Massimo rispetto a Papa Benedetto che ha finito il suo compito per sua volontà lasciandoci sgomenti e lacerati da una sorte di angoscia collettiva che ci
segna dall’11 febbraio. Egli ha coraggiosamente riconosciuto i limiti
della sua umanità contro ogni dogma precedentemente imposto. Egli non è
Celestino V, più di quel Papa, Benedetto XVI ha segnato la Storia della
Chiesa in questi scarsi otto anni di regno. Non si può dire che, il suo,
sia stato un passaggio inutile per noi cattolici. Ha, ad esempio,
portato a compimento la redazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e
del suo Compendio nel periodo a cavallo fra gli ultimi anni di
pontificato di Giovanni Paolo II ed il suo pontificato. Un segno del suo
impegno teologico razionale oltre che di fede; un lavoro che segnerà
qualche generazione. Egli ha dovuto affrontare, oltre ai soliti intrighi
curiali di cui sinceramente non m’interessa molto, i veri problemi, le
croci dell’attuale Chiesa Cattolica (e forse non solo dell’attuale): la
pedofilia e la finanza malata. Ma non è forse vero che la vera croce che
dovrà affrontare il suo successore Francesco è semplicemente l’esistenza stessa
della cattolicità e della sua organizzazione? Il successore dovrà
indicare le moderne strade dell’evangelizzazione e quasi certamente
dovrà fare riferimento alle teorie del Papa Emerito che si ritirerà nel
silenzio della clausura con la certezza di avercela messa tutta e di
aver indicato una strada nuova ed umana alla nostra Chiesa: il Papa è
uomo e pertanto debole e fallace come ogni uomo, Egli ha diritto a
ritirarsi prima che la decadenza delle forze psico-fisiche ne rendano
inefficace l’azione di Pastore.