Womb e una splendida Eva Green
Nessun dubbio che Womb sia un film drammatico (e quanto drammatico) ma è particolarmente apprezzabile che Benedek Fliegauf sfrutti la fantascienza (o diciamo almeno un’evoluzione dell’attuale scienza) come base per raccontare la sua storia (e sì, naturalmente anche una splendida Eva Green).
Thomas e Rebecca si incontrano da bambini durante un’estate al mare, poi si ritrovano dodici anni dopo e l’amore scocca inevitabile. Solo che dura poco perché Thomas muore in un incidente stradale.
Rebecca non si dà pace e decide di sfruttare la possibilità ormai molto diffusa di clonare una persona partendo dal DNA estratto dal cadavere.
Così cresce il proprio figlio col DNA di Thomas.
E il bambino che nasce e cresce ha ovviamente le fattezze dell’amato.
I problemi saranno vari e non vi rivelo quello che più vi aspettate di sentirvi dire: ci sarà o meno il rapporto incestuoso tra madre e figlio clonato?
In realtà quello è il minimo perché Fliegauf gioca su altro e si pone ben altri interrogativi.
Quello sulla clonazione ovviamente, ma non manca una seria riflessione sulla diversità, sulla discriminazione.
Nel mondo del film i bambini clonati (come detto ce ne sono diversi) vengono spesso esclusi perché considerati portatori di vari non specificati problemi (esemplare che sia una donna di colore a spingere verso questo particolare razzismo futuristico).
Vicenda e riflessioni a parte, Womb è un bel dramma, una grande storia d’amore.
Film molto visivo, con grande attenzione alle immagini e agli ambienti, lunghi silenzi.
Pacato, a tratti (soprattutto nella prima parte) quasi poetico.
C’è spazio per pensare, per riflettere, per porsi domande.
Contribuiscono alla riuscita inevitabilmente Matt Smith ed una favolosa Eva Green, a tratti davvero inquietante.
Nota a margine.
Vi ho parlato di fantascienza ma come detto è proprio solo lo spunto di base, il film è tutt’altro.
Ricordate Non lasciarmi? Ecco, siamo da quelle parti lì.
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