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Wilma Montesi: il mistero di quella ragazza normale. Tra festini e politica dell’Italia in bianco e nero

Sulla spiagga di Torvaianica, tra Pratica di Mare e Ostia, era l'11 Aprile del 1953, sono le 7 e 20 quando Ferdinando Bettini- un muratore- sta mangiando un panino, davanti ad una villetta in costruzione mentre attende i colleghi. E' sabato mattina, siamo alla vigilia di Pasqua e Ferdinado si gode un pò di relax, prima di lavorare... . Invece si imbatte nel corpo senza vita, riverso a faccia in giù, di Wilma Montesi.

Sul Corriere della Sera Sandro De Feo scrive “..il corpo di una fanciulla è stato portato dalle acque sulla riva. Bella e ancora non sfigurata. Nè si sapeva chi fosse. Ora si sa il suo nome, Wilma Montesi, ma non le cagioni della sua fine. E la città non parla d’altro e non pensa ad altro. Perché delitto o suicidio, le circostanze che circondano questo fatto sono così diverse da quelle dei suicidi e delitti cui la cronaca ci ha abituati “. 

Nell'Italia del secondo dopoguerra, con il “boom” economico ancora da divenire, reduce da un ventennio di regime fascista, affamata di cronaca nera e libertà di stampa. Un fatto di cronaca, destinato a poche righe, si allargherà a macchia d’olio coinvolgendo personaggi famosi, politici, giornalisti e funzionari dello Stato.

La scomparsa di Wilma - Una ragazza come tante altre di solo 21 anni, che abitava con la famiglia a Roma nelle case popolari del quartiere Salario. Padre falegname, madre e sorella casalinghe ed un fratello. Fidanzata, senza entusiasmo, ad un agente di polizia calabrese, di stanza a Potenza. Saltuariamente qualche lavoretto, come la comparsa a Cinecittà, erano gli anni d'oro dei kolossal. Usciva raramente, sempre accompagnata dalla madre o dalla sorella. Per questo le cronache dell'epoca la indicarono come una giovane attrice o aspirante tale. Cosa ci faceva una ragazza così, da sola sulla spiaggia?

Due giorni prima la madre e la sorella, verso le 16.30, si recano al cinema per vedere “La carrozza d’oro” un film con Anna Magnani ma Wilma preferisce rimanere a casa. Sarà l’ultima volta che la vedono.

La tesi del suicidio- Solitamente la ragazza non rincasava mai dopo le 20, e quella sera il padre, vedendola non rientrare, inizia a preoccuparsi, recandosi al commissariato Salaria, dove ne denuncia la scomparsa. Anzi afferma che teme un suicidio: Wilma era molto legata alla famiglia, ed era turbata dal fatto che sposandosi avrebbe dovuto trasferirsi a Potenza.

Nell’Italia bacchettona degli anni 50’, il suicidio è considerato un onta e per la sorella nubile di Wilma meglio dare altre spiegazioni agli inquirenti: raccontò che entrambe soffrivano di un eczema ai talloni, per questo facevano pediluvi in acqua salata, contenente alte percentuali di iodio necessarie ad alleviare i disturbi.

Morta per un pediluvio - Gli ultimi movimenti della donna sono ricostruiti da alcuni testimoni, alle 17.30 del 9 Aprile Wilma è su treno e scende alla stazione di Ostia. Venti chilometri da dove è stata ritrovata. Secondo la polizia, la giovane donna sarebbe morta per annegamento, causato da un malore - probabilmente una congestione, poiché fu ritrovato del gelato nello stomaco - per aver passeggiato a piedi nudi nell'acqua ancora fredda. Il resto lo hanno fatto le correnti, trascinando il corpo della ragazza. Niente scarpe, niente calze e soprattutto niente borsa, mai ritrovata. Per la procura il caso sì può archiviare. Wilma Montesi è deceduta per un pediluvio.

Le accuse di insabbiamento -Le squinternate conclusioni delle indagini sulla morte di Wilma, scatenano il primo grande giallo mediatico, il primo caso di sesso e politica con delitto o presunto tale.

Ad aprire il fuoco è il quotidiano “Roma” che pubblica un articolo in cui si racconta che Wilma Montesi, dieci giorni prima dei fatti, era in compagnia del figlio di un alto esponente del governo. Rincara la dose il settimanale satirico “Merlo Giallo” che pubblica una vignetta dove un piccione vola con un reggicalze nel becco. Quel piccione è facilmente riconducibile al ministro degli esteri Attilio Piccioni, democristiano e braccio destro di Alcide De Gasperi, mentre il reggicalze è uno di quegli accessori scomparsi.

