Carissimo, la fine della storia è un’espressione roboante quanto poco indicativa da sempre: la storia finirà quando l’ultimo uomo avrà perduto coscienza, ma per allora nessuno di noi sarà qui a discuterne, credo.
I messia sono morti e muoiono di continuo e forse è proprio rimasta come ultima spiaggia quella più evidente da sempre: le lettere da lei citate tolgono il velo di Maya e dissipano le nebbie che le molteplici ed esuberanti correnti culturali spargono ovunque. L’uomo dimentica se stesso — e la vita — tutto preso com’è a star dietro ai discorsi fatti da altri, seppure spesso nemmeno troppo convincenti.
Tornare dentro di sé e SENTIRSI, percepire gli effetti degli eventi sulla esistenza di sé e degli altri, aprire tutti i sensi alla vita e finalmente ascoltare cosa significa vivere.
Viviamo l’inganno del felice Natale intanto che a distanza i pochi click — ormai spazio e tempo sembrano così quantificabili — la gente muore per inumani interessi politico-economici mascherati da ideologie e conditi da false giustificazioni. Mondi interi vengono distrutti con quelle bombe e con quelle parole, intanto che ignari acquirenti passeggiano per le vie illuminate delle proprie città. Luminarie che, in questo caso, non sono quelle dei missili e delle bombe. Viviamo nella contraddizione continua, è vero, ma solo se cediamo alla logica razionale della morale ufficialmente condivisa— che non è quella applicata nei contesti internazionali. Quindi, la realtà, o confligge con il pensiero comune, oppure è altro rispetto a ciò cui ci hanno abituato a pensare. Nel tempo ho imparato a capire che quando una situazione mi sembra troppo assurda, è vero piuttosto che sono io quella che vede male, quella sprovvista di coordinate esatte e di informazioni corrette. Uscire dallo schema aiuta a uscire dalla nebbia, ma serve l’umiltà e la volontà di lasciare il corrimano e azzardare passi in autonomia.
Grazie del bell’articolo.