Vota la colpa “peggiore” tra omosessualità, ateismo e aborto
L’ultimo episodio arriva dal liceo classico "Annibale Mariotti" di Perugia. Qui l’insegnante di religione, per avviare una discussione su certi temi spinosi, non ha trovato di meglio che somministrare agli studenti un questionario. Si chiedeva di attribuire un voto (da 0 a 10) “in ordine di gravità sulle principali colpe di cui ci si può macchiare”.
Diverse volte ci siamo soffermati sull’inadeguatezza dell’ora di religione cattolica per trattare questioni come il dialogo tra confessioni o l’omosessualità in una società sempre più secolarizzata. Problema che diventa più cronico con l’aumento degli adolescenti che non sono credenti o non si riconoscono nella religione cattolica. Senza contare che gli insegnanti devono attenersi, pena il ritiro dell’abilitazione, a programmi redatti dalla conferenza episcopale “complementari” al catechismo, e talvolta non sono aggiornati né molto tolleranti. Si sentono quindi sempre più casi di studenti che lamentano un approccio poco moderno dell’Irc.
Un caso eclatante accadde a Venezia l’inizio di quest’anno, quando vennero pubblicati gli appunti di un professore di religione del liceo Marco Foscarini, in cui si trattava con un approccio integralista il tema dell’omosessualità.
L’ultimo episodio che evidenzia questa inadeguatezza arriva dal liceo classico "Annibale Mariotti" di Perugia. Qui l’insegnante di religione, per avviare una discussione su certi temi spinosi, non ha trovato di meglio che somministrare agli studenti un questionario. Si chiedeva di attribuire un voto (da 0 a 10) “in ordine di gravità sulle principali colpe di cui ci si può macchiare”. Nel lungo elenco a fianco di reati quali spaccio di droga, sequestro di persona, infanticidio, abusare di bambini e sofisticazione alimentare, o altri comportamenti condannabili come fare la guerra, troviamo anche omosessualità, aborto, prostituzione, eutanasia, divorzio, esperienze prematrimoniali, uso di contraccettivi, convivenza, “infettare con l’AIDS”, ma anche “non credere in Dio”, “non andare a messa”, “non pregare mai”. Alcuni studenti, indignati da questi accostamenti, hanno diffuso foto del questionario sui social network.
L’associazione Omphalos Arcigay Arcilesbica di Perugia ha denunciato l’accaduto e chiesto l’intervento delle istituzioni. “Che in una scuola pubblica si propinino simili esercitazioni, con evidente impatto nella sfera psico-emotiva degli alunni è veramente sbalorditivo”, commenta Emidio Albertini, co-presidente di Omphalos, in un comunicato, “mentre le cronache ci raccontano tanti casi di giovani ragazzi omosessuali, che arrivano al suicidio perché si sentono soli, emarginati e derisi dai propri compagni, la scuola si mostra spesso carente nel fornire garanzia di inclusione a qualunque individuo nel gruppo classe, mancando inevitabilmente l’obiettivo fondamentale di disperdere atti di bullismo e discriminazione”.
Il dirigente scolastico, Filippo Vincenzo Maiolo, per tutta risposta ha parlato di “tempesta in un bicchier d’acqua” scatenata da Arcigay, promettendo di verificare quanto accaduto con l’insegnante. Nel frattempo ci si chiede, come fa Pasquale Videtta sul suo blog de L’Espresso, se questo test nel fare azzardati accostamenti non sia espressione di omofobia.
È alquanto infelice che siano messi sullo stesso piano come “colpe” di cui ci si può “macchiare” gravissimi reati e diversi peccati. Ciò non contribuisce a creare un buon clima nella scuola, specie tra categorie come non credenti o gay, perché può fomentare un pregiudizio omofobico, ateofobico o d’altro tipo. Certo, non c’è proprio da stupirsi, visto che la condanna di certi comportamenti — come essere gay, atei, abortire, usare il preservativo — è ribadita con forza dalla dottrina cattolica, sebbene papa Bergoglio sia reticente a parlarne per esigenze di immagine, come ha fatto capire nell’ultima intervista a Civiltà Cattolica.