Siamo in piena campagna elettorale e sulla vicenda interviene anche il periodico comunista “Vie Nuove” con un articolo di Marco Cesarini Sforza, giornalista non avvezzo al gossip. Dopo aver ripercorso la vicenda della morte di Wilma Montesi, il giornalista scrive che il “biondino”, di cui tanto s’è parlato nelle ultime cronache è il figlio del vicepresidente del Consiglio Attilio Piccioni, Piero. Noto musicista jazz della radio- c’è solo quella pubblica e la tv è ancora lontana- è conosciuto con il nome d’arte di Piero Morgan, fidanzato con la star del cinema italiano Alida Valli 

Per la prima volta viene fatto esplicitamente un nome, il giornalista è querelato da Piccioni ed inizialmente, convocato in tribunale, tiene duro confermando le accuse ma non può rivelare le fonti, ammettendo che arrivano proprio dall’interno della DC. Non essendo in grado di provare nulla, criticato anche dal proprio editore di riferimento il PCI, Cesarini Sforza ritratta ogni cosa e la vicenda sembra chiudersi.

Dopo la vittoria alle elezioni di De Gasperi, gli italiani pensano alle vacanze e sembrano aver dimenticato il caso Montesi.

Festini sesso e droga- Ci pensa il settimanale romano Attualità diretto da Silvano Muto, che ne è anche il proprietario, a rimescolare nel torbido. Nell’ Ottobre del 53’ pubblica un articolo “ La verità sulla morte di Wilma Montesi” firmato dallo stesso Muto. Il giornalista critica le frettolose indagini della polizia, insinuando un depistaggio per coprire qualcuno da eventuali scandali. Muto non fa nomi, ma parla di festini a base di sesso e droga nei villini del litorale romano. Alcuni passanti che hanno aiutato un uomo a disincagliare l’auto dalla spiaggia, riferiscono che a bordo vi era proprio Wilma. Stavano andando a Capocotta, per partecipare ad uno dei famosi festini. Ci sono due persone importanti che Muto indica come X e Y. E’ stato lì, che a causa di un cocktail di alcol e droga, la Montesi si è sentita male.. Gli altri la credono morta e spaventati la scaricano sulla spiaggia, dove muore annegata. Visto che X e Y sono personaggi molto influenti, la polizia insabbia tutto. Altra querela e altra ritrattazione. Muto alcuni anni dopo, spiega che scritto l’articolo in base a “rumors” che giravano negli ambienti politici dell’epoca 

Nel 1954 viene concesso -guarda caso- un indulto per i reati di diffamazione a mezzo stampa, magari per chiudere la vicenda senza altro rumore. Ma l’articolo di Muto non rientra nei termini di preiscrizione, per solo una settimana. Significa istruire un processo, su cui si avventa ogni testata nazionale ed un popolo attratto dalla morbosità del caso e dalla narrazione del sottobosco politico, completamente nuova per l’Italia rurale e bigotta degli anni 50’. C’è talmente tanta gente che la polizia deve disperdere la folla. Ma ci sono anche diversi politici che seguono il processo, anche un giovane Giulio Andreotti.

Il Cigno Nero - Silvano Muto, ritratta la ritrattazione: non è vero che si è basato su voci di corridoio. Ha svolto delle indagini, interrogando alcuni testimoni. La prima è una ragazza di Caserta, Adriana Bisaccia che conferma la versione data dal giornale di Muto. Adriana afferma di essere stata presente all'accaduto e indica Piero Piccioni come responsabile della morte di Wilma, accusando di complicità il proprietario della villa, dove si sarebbe svolto il festino, il marchese Ugo Montagna. L’altra testimone invece proviene dalla buona borghesia milanese, Anna Maria Moneta Caglio, soprannominata Il Cigno Nero, dalla scrittrice Camilla Cederna, per il collo affusolato e l’abitudine di vestirsi di scuro. Figlia di un notaio brianzolo iscritto alla DC, è fidanzata con Ugo Montagna. Arriva a Roma nel Maggio del 1952, sperando di debuttare nel cinema. Il padre le affida tre lettere di raccomandazione da consegnare al Ministro delle telecomunicazioni Spataro, l’altra per la Massoneria ed infine una per Giulio Andreotti. Due mesi dopo il suo arrivo, Anna Maria conosce Ugo Montagna, proprio quando si reca presso la segreteria del ministro.

I due iniziano a frequentarsi e la Caglio racconta di aver già visto Piero Piccioni in compagnia di Montagna, un giorno il fidanzato le chiede di allontanarsi da Roma, poichè deve accompagnare il jazzista alla sua tenuta di caccia proprio a Capocotta. Anche se Anna Maria non comprende le ragioni della richiesta, parte per Milano, rientrando nella capitale alcuni giorni dopo. Scopre dai giornali, quello che accaduto dalle parti del villino di Capocotta e lo dice al fidanzato. Secondo la donna, Montagna si arrabbia molto con lei. Afferma che dopo una accesa discussione telefonica con Piccioni, il marchese le rivela che ci sono stati troppi accostamenti tra il musicista e la Montesi. Anna Maria accompagna il fidanzato ad un appuntamento al Viminale, dove si incontra con il suo amico Tommaso Pavone, capo della polizia. Poi Montagna le intima di andarsene definitivamente, sa troppe cose.

