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su Usa, studio commissionato da Chiesa: “Pedofilia clericale colpa della rivoluzione sessuale”


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4 giugno 2011 15:25

MA QUALE RIVOLUZIONE DEL 68. LA PEDOFILIA E’ STORICAMENTE ACCERTATA COME PRATICA PREPONDERANTE NELLA GERARCHIA EKKLESIASTICA SIN DAL SINODO DI ELVIRA DEL 306: Basta sfogliare i libri penitenziali del medioevo[1] per rendersi conto di quanto fosse diffusa la lascivia irrefrenabile tra i preti. Tali scritti affrontano perlopiù argomenti scabrosi e scellerati dei rapporti sessuali criminosi tra appartenenti al clero e bambini, fanciulle e ragazzi. Allora era chiamato in generale peccato di sodomia e comprendeva rapporti fra maschi adulti e contro natura con animali e bestie selvatiche, oltreché con bambini e adolescenti, nel qual caso si impiegava il termine più specifico di pederastia. Già il Sinodo di Elvira del 306 ci fornisce un quadro terrorizzante delle violenze sessuali che potevano avvenire sotto la cupola ekklesiastica ai danni di minorenni indifesi, tanto che si parlò con disprezzo di “catecumeni infanticidi” e di “violentatori di bambini”, stupratori di minori che erano spesso definiti – con un termine più circostanziato – pederasti, ovvero omosessuali con una spiccata predilezione verso i bimbi[2]. Solo con lo psicologo e sessuologo Havelock Ellis, si introdusse il termine pedofilo nel 1906, per caratterizzare chi abusa di un ragazzo in età prepuberale, prima dello sviluppo sessuale insomma. Ellis pubblicò, tra il 1897 e il 1928, la sua opera più importante, Studi sulla psicologia del sesso[3], in sette volumi, che fu posta all’indice in Gran Bretagna. D’altro canto, si preferisce il vocabolo efebolico, quando vi è nel soggetto malato la predisposizione sadica a violentare un adolescente nel fiore dei suoi primi vortici ormonali.

 

A detta del dottore della chiesa Basilio (IV sec. d. C.), molti cristiani arrivarono a pregare da soli con mogli e figli per paura di divenire oggetto, durante i riti liturgici, della lussuria di vescovi e abati. Nell’888, all’epoca del Sinodo di Magonza, si denunciarono dei sacerdoti che avevano “usato carnalmente con le sorelle, generando dei figli”[4]. Non erano rari neppure gli accoppiamenti dei reverendi con madri e parenti. Analoghe denunce appaiono nel Sinodo di Olmütz del 1591 (c. 13), in cui si dà la colpa – con patologica schizofrenia religiosa – al solito demonio, che fotteva con le sorelline dei vescovi. Ma le punizioni – allora – erano esemplari e dure, stando almeno a ciò che si legge nei libri penitenziali del Medioevo: “Se il vescovo esercita il coito e la sodomia, è punito con 25 anni di penitenza, 5 a pane e acqua, e deposto; un prete deve far penitenza per 12 anni, 3 a pane e acqua; un monaco e un diacono 10 anni, e parimenti 3 a pane e acqua”[5]. Oggi, invece, la gerarchia cattolica adopera il metro all’inverso: le cariche più alte, come vescovi e cardinali, sono coperte con qualsiasi mezzo e salvaguardate con ogni stratagemma politico, giudiziario ed economico e, in caso di processi penali a loro carico, i prelati vengono trasferiti in altre parrocchie vicine o lontane a continuare la loro opera pastorale con le pecorelle smarrite. Mai si arriva ad una deposizione o destituzione. Caro Wojtyla, altro che corruzione della società contemporanea o come dice Ratzinger ateismo, relativismo e laicismo le vere cause della decadenza morale ed etica della società occidentale!

 

DA: LA RELIGIONE CHE UCCIDE

 

COME LA CHIESA DEVIA IL DESTINO DELL’UMANITÀ

 

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