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Commento di

su Il fallimento dell'Euro si avvicina: cosa fare?


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5 giugno 2012 02:55

Attualmente fanno parte della U.E. 27 Paesi, di cui:

 ·  18 Repubbliche parlamentari

·  2 Repubbliche federali

·  7 Monarchie costituzionali

·  1 Granducato

Di questi, soltanto 17 Paesi hanno adottato l’Euro come valuta.

Dunque: aldilà delle millenarie differenze linguistiche, di costume, di mentalità, eccetera, non mi è mai stato chiaro, e non mi è mai capitato di sentire affrontare e spiegare l’argomento, come sia possibile conciliare tante diverse forme di governo, sceglierne una unica e realizzare una effettiva unione politica.

Anche al più cieco ed irriducibile ottimista, dovrebbe saltare agli occhi la enorme, direi smisurata, difficoltà a persuadere, che so?, lo sciovinista francese ad accantonare la sua natura nazionalista ed a farsi governare da un italiano, ad esempio.

Oppure, a convincere il tradizionalista inglese a rinunciare alla monarchia, alla Camera dei Lord, alla Magna Charta, eccetera, ed adattarsi ad una forma di governo che non potrebbe che essere di tipo repubblicano.

O forse possiamo ragionevolmente sperare che Juan Carlos rinunci al suo stato di regnante ed assuma una nuova identità politica, per esempio quella di Governatore della Spagna, sottoposto a verifica elettorale ogni 4-5 anni, e soggetto a essere governato magari da un tedesco? Al pari del governatore di un qualsiasi Stato U.S.A.

Il tutto senza nemmeno essere riusciti a concordare una Carta Costituzionale comune!

Ecco dunque a mio avviso il vero nodo politico, nascosto in tutti questi anni, venuto a galla con le attuali difficoltà nell’economia che stanno accentuando le divisioni ed i caratteri distintivi propri di ciascun Paese.

Certo è che sarebbe dura adesso rinunciare all’Europa Unita, ed il costo economico derivante dal fallimento dell’Euro non sarebbe neppure quello più pesante da sopportare; in gioco ci sono valori ben più grandi ed importanti, i sogni e le speranze di alcuni grandi uomini che con il Trattato di Roma hanno creduto si potesse realizzare quella che alla prova dei fatti si sta rivelando come una utopia, tanto bella quanto irrealizzabile.

Quegli uomini venivano da un periodo storico tremendo, avevano provato sulla propria pelle e su quella dei propri cari la follia di due guerre impopolari costate milioni di morti e distruzioni mai prima sofferte dal genere umano, avevano sperato con un’alchimia politica di mettere da parte gli egoismi nazionali a favore di una unione dei popoli tale da esorcizzare la Guerra.

Oggi dobbiamo prendere atto che quelle in armi non sono le sole guerre possibili ed in realtà quelle economiche sono se possibile anche peggiori, in cui il nemico è impersonale, neppure cosciente o coinvolto emotivamente, e le popolazioni di interi Paesi sono inermi e senza possibilità di difendersi.

Finalmente, la domanda delle domande è questa: vogliamo davvero rinunciare a tutto quanto è stato fatto con tanta fatica e pazienza nei trascorsi 55 anni? E ripiombare di colpo nella vecchia politica degli Stati Nazionali, con gli intrallazzi tra governanti di mezza tacca, Patti e Trattati che sono carta straccia alla prima occasione di convenienza (Libia docet)?


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