Memoriali ed indagini parallele- Impaurita la donna si rivolge ad amici gesuiti di famiglia, ai quali racconta tutto. La storia arriva ad un senatore della DC, fratello di uno dei gesuiti, ed un memoriale finisce sul tavolo di Amintore Fanfani, Ministro degli Interni. L’occasione di far fuori un rivale politico è ghiotta, per cui Fanfani affida, in via non ufficiale, al colonnello dei carabinieri Umberto Pompei una controinchiesta. L’ufficiale smonta l’indagine della polizia. Wilma non poteva essere sul treno alle 17.30, perché la custode dello stabile dove abitava la vede uscire tra le 17.20 e le 17.30. Secondo i primi accertamenti il rigor mortis non è ancora completo, e viste anche le condizioni di vestiti e smalto, la morte avrebbe potuto sopraggiungere al più tardi alle otto del mattino precedente. Gli orari non collimano con le testimonianze, se Wilma si fosse sentita male ad Ostia e lasciata in balia delle correnti per due giorni, il corpo sarebbe stato in condizioni ben peggiori. 

Questa controindagine, così riservata non è, tanto che l’avvocato del giornalista Silvano Muto la porta agli atti della difesa. I magistrati decidono di sospendere il processo e la Procura di Roma, apre un'istruttoria sulla vicenda, affidata al giudice Raffaele Sepe.

Alla sbarra il figlio del ministro e il questore- Il giudice Sepe, azzera le conclusioni della polizia. Effettua sopralluoghi personali sul percorso di Wilma da casa alla stazione, concludendo che non avrebbe mai potuto essere sul treno per Ostia alle 17.30. Rivede le testimonianze di coloro che dicono di averla incrociata: colore ed abbigliamento, diversi da quelli indossati da Wilma il giorno della scomparsa, una collana di perle che la Montesi non indossava.

Orari incompatibili, testimoni incerti. Il ritrovamento del corpo a Torvaianica, circa venti chilometri da Ostia. Nei polmoni viene ritrovata pochissima acqua, segno che Wilma è affogata sulla spiaggia e la composizione della sabbia ritrovata è compatibile con Torvaianica. Per Sepe la storia di una ragazza che va ad Ostia per un pediluvio, trascinata dalle correnti è una sciocchezza.

Il giudice ritiene attendibile la ricostruzione dei giornali e delle due testimoni. Wilma Montesi, creduta morta, è stata portata sulla spiaggia ancora svenuta dalla villa di Capocotta alla spiaggia vicina, dove è annegata lentamente.

Sepe rivolta l’immagine di brava ragazza della Montesi, che ritiene invece essere entrata nel giro della droga e della prostituzione di lusso, permettendole un tenore di vita al di sopra delle sue possibilità.

Nel settembre del 1954, Piero Piccioni viene arrestato per omicidio colposo e Ugo Montagna si costituisce. Viene inviato un mandato di comparizione, all’ex questore di Roma Saverio Polito, accusato di depistaggio. Nel frattempo il caso Montesi miete vittime illustri: il ministro Attilio Piccioni, travolto dallo scandalo lascia l’incarico e si ritira a vita privata, lasciando mano libera proprio a Fanfani che diverrà il nuovo leader della DC. Il chiacchieratissimo capo della polizia, Tommaso Pavone viene rimosso, a seguito di interrogazioni parlamentari.

Wilma Montesi è stata uccisa ma da chi? - Da Roma il processo, viene spostato a Venezia e per mesi tiene banco sulle prime pagine dei giornali Piero Piccioni, il presunto colpevole, dice di avere un alibi. Nei giorni in cui scompare Wilma Montesi si trova ad Amalfi. E’ tornato a Roma nel pomeriggio del 9 Aprile, chiudendosi in casa perchè febbricitante. Presenta un certificato medico e degli esami, per dimostrarlo., Ma non basta, arrivano tre lettere anonime in tribunale che accusano Piccioni di aver contraffatto la data.La perizia lo conferma, data e firma del medico sono false. Ci siamo per Sepe, il suo colpevole è spacciato.

Invece irrompe sulla scena, una star dell’epoca Alida Valli. Fidanzata del jazzista, che conferma l’alibi.

Il processo dura tre anni e alla fine Piccioni, Montagna e Polito sono assolti ed il tribunale di Venezia conferma la tesi di Sepe. Wilma Montesi è stata uccisa, ha avuto un malore a quel festino ed è stata abbandonata in spiaggia, ancora svenuta ma non sappiamo da chi.

Foto: Antonio Pagliu/Wikimedia

 

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