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Una mujer fantàstica di Sebastián Lelio

Non sento niente no, adesso niente no, nessun dolore, non c'è tensione, non c'è emozione, nessun dolo-o-re! Nessuna tensione, nessuna emozione stimola questo film, non fa innamorare nonostante i colpi di scena introdotti dalla colonna sonora, gli sforzi del regista (Sebastian Lelio) e la sceneggiatura, che a ogni buon conto ha avuto l'Orso d'Argento a Berlino 2017 e che dovrebbe rappresentare il Cile ai prossimi Oscar. E nonostante la co-produzione di Pablo Larraìn e Maren Ade (la tedesca di Vi presento Toni Erdmann), ma del resto i produttori cinematografici sono coloro che credono in un film e si occupano di trovare i finanziamenti. Un film giocato sull'ambiguità, fin dal titolo Una mujer fantàstica: il personaggio di Marina che conosciamo, donna dolce e bella, innamorata di un compagno più anziano con cui serenamente ad una cena programma un viaggio alle cascate di Iguazù, è nei fatti un Daniel interpretato dal-la 27enne Daniela Vega, nella vita reale ottimo cantante che ha avuto il coraggio di cambiare sesso. Può essere considerato un film di testimonianza su questo coraggio, che comporta anche quello di farsi riconoscere donna nella società, la quale invece avversa o disprezza una donna ex uomo, almeno in segmenti sociali incolti e ottusi. Queste reazioni sociali avrebbero potuto essere più profondamente affrontate. I limiti però di questo film (trattasi di opinioni da non esperto ovviamente) stanno in certe incongruenze, successione di scene che non paiono collegate tra loro o accadono in modo inverosimile: Marina che accompagna al pronto soccorso il compagno con l'auto ma poi se ne va a piedi, salvo rivederla nella stessa auto successivamente; Marina che sembra voler vivere una vita nuova dopo la morte di lui dimenticandolo e, pur contrita, si butta in una discoteca alla rozza ricerca di qualcuno con cui avere un rapporto sessuale. Le immagini sembrano poi la celebrazione di questo corpo e di questo volto maschile o femminile, la macchina da presa è instancabilmente su di lei. I giudizi di stampa esperta sulla locandina del film appaiono osannanti e naturalmente positivi (nel marketing il prodotto và promosso), l'immagine in essa riassume bene, forse, la posizione in cui può trovarsi una persona che ha desiderato e deciso di cambiar sesso, “sospesa nel vento”. Una cosa che trovo inspiegabile è come il dolore per la morte del suo compagno Marina debba mostrarlo volendo partecipare per forza al funerale, a dispetto dei parenti di lui – ex moglie inclusa – che non la vogliono, o volendone vedere la salma all'obitorio prima della cremazione, quasi indagando o cercandone inutili oggetti: il dolore per una perdita sarebbe cosa molto personale, da vivere con sé stessi e in silenzio, senza rappresentazioni esteriori. Non sembra esserci dolore nell'indagine di Marina, solo imporsi ex-post come unica vera compagna. Transamerica fu molto migliore e coinvolgente.

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