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La lunga marcia del fotovoltaico

Di (---.---.---.187) 15 settembre 2010 18:45

Una questione alla quale non riesco ad ottenere risposta: la rete distributiva in Italia è strutturata secondo una architettura che, partendo dalle centrali di produzione, immette energia elettrica ad alto o altissimo voltaggio sulla rete primaria di distribuzione.


Successivamente, presso gli utilizzatori principali, si trovano centrali di trasformazione da alta a media, poi da media a bassa ed infine la rete finale a 1 kv che alimenta - nell’ultimo miglio a 380 v - le utenze a 380 v o a 220 v.

Come si farà ad utilizzare una rete così concepita, se il fotovoltaico a produzione diffusa dovesse svilupparsi secondo i migliori auspici, per trasferire dalla produzione in bt alla rete a media e at tutta l’energia prodotta, peraltro secondo picchi produttivi non in linea con quelli dell’utilizzazione, senza interferire con gli attuali equilibri del sistema? Do per scontato nel caso la necessaria dotazione di una rete di trasformatori di livello industriale che lavorino da bt a at ecc.

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O non sarebbe necessario, a quel punto, pensare ad una rete parallela dedicata al fotovoltaico che si interfacci con quella tradizionale solo per compensare eventuali richieste energetiche non in fase con la possibile produzione solare?

e in questo caso quali sarebbero i costi? sarebbero compatibili, se oggi, il solo fatto di dover disporre di piccoli inverters sta creando problemi?

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Non si ritiene che il fotovoltaico diffuso sarebbe meglio che restasse confinato in ambiti marginalissimi di percentuale del mix energetico complessivo?

Grazie.

Prof. Gabriele Bariletti

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