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Ventimiglia e Bordighera terre di ‘ndrangheta: sentenza storica dal Tribunale di Imperia

Il Tribunale dell’estremo Ponente ligure ha comminato pene per complessivi due secoli di reclusione, assolti invece i politici.

Per la prima volta in Italia un Tribunale non del Meridione ha ufficialmente riconosciuto l’esistenza di due cosche mafiose a più di mille chilometri dai luoghi d’origine degli affiliati, nella fattispecie dalla Calabria. Nell’estremo Ponente ligure, e cioè a Ventimiglia e Bordighera, quindi, da decenni, secondo la sentenza pronunciata il 7 ottobre dal Tribunale penale di Imperia, la ‘ndrangheta ha attecchito perpetrando le stesse attività criminali quali traffico di sostanze stupefacenti, controllo del mercato della prostituzione, racket e riciclaggio di denaro “sporco”, abituata a porre in essere nelle terre d’origine.

Nell’estremo Ponente ligure, siamo a pochi chilometri da Sanremo, la ’ndrangheta è diventata inoltre talmente potente da condizionare, con il voto di scambio, l’attività politica. E’ vero che la sentenza dell'altroieri, letta dal presidente del collegio penale imperiese Paolo Luppi, figlio di uno dei più valorosi capi partigiani liguri, con a latere i giudici Bonsignorio e Botti, ha mandato assolti i politici e cioè l’ex Sindaco di Forza Italia di Ventimiglia Gaetano Scullino ed il suo city manager Prestileo ma è anche vero che questi erano soprattutto accusati di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, un reato cioè singolarmente esistente solamente in Italia, considerando tutte e ventotto le Nazioni dell’Unione europea, e molto difficile, per non dire quasi impossibile, da provare. Rimane però scolpita negli anni a venire la certezza che pure la Liguria non è immune dal fenomeno mafioso e che, anzi, in occasione della biblica emigrazione di migliaia e migliaia di calabresi nell’imperiese a cavallo degli anni sessanta del secolo scorso sono arrivati in terra di Liguria al confine con la Francia, oltre a tantissimi lavoratori onesti, pure malandrini il cui scopo era quello di perpetrare pure in riva la Mar Ligure, terra sino a non molto tempo fa assai ricca, le stesse pratiche di dominio criminale che asfissiano le loro terre d’origine.

Il riconoscimento da parte del Tribunale di Imperia dunque, nella sentenza dell'altroieri, del vincolo associativo di cui all’articolo 416bis del codice penale italiano, cioè l’associazione a delinquere di stampo mafioso, rappresenta una vera e propria “svolta” per lo Stato italiano che riconosce su così larga scala come mafia, ‘ndrangheta e camorra non siano più e solamente “patrimonio” delle regioni meridionali ma ormai fenomeni estesi a tutt’Italia. Sedici anni e sei mesi di reclusione, cioè la pena più alta inflitta ieri, sono stati comminati a Giovanni Pellegrino, capo della cosca mafiosa di Bordighera, sedici anni al fratello Michele, entrambi sino ad ora rispettati imprenditori nel ramo dell’edilizia, sedici anni all’anziano capo-bastone di Ventimiglia Giuseppe Marcianò, dodici anni al figlio Vincenzo: così si è espresso il Tribunale di Imperia accogliendo sostanzialmente l’impianto accusatorio della Procura antimafia di Genova.

Tafferugli al momento della lettura del dispositivo della sentenza: alcuni boss mafiosi ristretti nel “gabbione” riservato agli imputati pericolosi, ed alcuni loro parenti hanno pesantemente contestato il verdetto ed insultato la corte mentre l’assolto ex-sindaco Scullino versava qualche lacrima, visibilmente teso ed emozionato. Adesso ci sarà il processo d’Appello a Genova e poi, quasi sicuramente, il ricorso in Cassazione ma per il momento rimane la certezza che anche il Nord Italia è, al pari del Mezzogiorno, terra di mafia e che lunga sarà la strada per sradicare un fenomeno criminale così profondamente incancrenitosi un po’ in tutto il Paese.                          

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