L’approccio del questionario è quindi prettamente e tristemente cattolico, perché in maniera implicita etichetta con un pregiudizio negativo certi atti, lasciando allo studente la possibilità di dare un punteggio al grado di peccato. Nonostante i metodi assai discutibili, si potrebbe ipotizzare che l’insegnante abbia agito con scarsa responsabilità ma con buone intenzioni, allo scopo di stimolare un confronto con gli studenti su temi delicati. Una ipotesi che ci appare azzardata: in tal caso perché tra le “colpe” non includere anche “credere in Dio”, “pregare”, “essere omofobi” e “andare a Messa sottraendo tempo a più utili attività”?
Uno studente gay della classe, intervistato, ha detto che il questionario era stato distribuito anche l’anno scorso e “senza alcuna spiegazione preliminare e senza soprattutto definire il concetto di colpa”. Al che lui stesso aveva protestato e il professore gli aveva spiegato “che si trattava di una scheda non scritta da lui, ma redatta anni prima da uno studioso”. Ma ci tiene a precisare: “Non è una persona omofoba, non ingigantiamo la questione”. Visto il clamore destato, alcuni allievi della classe hanno scritto una lettera per difendere il docente e il buon nome della scuola contro le semplificazioni e il sensazionalismo dei giornali.
La finalità del test, tratto da una vecchia indagine sociologica, “era un confronto diretto su temi come l’aborto e il suicidio”, spiegano, e lo stesso insegnante “ci ha tenuto a precisare che la voce ‘omosessualità’ non fosse giustificabile”. Certo di questo va tenuto conto, ma queste parziali spiegazioni devono far riflettere su un altro aspetto. Se idee del genere vengono facilmente veicolate nei licei, pur con tutti gli accorgimenti e considerando lo spirito critico e la maturità dei ragazzi, si può solo immaginare cosa può essere inculcato nelle menti di bambini che fanno Irc per una o due ore alla settimana. Va anche fatto notare che, parafrasando Nanni Moretti, le parole che si usano sono importanti: si poteva certamente anche cambiare o cassare qualche voce, perché appunto il problema non era solo l’omofobia strisciante, ma il sottofondo di condanna moralistica che passa con leggerezza e mette l’omicidio a fianco di cose come l’ateismo e l’omosessualità.
Ma a quanto pare episodi del genere nelle scuole sono solo la punta di iceberg clericale, e nemmeno tra i più gravi. Videtta racconta un fatto preoccupante raccontatogli dal dirigente di Omphalos, avvenuto qualche mese fa all’Ipsia Cavour-Marconi di Perugia. Erano stati invitati come associazione nell’ambito di un progetto ministeriale contro il bullismo, che colpisce anche gli omosessuali nelle scuole, ma un professore ha ottenuto che qualche giorno dopo per “par condicio” fosse organizzato un incontro con il gruppo cattolico Lot Regina della Pace, che promuove le terapie riparative per "curare" l’omosessualità. Preoccupante che la propaganda integralista per “mondare” i gay sia ritenuta degno contraltare al bullismo omofobico, fatto di umiliazioni e pestaggi. E che una scuola pubblica permetta tutto questo, senza porsi problemi.
Il problema di fondo, di fronte a fatti del genere, è piuttosto per chi sceglie di far frequentare ai propri figli l’ora di religione, o degli stessi ragazzi che hanno posizioni laiche ma accettano di seguire l’Irc. Come noto, purtroppo diventa spesso una scelta obbligata, visto il lassismo delle scuole nel garantire l’ora alternativa (nonostante sia un diritto vederla attivata) o un’altra opzione rispetto all’insegnamento della religione cattolica.
L’Irc non è più adeguato alla società che cambia e ha scarsa valenza didattica, considerando che è un relitto concordatario che andrebbe semplicemente superato. E che pesa per oltre un miliardo di euro, soldi con i quali si potrebbe migliorare il sistema scolastico nel suo complesso, rendendolo più laico e pluralista. La nostra associazione fornisce assistenza nel caso ci fossero problemi o dubbi nell’attivazione dell’alternativa. Chiedere che vengano rispettati i propri diritti è possibile, anche quale strumento per garantire una scuola più pluralista e che concede sempre meno spazi all’integralismo montante.
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