Quello che ha scritto PF è “Tuttavia ricordare il background
famigliare sottostante alla vicenda potrebbe essere utile a contenere la
straripante, stucchevole, ipocrita retorica sui diritti umani violati che si è
riversata su quello che è infine un caso di rimpatrio forzato dai contorni poco
chiari che ha riguardato personaggi quantomeno controversi in patria e fuori”
La questione si è risolta invece proprio in questo: nella
violazione macroscopica dei ‘diritti umani’ e civili della signora e della figlia
minore. Sennò di cosa stiamo parlando ? Farlo passare per un banale “rimpatrio
forzato dai contorni poco chiari” significa perdere volutamente il senso del
diritto proprio di uno stato democratico (che dovrebbe definirsi appunto “stato
di diritto”) per trovarsi così esattamente sulla stessa lunghezza d’onda di
quelle forze “oscure” che hanno orchestrato la “marchetta”. Il tutto
giustificato – esattamente come farebbe un Alfano qualsiasi – dall’idea aprioristica
che donna e figlia siano “personaggi quantomeno controversi in patria e fuori”.
E’ una giustificazione propria da stato che ha perso il Diritto e sposa la tesi
della ‘contiguità’ ipotizzata (o anche inventata di sana pianta, a quel punto si tratta solo di sfumature lessicali) per cui si può incarcerare chiunque sulla base di decisioni
politiche, non di accuse circostanziate.
Da qui l’azione di Emma Bonino che ha agito per ripristinare il senso
dello stato di diritto nei limiti di quello che, a norma di legge, può fare. Infamarla
– mettendola sullo stesso piano di Alfano – come è stato fatto quando è
scoppiato il caso e come fa di nuovo molta gente, compreso PF nel suo commento,
significa non capire la differenza tra stato di diritto e stato autoritario. O quantomeno significa voler negare (e infangare con termini come "straripante, stucchevole, ipocrita") la differenza tra chi agisce in un senso e chi nell’altro. Messa in questi termini la questione per me è inaccettabile.
Da qui la mia risposta. Ciao