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Viaggio a Galtellì, il paese che sa raccontare...(pt.1)

Avverto sensazioni melanconiche, quasi proustiane, quando penso agli odori, ai sapori, ai rumori che percepivo a Galtellì molti anni fa, in casa dei miei nonni paterni. Si tratta, beninteso, di profumi, odori e sapori di cose semplici, come quelli che una volta era possibile sentire nei pochi ambienti di cui erano composte tutte le antiche, essenziali dimore di pastori e contadini e in quella casa dove mio padre era nato e aveva vissuto gli anni della sua prima giovinezza.

Erano i profumi del pane carasatu (o della coccone lenta) appena cotto e quello degli ortaggi e dei frutti coltivati nella fecondissima piana del fiume Cedrino, delizie che la mia cara nonna, all’ora di pranzo, portava sempre in tavola a noi che ogni anno, nel mese di agosto, passavamo le nostre vacanze estive in questo bellissimo e antico borgo della bassa Baronia che continua ad apparire impermeabile ai segni lasciati dallo scorrere degli anni e che si trova a poca distanza dalle rinomate e frequentatissime spiagge di Orosei.

Era anche l’odore dei ceppi messi da parte per l’inverno, della terra dopo gli acquazzoni estivi, del legno vetusto delle porte e del grande portale esterno che chiudeva sa corte, il cortile di quella abitazione tanto semplicemente conformata da commuovere, il rumore dei tarli la notte e quello delle foglie del pergolato appena mosse da una episodica brezza in qualche rovente pomeriggio d’estate.

Duemilacinquecento anime, trenta chilometri dal capoluogo della Barbagia, Galtellì è ancora oggi un borgo a vocazione pastorale e agricola, un villaggio abitato da gente semplice che a chi lo visita per la prima volta può dare l’impressione di essere stato artificialmente trascinato nei giorni nostri da un trascorso più o meno remoto, quasi che il tempo, da queste parti, non fosse mai trascorso.

Altri luoghi non hanno saputo resistere altrettanto dignitosamente all’usura esercitata dall’avvicendarsi dei secoli. Non è infrequente, mentre si passeggia all’interno del centro storico di questo paese, imbattersi in una delle tantissime e antiche ancora esistenti abitazioni dai muri chiari o bianchissimi; in qualcuno dei grandi tipici portali baroniesi di legno attraverso cui accedere a quello spazio interno più o meno vasto di cui ogni casa era un tempo dotata. E ancora, ai diversi ambienti domestici che su di esso si affacciavano nelle sempre numerose e suggestive piazzette lastricate, testimoni di un passato e di una grandezza storica di cui qui è rimasto non poco, in edifici che costituiscono, per la loro particolarità costruttiva, per il loro aspetto architettonico e per la loro gloriosa vetustà, la rappresentazione concreta di una straordinaria concentrazione di tesori storico artistici e di una qui diffusa volontà di conservazione dei beni culturali che hanno contribuito e contribuiscono a costruire l’identità di questo centro abitato.

Diversi sono gli aspetti attraverso cui può essere condotta una pur breve ricerca sul paese: a prevalere sugli altri sarebbero forse gli aspetti storici e storico religiosi che hanno caratterizzato Galtellì. Meritano tuttavia la più viva attenzione anche gli aspetti culturali, ambientali ed etno-antropologico-religiosi che risultano indissolubilmente connessi alla vita quotidiana di questa comunità e al considerevole patrimonio di ricchezze di cui essa può disporre. 

Il toponimo potrebbe riflettere il significato di un termine greco-bizantinorifugio fortificato, rocca – derivante da una ipotesi non confermata di appartenenza del luogo al sistema difensivo dell’impero bizantino in Sardegna. Dopo essere stata dominata dai cartaginesi e dai romani, nell’evo di mezzo Galtellì entra a far parte del giudicato di Gallura e quindi del dominio degli Aragonesi. Da allora il villaggio vede avvicendarsi una serie nutrita di feudatari.

Secondo alcuni, l’instabilità che consegue al continuo insediarsi di proprietari diversi fu l’inizio, e solo una delle cause, del decadimento di Galtellì. Il pesante calo demografico dovuto alla peste nera, che interessò tutto il continente europeo tra la metà del 1300 e la metà del 1400, fu cagione non solo di uno spopolamento genericamente e uniformemente diffuso ma addirittura della scomparsa, in tutta la Gallura e anche nell’ambito della curatoria di Galtellì, di interi villaggi.

In particolare, tra essi, ricadevano in quello che è oggi territorio comunale di Galtellì i villaggi scomparsi di Muro e di Torpè di Galtellì. Il primo si trovava a quattro chilometri dal paese, contava circa sessanta abitanti e già nel 1358 risultava disabitato. Il secondo contava una novantina di abitanti, era vicinissimo all’abitato di Galtellì, e si trova censito fino al 1688.

Del decadimento generale del paese parla anche il Casalis, allorchè attribuisce le cause di esso, oltre che alle pestilenze, alle invasioni dei barbari, alla tirannia esercitata sulle popolazioni dal regime feudale e ai governi aragonese e spagnolo che definisce pessimi. Il villaggio viene in seguito ricompreso nella Baronia di Orosei. In tempi più recenti (dal 1927 al 1946) Galtellì fu amministrativamente costituita in Comune insieme ai vicini villaggi di Irgoli, Loculi e Onifai. Ciascuno dei suddetti paesi è, oggi, indipendente dal punto di vista amministrativo. 

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