli negava certo un soluto o un sorriso. Ma ora, era così tutto maledettamente diverso! Quando si connetteva a Facebook, quando incrociava i post dei vecchi compaesani, alle volte questi erano delle vere e proprie coltellate: non riusciva a capacitarsi perché tutti se ne fossero andati da Conca dell'eremita abbandonandola al suo destino. Molti di loro, pur essendo di umilissime origini, erano diventati seri professionisti, quando perfino stimati professori universitari o funzionari di una certa responsabilità.

E pure lui quelli lì non se li era mai filati più di tanto. Alcuni si erano pagati perfino gli studi da soli lavorando e studiando contemporaneamente, ma in cuor loro avevano da tempo giurato che a Conca non ci sarebbero mai più tornati. Mario li additava, li incolpava di aver tradito il Sud, di aver abbandonato al suo destino il paesello. Tutto avrebbe potuto esser diverso se loro fossero rimasti. Qualcuno gli aveva anche risposto. “Rimasti? E a far cosa? A continuare forse a far gli schiavi per Mastro 'Ntoni e la sua famiglia di arricchiti spocchiosi, ex mezzadri del Podestà?” Niente, non ne voleva che sapere! In una recente sera di una domenica di primavera, dopo aver portato i figli alla casa che un tempo era stata sua, camminando da solo come un vecchio eremita per le vie desolate di Conca notò come non si sentissero più i cinguettii spensierati delle rondini; perfino quegli uccellini che lui tanto amava avevano disertato per sempre il loro soggiorno al paesello; erano anni che le rondini non nidificavano più a Conca; anche loro l'avevano abbandonata!

Fu allora che, da qualche finestra sulla strada, giunse alle sue orecchie quella vecchia canzone di Raf che diceva Cosa resterà di questi anni 80? ...Al che, il povero Mario, camminando, cercando di canticchiarla, scoppiò a piangere come una madre alla quale fosse morto il piccolo, il pianto gli strozzava la voce, ma nessuno lo ascoltava, e nessuno lo consolava.

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