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Commento di

su La Rete: vetrina o fabbrica? Intervista a Michele Mezza


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17 febbraio 2011 18:44

Innanzitutto voglio ringraziare gli amici che hanno avuto la pazienza e il tempo di leggermi attraverso la puntuale intervista di Graqzia. Sul merito, vorrei aggiungere alle varie considerazioni che la metafora della fabbrica è usata, come ha colto Rocco, proprio per il valore dirompente che un nuovo sistema di produzione della ricchezza, quale è Internet, comporta nella società, esattamente come fu, all’inizio dell’800, con l’irrompere dei grandi apparati industriali. Una radicale liberazione dal feudalesimo latifondista. Ma il punto nevralgico della discussione a mio parere è un’altro.Ossia il buco nero in cui è caduta la sinistra, e la politica in generale, riguarda il soggetto negoziale. penso al fatto che mentre nel ’900 il capitaqlismo industriale fu civilizzato dall’azione del movimento operaio, e da tutte le mediazioni politiche che furono declinate da destra a sinistra, dal new Deal alla rivoluzione d’Ottobre, passando per la social democrazia o il liberalismo mercatista. Oggi quello che manca è capire come e chi può confrontarsi con i grandi apparati di produzione dei sapri digitali. senza un soggetto negozxiale non c’è la politica. Io credo che quesdto soggetto non sia rappresentabile da una nuova classde, come meccanicamente crede dhi parla di cognitariato. Ma da una nuova dimensione quale ad esempio il territorio. Sono le comunità organizzate nelle città, nelle regioni, negli stati, che decidono di distribuire e generare saperri e servizi digitali, personalizzando e modificando la struttura del know how di rete. E’ Milano o Roma che può negoziare con Google il modo in cui usare la sua potenza di calcolo, rendendo la rete più partecipata e trasparente. Su questo, mi pare si possa giocare la partita del nuovo secolo. Ed a giocarla non saranno i giganti della cultura, o i mediatori dell’informazione, ma gli infiniti nani delle competenze digitale.


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