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Che credibilità hanno?

Sono tempi di crisi e di incertezza. Gli scossoni che fanno tremare le piazze finanziare, fanno presagire il peggio, non si conosce fino a che punto l’instabilità di questi giorni intaccherà l’economia reale degli stati. Ancora non si conosce il numero di persone che perderanno il proprio posto di lavoro, i propri risparmi e le proprie speranze. In questo scenario di instabilità nessuno sembra avere le risposte immediate per uscire dalle secche in cui i governi nazionali si sono cacciati.

Una cosa sembra certa, siamo l’anello debole della catena. Anni ed anni di bassa crescita accompagnata da un aumento costante e progressivo del debito pubblico ci stanno spingendo verso un default pari a quello greco.

In tutto questo il nostro governo appare impotente e lo spettatore di una partita giocata da altri. Berlusconi recita quotidianamente uno stanco mantra il cui succo è: va tutto bene, tutto il possibile è stato fatto, non preoccupatevi, siete in buone mani. Ma viene smentito quotidianamente dai fatti.

L’ unica cura che propone da tre anni a questa parte è un ottimismo di maniera che non ha nessuna prospettiva. Il Cavaliere era stato chiamato a governare per attuare delle riforme radicali non piu’ procrastinabili. Doveva rimodellare le istituzioni e la societa’ italiana.

Se ciò fosse avvenuto la risposta all’incertezza di questi mesi sarebbe statta meno debole e più incisiva.

Ma cosa veramente è stato compiuto in questi anni? Poco o nulla.

La riforma costituzionale, la riforma fiscale, la riforma della giustizia sono i mesti sogni di un Parlamento che si è occupato principalmente di leggi ad personam, dimenticandosi le problematiche del paese reale.

In più nell’Italia del Cavaliere è mancato un serio approccio a politiche di crescita che raccordate con adeguati investimenti alla ricerca avrebbero potuto risollevare il nostro PIL, spingendo l’innovazione e la competitività industriale.

All’azione si è scelto l’immobilismo. Tremonti diceva, in tempo di crisi non si fa la riforma delle pensioni, non si possono abbassare le tasse, non si cambia l’architettura dello Stato, mentre Berlusconi aggiungeva la crescita non si incentiva con politiche stataliste, ma lasciando l’iniziativa agli imprenditori. E’ stato un mix micidiale, stiamo spegnendoci piano piano per inedia.

Manca una visione d’iniseme, un colpo d’ala, una scintilla che sappia ridisegnare le necessità, i bisogni, e le prospettive future del nostro paese. 

Cosa ci fanno a Palazzo Chigi se hanno scelto l’inazione più totale? 

Sono capaci solo di cucirsi leggi su misura, di varare norme placebo come condoni e scudi fiscali, sanno solo insultare i precari ed i ricercatori universitari, sono abili solo nel vessare i cittadini onesti non intaccando i vasti strati di evasione fiscale ? Sembrerebbe proprio di sì.

A giugno il governo dopo aver negato la crisi per tre anni era stato costretto obtorto collo a varare una manovra finanziaria che prevedeva il pareggio nel 2014. Spingendo i tagli e le misure più drastiche alla prossima legislatura. La serietà delle scelte politiche erano state immolate sull’altare del consenso politico berlusconiano. Si era deciso di tirare a campare delegando ad altri le decisioni impopolari.

Come ha detto il ministro Bossi però la realta ha deciso di far visita all’Italia. Le misure varate sono risultate insufficienti e non hanno convinto i mercati ed i partner europei.

Il resto è storia di questi giorni e di queste ore. Si sta cercando affannosamente di mettere una toppa al ritardo accumulato in questi anni.

La spinta all’azione però ancora una volta non è partita dal governo ma dall’Europa e soprattutto da Francia e Germania che hanno ingiunto a Berlusconi di dare un segnale di discontinuità alle politiche del passato.

Per questo Mario Monti dalle pagine del Corriere della Sera ha parlato di commissariamento del governo italiano da parte di un "governo tecnico sopranazionale" con sedi sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York".

Tremonti ha proposto di anticipare il pareggio di bilancio al 2013, di riformare il lavoro, di modificare l’artico 41 della Costituzione e di inserire il vincolo di bilancio nella carta costituzionale. Basterà? Può la modifica di due articoli della Costituzione dare fiato all’economia di un paese? E perché tutto ciò non è stato fatto prima?

Che credibilità hanno Berlusconi e Bossi agli occhi del mondo e dei mercati? E’ facile immaginarlo. Uno è famoso per gli enormi conflitti di interessi e per gli scandali sessuali che lo hanno coinvolto, l’altro è noto soprattutto perché guida una delle forze più euroscettiche che siedono al parlamento europeo.

Chissà se a settembre il parlamento continuerà ad accuparsi della “prescrizione breve”, del “processo lungo” e del decentramento dei ministeri a Monza mentre il mondo affronta una delle crisi economiche più drammatiche che abbia mai attraversato.

Sicuramente Berlusconi continuerà a fare la spola tra Roma e la Sardegna, con il sorriso stampato sul volto e la battuta sempre pronta, facendo finta di avere la situazione sotto controllo, consapevole che le decisioni importanti non vengono più prese da lui e dal suo governo ma dall’Europa. E chissà che in questo frangente non sia meglio.

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