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Lombardia. Boni querela Cavalli che risponde: "Non devo lasciare io ma chi è lì grazie alla ‘ndrangheta"

Chissà se si alzeranno gli scudi in difesa di Giulio Cavalli. Chissà se si inizieranno a raccogliere firme per dire che la mafia al nord c’è, ed è giusto parlarne. Credo che Davide Boni, Presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, dovrebbe indignarsi per le inchieste che vedono coinvolti politici lombardi collusi con la ‘ndrangheta, piuttosto che ricorrere alla querela contro chi denuncia questi rapporti, ma soprattuto, dovrebbe spiegare i motivi per cui Giulio Cavalli vive da quasi due anni sotto scorta. Scorta assegnatali in seguito alle minacce dovute al suo costante impegno contro la mafia e contro le infiltrazioni mafiose al nord.

Motivo di tanto livore da parte di Boni sono le parole dell’autore teatrale, ieri sera, a ‘L’infedele’ di Gad Lerner su ‘La 7′, durante la puntata, dedicata alla ‘ndrangheta, il quale ha affermato che in Lombardia ci sono consiglieri regionali eletti con voto mafioso. Al Presidente in quota Lega quelle parole non sono piaciute e ha dichiarato che “prima di tutto chiedo una copia della trasmissione dopo di che ho intenzione di querelare Cavalli che dovrà poi rispondere in aula di quello che ha detto”.

“Cavalli - ha proseguito Boni - dovrà rendere conto a tutto il Consiglio regionale delle sue affermazioni e vogliamo anche sapere perché è rimasto in aula per 7 mesi al fianco di quelli che lui considera consiglieri eletti con i voti della ‘ndrangheta. Adesso basta - conclude Boni- se è al corrente di qualcosa lo dica apertamente in Consiglio”.

Ma Cavalli ha più volte denunciato nomi e cognomi (il suo ultimo libro si chiama proprio Nomi, Cognomi e Infami), senza paure, senza timori di querele, pagando, sulla sua pelle le prese di posizione contro i legami tra imprenditoria, mafia e politica in Lombardia.

Pochi minuti fa Cavalli ha risposto a Boni: "Apprendo dell’intenzione del Presidente del Consiglio regionale Boni di querelarmi a seguito delle dichiarazioni che ho fatto ieri nel corso della trasmissione “L’infedele” in onda su La7”. Tra l'altro generalizzando un concetto ben più chiaro e preciso: ovvero che in Lombardia uomini della 'ndrangheta abbiano puntato su alcuni candidati (più o meno consapevoli, questo lo deciderà la magistratura) nelle amministrazioni locali e nel Consiglio Regionale. 

“Evidentemente – dice Cavalli - sono ritenuti diffamatori i dati, sempre più allarmanti, diffusi dalla Commissione Antimafia e confermati, nel corso della trasmissione televisiva di ieri, dall’On. Angela Napoli (che, addirittura, parla di un'assemblea che meriterebbe lo scioglimento)”.

“Che la ‘ndrangheta abbia deciso di puntare su alcune persone all’interno del Consiglio regionale non lo dico io – continua il'autore teatrale -, ma è scritto negli atti giudiziari degli ultimi cinque anni e in quelli dell’Operazione Infinito del luglio scorso”.

“Il Presidente Boni mi invita a fare i nomi e i cognomi: i nomi e cognomi sono gli stessi che continuo a fare nella mia attività extra politica. Quindi, se Boni ritiene che io li debba fare in Aula, il copione è già pronto. Mi sorprende – conclude Cavalli – che il Presidente del Consiglio regionale si chieda come faccio a rimanere in Aula ‘vicino a persone che considera eletti con i voti della ‘ndrangheta’. Caro presidente, non credo di dover essere io a lasciare il mio posto in Aula, forse dovrebbe farlo chi siede lì grazie ai voti della ‘ndrangheta”.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.230) 7 dicembre 2010 17:33

    ecco cosa intendono le elites per "liberta’ di espressione". forse c’e’ piu’ liberta’ in Cina o ij Iran che in quest’occidente razzista, militarista e clericale. CAMORRISTI IN PARLAMENTO E CHI PENSA E/0 FA DOMANDE MINACCIATO DI QUERELA. Siamo ipocriti, ignoranti, servili, indifferenti.

    Facciamo solo schifo. Schifo.

  • Di pv21 (---.---.---.189) 8 dicembre 2010 12:18

    Quando basta la parola >
    Il nuovo Piano per il Sud prevede che Maroni ed Alfano avranno deleghe specifiche per “liberare il Sud e la sua economia dalla criminalità organizzata”.
    E per il Nord? L’assunto (secondo Maroni) è che
    al Nord il presidio territoriale delle forze politiche locali è di per sé “immune ed impermeabile” all’infiltrazione mafiosa.
    Dai fatti arriva la smentita. A Desio (Monza) l’amministrazione è appena caduta per il coinvolgimento di alcuni esponenti del consiglio comunale nell’inchiesta su infiltrazioni della ‘ndrangheta. I consiglieri di maggioranza (PDL+Lega) hanno dovuto rassegnare le dimissioni.
    Se il tema non fosse la mafia certi distinguo suonerebbero come accenti di un Dossier Arroganza

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