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Volontariato di strada. In prima linea con i City Angels

Quante storie, quanti significati, quante scelte ci sono dentro alla parola volontariato? Molte. C’è chi decide di dedicarsi ad aiutare i bambini, chi gli anziani, chi gli immigrati, chi i rifugiati. C’è chi porta aiuto durante le emergenze e chi lo fa costantemente perché in certi posti l’emergenza non cessa mai. C’è chi come Amnesty International difende i diritti umani a livello globale, attraverso petizioni, appelli, manifestazioni. C’è chi si dedica a un paese.

E poi ci sono loro. I City Angels, tradotto angeli della città, il sinonimo di quel volontariato di strada e d’emergenza che agisce in prima linea ogni giorno per le vie delle città. Da Milano a Roma, da Torino a Venezia e poi Modena, Parma, Cagliari, Messina e a breve anche in Svizzera. Il volontariato di coloro che, indossata la divisa, giubba rossa, pantaloni neri e l’immancabile basco blu simbolo delle forze Onu portatrici di pace, scendono in campo per portare aiuto immediato e sul momento a chi ha bisogno. Tossicomani, prostitute, immigrati, alcolisti e soprattutto i senzatetto.

La missione? Intervenire al bisogno distribuendo principalmente maglioni, vestiti, coperte o alimenti ma anche semplicemente scambiare due chiacchiere per un – "Ciao, come stai oggi? Bisogno di qualcosa?" – che spesso vale più di qualsiasi altra cosa. "Sì perché a volte alle persone che incrociamo durante le nostre notti per le strade è sufficiente una parola di conforto, di interesse. Questo manca a chi si ritrova nella condizione di avere come casa la strada” – racconta MacGiver, nome in codice del caposquadra della serata a cui abbiamo preso parte. “Quando li salutiamo, chiamandoli per nome, i loro occhi si illuminano solo per il fatto che abbiamo ricordato come si chiamano. Siamo davanti a persone che non vengono più considerate per vari motivi”.

Il ritrovo milanese dei City Angels è nella sede operativa sotto il ponte di via Tonale nei pressi della Stazione Centrale. È lì che si riuniscono ogni sera per partire alla volta delle strade della città. Tre ore di "sorveglianza", scandagliando ogni angolo per poi fare ritorno in sede. Insieme ai gruppi di City Angels che si muovono a piedi, in genere due composti da tre o cinque volontari, si sposta anche l’unità mobile, un autobus con altri due volontari con l’incarico di distribuire oltre a coperte e vestiti, gli alimenti.

Sul logo dei City Angels si leggono due parole. Solidarietà e sicurezza. Se solidarietà va da sé, la sicurezza interviene, pur sempre con il ruolo di paciere, in caso di piccole risse. “A volte quando ti muovi nelle vie più periferiche è più probabile incontrare situazioni che possono sfociare in tafferugli. In quel caso si cerca di fare da mediatori tentando di riportare la situazione nella norma” – ci racconta Blade, il vice caposquadra.

In genere non ci sono aggressione nei nostri confronti, magari ci arriva qualche parolaccia ma in generale c’è un senso comune di rispetto per la difesa, di riconoscimento del nostro ruolo che comunque è solo quello di aiutare, di supportare in caso di bisogno. Non siamo dei vigilanti, il nostro vigilare è in senso lato.

Ci incamminiamo per le vie limitrofe della Stazione Centrale. Direzione Piazza San Babila dove incroceremo l’unità mobile. Strada facendo incontriamo i primi senzatetto, alcuni seduti al bivacco, altri già coperti alla meglio con piumini, nascosti dal mondo esterno da grossi pezzi di cartone. La domanda per approcciare è sempre la stessa. “Ciao, come va stasera? Stai bene? Hai bisogno di qualcosa? Hai freddo, sei coperto? Abbiamo dei maglioni”. Uno dei volontari apre lo zaino, preparato in anticipo in sede. “Ecco tieni, prova a vedere se questo va bene”. La scena si ripete.

La maggior parte chiede guanti, sciarpe, cappelli ora che il freddo di notte si fa sentire. C’è anche chi chiede un tè caldo. Percorriamo Corso Buenos Aires fino a Piazza San Babila. Quando arriviamo c’è già un folto gruppo di persone in attesa. Quasi tutti uomini, molti insospettabili, vestiti di tutto punto in attesa dell’autobus. Le vie del centro sono trasformate. Al fianco di lussuosi negozi, nei punti più riparati si scorgono gruppi di quattro – cinque persone avvolte nei sacchi a pelo. Ci ferma un uomo sulla quarantina, italiano, con forte accento meridionale. Racconta della sua storia, dei tentativi che ha fatto per trovare un posto letto senza riuscirci. Non si capisce molto il filo di ciò che dice. Alla fine chiede una sciarpa e dei guanti. Pare che gli abbiamo rubato tutto alcuni "colleghi" e così da poco si è ricostruito la sua "casa".

“Spesso mettono le loro cose dentro sacchi neri della spazzatura, le nascondono per il giorno e poi magari arrivano i proprietari dei negozi che li scambiano per reale spazzatura e buttano tutto”- dice MacGiver. Così, restano a mani vuote. Ci dirigiamo verso Piazza Duomo dove incontriamo una sorta di santone avvolto da una coperta. Dice che gli hanno donato alcuni panettoni ma lui non li vuole perché è vegetariano. Ci avviciniamo a un uomo dai capelli lunghi e bianchi, i City Angels gli rivolgono parola cauti, lo conoscono, sanno che non ama la relazione con l’altro. È poco vestito e forse ha bisogno di cibo. Lo accompagniamo indicandogli l’unità mobile in arrivo. Ci segue a fatica perso nel suo mondo e dopo pochi minuti si dilegua. “Questo è il vero disagio sociale, non tutti vogliono farsi aiutare, alcuni sono immersi nel loro mondo e non intendono uscirne”- dice MacGiver.

La nostra ronda è al termine. È circa mezzanotte quando facciamo ritorno in sede. I City Angels si mettono in cerchio, ciascuno esprime poche parole, qualche commento sul vissuto della serata. Non è andata nemmeno tanto male oggi, abbiamo distribuito un po’ di maglioni, ha smesso di piovere e non fa nemmeno tanto freddo. Già.

Valentina Generali per “Segnali di Fumo – il magazine dei diritti umani”

 

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