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Commento di

su Travaglio e Il Giornale. C'è un giudice a Roma


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3 marzo 2011 18:30

Parliamo dunque de "l’incontro".

La parola "incontro", indica il convegno, il consesso, fra due o più persone. Non la conpresenza di persone in stanze diverse di uno studio. Quello non è un "incontro".

Tant’è vero che Riccio parla di una riunione ove, A DIR SUO (ovviamente, e ci tengo a sottolinearlo), sarebbe stato presente persino il tenente colonnello Canale, per convincerlo, insieme a Taormina, a risparmiare Dell’Utri dai suoi rendiconti delle confidenze di Ilardo.

A quell’ INCONTRO, a cui sarebbe stato presente anche Canale, Previti non c’era.

Previti era nello studio "in quell’occasione come in altre" (la parola occasione è riferita alla temporalità dell’evento, non alla sua fisicità), ma era però convenuto per altri motivi legati alla comune attività politica con il TAORMINA e non era presente al momento dei discorsi inerenti la posizione giudiziaria del DELL’UTRI”.

Quindi con quell’INCONTRO, avvenuto ovviamente a porte chiuse, Previti non aveva nulla a che vedere, poichè durante lo stesso NON ERA PRESENTE.

Quindi mi perdoni, caro Pignalberi, ma non si può parlare in messun modo di un "incontro nello studio di Carlo Taormina per depistare le indagini della procura di Palermo su Marcello Dell’Utri cui avrebbe partecipato anche Cesare Previti", perchè questa circostanza non esiste in nessuna forma.
Previti non può aver partecipato ad un incontro cui non era presente, perchè la realtà non è un romanzo di Jonesco. Speriamo di aver chiarito.


E veniamo ora alla questione dell’essere stato Previti "appena citato".

Proprio questo fatto, per il giudice, dimostra la volontà cosciente di diffamare, e quindi la malizia, la furberìa, il dolo.

Basta leggere:
"non c’era ... alcun bisogno di MENZIONARE anche l’on. PREVITI, per poi doverosamente precisare – ove il giornalista avesse agito correttamente – che egli non era presente al colloquio.

 Proprio l’averlo inutilmente nominato, e l’aver totalmente omesso la specifica precisazione circa l’assenza fatta dal teste, è prova del dolo da parte del TRAVAGLIO."

In questo passaggio, si trova anche la risposta a Paolo.

Non credo sia molto difficile capire Previti, almeno in questo caso. Io affermo che chiunque farebbe lo stesso.

Un giornale può anche infilarmi in un elenco di spacciatori di droga e ritrovarsi semplicemente una richiesta di rettifica, anzichè una querela.

Ma ovviamente, a condizione che io abbia la certezza che quella mia comparizione in un tristo elenco sia il frutto di un errore, magari di un’omonimia o della cattiva lettura di una consonante. Ma se, al contrario, avessi la certezza che un giornalista ha BRIGATO, a bella posta e con dolo, per infilarmi in quella lista, col piffero che mi fermo alla rettifica: a chiunque verrebbe naturale correre dall’avvocato.

E naturalmente Previti, così come a suo tempo anch’io e così come qualunque persona dotata di logica e buona fede farebbe, confrontando i testi ha capito benissimo ciò che era accaduto: mica aveva bisogno di consultare un magistrato.

Si chiede gentilmente di restituire ciò che è tuo, e con tante grazie, quando ciò che è tuo è stato imprestato o inavvertitamente sotratto: non quando è stato rubato.

Cerchiamo di essere un po’ onesti, per cortesìa.


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