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Commento di

su Caso Schettino: l'oblio del perdono


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6 febbraio 2012 08:03

@Anna Rita Micalef


chiudo i miei interventi in questa discussione che poteva essere interessante ed è diventata purtroppo uno sterile accapigliarsi simile a certi salotti politici televisivi, invitandoLa a ricordare come quella rabbia da Lei giustamente sottolineata sia non solo sorda ma anche cieca.

Andando oltre il caso Schettino, perché non se ne può più, e forse è anche necessario generalizzare per comprendere il senso del suo intervento, perché altrimenti si guarda il dito invece della luna... ecco mi permetto di invitarLa a riflettere sull’eco mediatica di altri fatti di cronaca, tipo l’omicidio Scazzi.
Non ho seguito la vicenda in tutte le sue sfumature, perché un certo tipo di cronaca nera ormai mi dà alla nausea per come condotta, ma mi sembra di ricordare che all’inizio si cercava un mostro estraneo alla famiglia. E giù il web a sputare veleno contro questo presunto mostro. Poi lo zio si dichiara colpevole, ed ecco che il veleno cambia bersaglio. Poi si scopre che forse non è stato lo zio, ma la cugina e forse anche la zia, ed ecco che quel veleno cambia ancora direzione e non c’è alcun ripensamento, in chi lo ha manifestato, sul fatto di aver accusato e inveito contro chi non era stato il responsabile (lo zio). Il veleno si sposta e basta, cambia bersaglio, ma nessuno si mette in discussione e si rende conto di aver accusato fino a quel momento una persona che pare fosse invece innocente. Una piccola svista personale, una minuzia degna della migliore autoindulgenza, rispetto all’orrore che il mostro ha creato.
Parliamo dell’omicidio Scazzi, ma lo stesso ragionamento si potrebbe fare per tutti i casi di cronaca nera recenti. La ricerca del responsabile è sempre accompagnata dall’odio, e anche quando sbaglia bersaglio, ci si concentra sempre sul nuovo mostro e mai sulla pietas per aver incolpato qualcuno ingiustamente fino a quel momento. Quante volte è capitato di leggere di linciaggi verso extracomunitari inizialmente accusati di delitti, e poi si scopre che non c’entravano niente. Chi li ripagherà? Non di certo chi odia, perché sono tutti occupati ad odiare il nuovo bersaglio, non hanno fatto niente di male ad accusare un innocente.

Credo che sia superfluo perché immagino di aver inteso il senso del suo intervento, ma mi permetto di ricordare la differenza tra simpatia ed empatia. Il modo in cui ormai il popolino televisivo vive i fatti di cronaca è simpatetico: ci si immedesima e ci si comporta come se il reato fosse stato fatto a noi e quindi ogni nostra reazione sia lecita, dimenticandosi così che si manca di rispetto in primis alle vere vittime, che sono le sole ad aver realmente subito il danno. Ci si appropria del loro dolore, invece di rispettare distanze che ci sono, che sono reali, perché è facile infervorarsi, ma poi quelle si ritrovano con la vita rovinata, a noi spettatori basta girare pagina del giornale e niente è cambiato, a parte aver avuto diritto all’ora d’odio quotidiano.

Forse dovremmo recuperare la dimensione empatica, quella di avvertire, ascoltare, ma mantenendo la giusta distanza, perché certe cose non sono capitate a noi e la solidarietà e la vicinanza con le vittime non si riassume nel linciare i colpevoli. Troppe volte ci si preoccupa del secondo aspetto, mentre le vittime restano sole, abbandonate. Forse perché è più facile odiare che essere vicini.

La ringrazio della discussione, era interessante. Peccato.

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