L’esercizio della sovranità popolare richiede necessariamente che il popolo (la sua maggioranza almeno) voglia e sappia esercitare la sovranità. Non basta che per qualche circostanza si trovi in grado di poterlo fare.
Per avere una democrazia funzionante e stabile la prima condizione è quindi che vi sia la possibilità di instaurarla, la seconda è che vi sia una maggioranza di cittadini che voglia realizzare un sistema politico istituzionale democratico, la terza è che esista la capacità diffusa di farla funzionare e di difenderla.
E’ difficile dire se davvero in Egitto si sia verificata la possibilità di realizzare un sistema democratico. L’esistenza di un potere quasi assoluto della casta militare tenderebbe ad escluderlo. Meglio: se una finestra di possibilità si è apparentemente aperta a partire dal successo delle manifestazioni di piazza Tahrir, avendo i militari conservato intatto il loro potere, si è trattato di qualcosa più simile ad una concessione da parte dei militari che di una effettiva transizione del potere da loro al popolo.
Le motivazioni che hanno ispirato ai militari questa concessione possono essere indagate e precisate meglio. Probabilmente non sono estranei a questa scelta i loro referenti esterni. Difficile pensare che all’interno di una organizzazzione gerarchica culturalmente aliena dai principi democratici come quella militare sia sbocciato spontaneamente l’anelito democratico. Più probabile che abbiano inciso sulla scelta le nuove linee di indirizzo espresse a suo tempo dal presidente Obama nel suo famoso discorso all’Università del Cairo.
La risposta alla domanda se esista la seconda condizione è anch’essa dubbia. E’ vero che da piazza Tahrir è stata lanciata forte la richiesta di democrazia e di rimozione dal potere dell’uomo forte che l’ha negata per decenni, ma è anche vero che da quella stessa piazza è recentemente partita la richiesta di un pronunciamento militare per cancellare quell’abbozzo di istituzioni democratiche che si erano formate.
La contraddizione è evidente: un democratico non chiede ad un potere a-democratico di intervenire al di fuori dei poteri che l’ordinamento democratico gli assegna per rovesciare quello che a suo avviso rappresenta il tradimento della democrazia: lo fa da sé con un atto rivoluzionario se lo ritiene. E’ in questo modo che la democrazia può crescere e diventare più forte: rivendicando il potere popolare. Nell’altro modo la democrazia torna ad essere una concessione, non l’esercizio di un vero potere.
Questo porta alla terza condizione: che il popolo sappia esercitare e difendere la sua sovranità.
L’Egitto non ha mai avuto un sistema democratico, e questo breve e tormentato intermezzo non è stato certamente sufficiente per sperimentare e addestrarsi nell’esercizio della democrazia. Che richiede l’introiezione di certe regole come il rispetto per le minoranze, il riconoscimento dell’eguaglianza dei cittadini nei loro diritti civili, il rispetto dell’ordinamento e delle norme basilari di comportamento nel confronto politico.
Temo che l’occasione per gli egiziani sia per stata per il momento stupidamente persa. Se è vero che la presidenza Morsi stava mettendo in pericolo la democrazia, ma io ne dubito, aver scelto l’aiuto (se così si può chiamare) dei militari invece di contrastare la deriva con la forza del dissenso di massa, l’ha sicuramente uccisa.
In tutto questo meriterebbe un discorso a parte il comportamento schizofrenico dei referenti della casta militare: gli USA, che di democrazia dovrebbero intendersene.