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Il pacioso papa antimodernista

Di (---.---.---.82) 4 luglio 2013 16:53

La caotica successione di tematiche politiche, riferimenti teologici e dati storici, tutti però trattati con una certa superficialità, rende piuttosto arduo il tentativo di confrontarsi sui vari argomenti con semplicità e chiarezza. Ma ci provo lo stesso, sperando di riuscire anche ad essere il più possibile sintetico.

Aspetti storici

Si afferma che "con Costantino una religione di minoranza ... stabilì la sua egemonia a corte". Ma questo non è esatto: Costantino non fece altro che porre fine alla discriminazione delle minoranze e separare il potere politico da quello religioso, affermando quindi, per la prima volta, il principio della laicità dello Stato. Con un singolo errore, si fanno due torti: uno alla nascente comunità cristiana, che almeno fino ad allora aveva ancora vissuto la propria fede genuinamente e coerentemente, anche a costo della morte e causando solo per questo motivo le numerose conversioni, ovvero le più autentiche, del primo periodo (I-III secolo); l’altro torto, a Costantino stesso, che in base agli ideali di libero pensiero che visibilmente ispirano l’Autore dell’articolo, avrebbe meritato, piuttosto, un elogio.

E’ vero che subito dopo Teodosio elevò il cristianesimo a "Religione di Stato", ma questo era normale in un epoca in cui la religione era uno dei pilastri dell’identità culturale e sociale di un popolo, quindi anche uno degli elementi di coesione politica sul quale si fondavano l’esercizio del potere e la stabilità dell’impero. Esattamente lo stesso motivo per il quale la precedente cultura romana politeista perseguitava i primi cristiani, "eretici" rispetto ad essa.

Mentre l’impero romano iniziava la sua decadenza, in gran parte dei suoi territori l’unico residuo culturale comune era rappresentato proprio dalla fede cristiana, sopravvissuta agli eventi storici perché ormai radicata nella cultura popolare, da cui aveva nel frattempo assorbito anche parte dei costumi (come l’albero di Natale e la processione, simboli e riti di origini pagane). Da qui la progressiva conquista del potere da parte della Chiesa nei secoli successivi.

Aspetti teologici

L’Autore paragona Bergoglio a Ratzinger, definendo quest’ultimo "più freddo e schietto a livello teologico"; non sono esperto di teologia e non so quanto lo sia l’Autore, ma non riesco ad individuare (accetto suggerimenti) a cosa venga riferita la "schiettezza". Quanto alla "freddezza", invece, semplicemente non mi risulta, anzi: personalmente trovo le riflessioni espresse da Ratzinger, altrettanto "calde" ed umanizzanti quanto quelle di Bergoglio, ma anche di Roncalli, Montini e Wojtyla; forse è stato confuso il contenuto spirituale del magistero papale con l’aspetto mediatico del personaggio, non tenendo conto che la Fede (questo vale per tutte le religioni) è una realtà misterica, cioè legata all’aspetto più profondo, all’essenza stessa della vita del credente, una consapevolezza tanto innegabile quanto indimostrabile, nei confronti della quale concetti come "rivoluzionario" o "antimodernista" sono semplicemente privi di senso, perché essa non è né una scienza né una ideologia e può essere accettata o rifiutata, ma non può essere né indagata né modificata.

Aspetti politici

Chiarito (spero) quanto sopra, si può cominciare a parlare della Chiesa Cattolica dei nostri giorni, spesso al centro di scandali causati da colpe a volte molto gravi (e gli argomenti sono gli stessi di tutti gli scandali: potere, denaro e sesso), questo laddove è più diffuso il benessere; mentre altrove, dove essa rappresenta una minoranza, è ancora oggetto di persecuzioni anche spietate, da cui il riferimento di Bergoglio ai "nuovi martiri", argomento sul quale mi permetterei di contestare le affermazioni dell’Autore circa "stime gonfiate" e "mitizzazioni apologetiche", che mi sembrano frutto più di livore ideologico che di analisi politica. Ancor più a proposito del paragrafo che segue, sul recente Angelus: il Papa si riferisce al tempo in cui il cristianesimo era clandestino e perseguitato e NON aveva il potere dalla sua parte: proprio l’epoca precostantiniana di cui già detto sopra. Cosa, questa, ormai accertata dalla Storia, contro la quale (Storia) l’autore compie quindi una mistificazione, capovolgendo semplicemente i fatti. E con tali premesse, inevitabilmente gli sfugge il significato politico delle parole di Bergoglio, che rappresentano quella volontà che caratterizza la Chiesa contemporanea e postconciliare, di tornare alle origini, più vicino alla coerenza semplice della Fede vissuta e più lontano dal potere terreno. Un messaggio simile a quello espresso con altre parole, a suo tempo, da Seneca: "Gli Dèi, quando ci erano propizi, erano fatti di argilla"; messaggio che se fosse stato compreso dall’Autore dell’articolo, avrebbe dovuto riscuotere la sua approvazione (ancora una volta), piuttosto che la critica. Altro appunto va mosso all’allusione ai "rapporti ambigui con la dittatura argentina", dal momento che si riferisce alle accuse rivolte a Bergoglio, all’epoca Cardinale, sul rapimento di due sacerdoti oppositori del regime. Accuse smentite sia da uno dei due stessi protagonisti, sia da un giornalista ex militante di estrema sinistra.

Ho già scritto troppo, quindi concludo sottolineando che la Chiesa merita sicuramente delle critiche e allora facciamole, ma con un minimo di serietà, altrimenti saranno solo "confuse pastoie" intellettuali.

Manny


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