• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Beneficenza for profit

Beneficenza for profit

Intorno alla cosiddetta “beneficenza” fiorisce un business che nulla ha da invidiare, in termini di fatturato, mezzi ed operatori a quello delle maggiori imprese nazionali.
 
La corporazione dei professionisti della caccia all’obolo s’è infatti organizzata su scala industriale: in Parma ci sono decine di ditte la cui unica ragione sociale è spillare quattrini al prossimo in nome di invalidi, malati, moribondi, alcolisti o drogati in via di redenzione, bimbi e cani abbandonati, alluvionati, mutilati di guerra etc. etc.: una lista suscettibile di infinite variazioni sul tema.
Mettere su quest’impresa di questo tipo non è affatto dispendioso: basta un localino, un paio di telefoniste possibilmente dalla voce suadente ed un solerte fattorino incaricato del ritiro a domicilio del denaro.
 
La modalità adottata di preferenza è quella dello spettacolino con artisti non di primissimo piano organizzato in qualche sala parrocchiale per conto di qualcuna delle infinite sigle del settore (che prestano il loro “marchio” per modiche cifre): l’offerta – in questo modo – sarà più consistente, anche se il beneficiante difficilmente si recherà in sala per assistere alla messa in scena – nella data indicata sul biglietto, collocata ovviamente in prossimità della fine della campagna di raccolta.
 
Alla fine dei conti, buona parte del “raccolto” finirà nell’ordine: al titolare della ditta, alle telefoniste, al fattorino o fattorini (che di regola prendono l’un per cento di quanto raccolgono), agli “artisti”, a chi affitta il teatro e alla sigla “benefica”. Forse, se avanza qualcosa, qualche “sfortunato” avrà la sua parte.
Vere e proprie organizzazioni criminali, poi, arruolano a suon di botte minori, sordomuti e invalidi falsi o veri per l’accattonaggio. Curioso vedere qualcuno di questi veri e propri “artisti di strada” nel loro genere risalire con slancio insospettabile i mezzi pubblici alla fine delle loro penose ma assai realistiche esibizioni in centro.
 
Poi ci sono i dilettanti allo sbaraglio, a volte – a modo loro – “organizzati”, come i presunti ex – tossicodipendenti che, di solito fuori degli esercizi commerciali, penna alla mano, chiedono una firma inutile su una “petizione” fasulla ed all’incauto firmatario subito chiedono quattrini in nome di una fantomatica “comunità di recupero”.
 
Altro canale di “drenaggio” per ingenui o creduloni sono le boccettine che quasi ogni bar o esercizio commerciale che si rispetti ostenta sul proprio bancone in nome – di solito- di bimbi da operare con urgenza in America : si può scoprire che non c’è nessuna operazione da fare o non c’è alcun bimbo da aiutare (come per una bimba di nome Alice per la quale furono raccolti negli States l’equivalente di mille e duecento milioni di lire per un’operazione ai polmoni mai fatta). 
 
Uno dei business più fiorenti è quello della raccolta di indumenti usati, da sempre terreno di scorribanda di professionisti del camioncino che si presentano a nome di associazioni benefiche fasulle con tanto di busta già pronta da riempire oppure svuotano i loro contenitori gialli (tra l’altro vere e proprie trappole mortali) collocati in posti strategici, mettiamo vicino ad un centro di raccolta di rifiuti ingombranti o nei cortili delle parrocchie. Se – come vantano costoro - quegli indumenti finissero davvero in parte nel terzo mondo, finirebbero solo di rovinare le industrie tessili locali (il ragazzino indiano o africano preferirà sempre le scarpe Nike usate che il prodotto locale non firmato).
 
Insomma, un business come altri, ma imbellettato da ragioni umanitarie, il che moltiplica a dismisura gli introiti (scriveva G.B.Shaw: “I ricchi fanno a beneficenza, ma anche la beneficenza fa ricchi”), ma anche l’intollerabilità di questo mercimonio.
 
Dunque, vigilate, gente. E se proprio volete elargire il vostro obolo, prima informatevi presso gli uffici dell’apposito assessorato comunale o all’Urp dell’USL, per sapere se il beneficiato ha dichiarato o registrato la propria ragione sociale (con tanto di sede e numero di telefono) e le attività per cui chiede soldi.
 
Parma, 21/10/2008
 
 

 

 
 
 
 

Commenti all'articolo

  • Di gloria esposito (---.---.---.209) 22 ottobre 2008 19:44

    Ho letto e riletto l’articolo e continuo ad avere l’impressione che faccia di tutto un erba un fascio.Premetto che l’economia no profit è un mio pallino quindi posso anche aver frainteso il contenuto del suo scritto ciononostante vorrei contribuire dicendo che questa particolare branca dell’economia è cosi vasta da intergrare realta’ molto diverse tra loro: aziende "fittizie"messe su per scaricare l’iva ,altre che truffano ,altre ancora che concretamente fanno del bene.E mi dispiace che magari passi il messaggio che la stragrande maggioranza delle organizzazioni benefiche servano solo ad arricchire i membri delle associazioni oppure a truffare le persone generose approfittando della bonta’ delle persone oneste.Non è questo lo spirito alla base del settore:si cerca di aiutare chi ne ha bisogno attraverso la creazione di aziende che come tali hanno necessita’ di reperire risorse (in questo caso fondi)affinchè si raggiunga lo scopo statutario(umanitario in questo caso).
    Vorrei salvare il buono dell’economia no profit perchè credo davvero che ne valga la pena e perchè in Italia purtroppo non è ancora cresciuta cosi come in altri paesi(vedi Usa).Certo,BISOGNA STARE ATTENTI a chi si ha di fronte(come sempre nella vita)smascherando le "degenerazioni "del sistema perchè solo grazie al controllo(lo credo fermamente)si riusciranno ad espellere prima o poi quelle aziende no profit false che screditano tutto il settore.
    Cordiali saluti,
    Gloria Esposito

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares