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Commento di

su La retorica dello slogan e quel sessantottino di Mario Monti


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2 gennaio 2013 17:06

Sul ’68 ne ho sentite tante ma questa mi mancava. Il ’68 all’origine del linguaggio assertivo e della riduzione a slogan della politica, il tutto mutuato da Carosello. Sembra, come si può dedurre dall’articolo, che prima le cose andassero molto diversamente. Pare che tra De Gasperi e Togliatti - tralasciando gli insulti che si scambiavano - vi fosse un continuo scambio di profonde riflessioni. Mussolini poi era rinomato per l’acutezza dei suoi ragionamenti politici e prima ancora tra liberali e socialisti vi era un continuo reciproco arricchimento culturale ad ogni comizio. Poi è arrivato il ’68 e ha guastato tutto. L’analisi di H. Marcuse sul linguaggio autoritario del capitalismo ( che fu tra i padri del movimento studentesco internazionale) Giannulli la trasferisce sul sessantotto. Sembra una vendetta della storia.

Giannulli, che raramente dimentica di ricordarci nei suoi articoli che lui è uno storico, deve aver limitato il campo della sua ricerca agli ultimi 30/40 anni tralasciando tutto il resto della storia umana e naturalmente anche il resto del mondo.

“L’Europa è il futuro certo ed unico del nostro paese; ci sono state difficoltà, ma adesso faremo l’unità politica.” una frase come questa fa meritare a Monti l’appellativo di :"Sessantittino ad honorem" .

Ma voi lettori riuscite ad immaginare quanto risulterebbe intellettualmente più accettabile, più fine, e sicuramente molto più convincente per gli elettori una frase meno categorica così modificata? "Forse l’Europa è il futuro del nostro paese. Discutiamone. Ci sono state difficoltà ma adesso proveremo a fare l’unità politica, che ne pensate?" 

Bando all’ironia, è davvvero inqualificabile che uno storico nel valutare il fallimentare sbocco politico del ’68 (ma non privo di effetti anche positivi) lo faccia defluire tutto nel terrorismo. Al movimento studentesco hanno partecipato migliaia di persone, ognuna con il proprio carattere e con la propria storia personale, e quando il movimento si è esaurito le strade intraprese dai singoli sono state tra le più varie. Chi aveva più risorse personali e metteva il proprio interesse al di sopra di tutto, ce lo siamo ritrovati dopo a fare i giornalisti o i politici anche a destra; molti, la maggioranza è fluita nel PCI, atri hanno rinunciato alla politica per dirigersi verso esperienze mistiche o di impegno nel sociale; altri ancora hanno semplicemente abbandonato la politica per svolgere le loro attività lavorative; solo i più ottusi, incapaci di accettare la sconfitta politica, si sono diretti prima nei movimenti cosiddetti extraparlamentari e poi nel terrorismo.

In conclusione, considerando anche altri articoli che Giannulli pubblica su Agoravox, possiamo dire che nel suo caso ci troviamo di fronte ad un fine analista storico che ha capito per tempo che il miglior futuro per il popolo italiano è quello delineato dai suoi amici - antieuropeisti - Grillo, Diliberto, Ferrero e Di Pietro.


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