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Una leggina. Basterebbe una leggina

Una leggina. Basterebbe una leggina

Ed ora siamo in crisi.

Da un po’ di anni.

Prima ci dicevano era una questione del petrolio….

Poi , non ci dicono più niente.

250.000 persone aspettano in Italia di essere licenziate.

Non parliamo dell’America, dove ai licenziamenti si accompagna l’esasperazione delle stragi.

E’ una crisi a carattere mondiale.

Si incomincia a parlare di corruzione a livello di vertici: vanno in vacanza di lusso, con i soldi dati dal governo, per la conservazione dei posti di lavoro (vedi discorso del Sig. Obama)

Assistiamo a governi che sostengono le banche, al Fondo Monetario Internazionale, che sostiene i governi, tutti con provvedimenti speciali.

Ciò che noi non assistiamo è una visione dell’insieme, con un analisi dettagliata delle cause e con progetti a lunga scadenza.

Quando viene chiesto il perché della crisi ad illustri economisti, lunghi discorsi descrittivi della situazione attuale prendono il posto di un chiarimento.

In questi anni abbiamo assistito a grandi cose.

Il nuovo millennio si è aperto con un dolore enorme per tutta l’umanità: l’attacco alle Twin Towers.

A questa è seguita la risposta americana: la guerra all’Afganistan.

Dopo di ciò l’America dichiara guerra all’Iraq; motivo della guerra: sospetto di depositi di armi chimiche nel territorio iracheno.

Questo sospetto non venne mai suffragato dai fatti.

A me, personalmente la guerra all’Iraq, non mi sorprese.

Saddam Hussein aveva attaccato il Kuwait, un paese estremamente importante nel mondo, per il suo prodotto petrolifero.

Questo scatenò la guerra dei quattro giorni, che liberò il Kuwait, e lasciò Saddam Hussein al governo dell’Iraq.

Gli Stati Uniti d’America sono una delle più potenti nazioni del mondo, o addirittura la più potente.

Ovviamente avranno espresso un pensiero su sé stessi, e quindi coscientemente hanno scelto il ruolo di poliziotto del mondo, ruolo riconosciutogli ovunque.

Ragion per cui, lasciare un Saddam Hussein al governo dell’Iraq, un Saddam Hussein, che aveva attaccato un Kuwait, senza nessun motivo, non poteva essere ammissibile.

Un uomo, così pericoloso, non poteva essere lasciato al potere.

Di sicuro, alla prima occasione, gli Stati Uniti avrebbero deposto Saddam Hussein - questo era il mio ragionamento.

In mezzo al dolore delle Twin Towers, gli Stati Uniti, spinti da un sospetto, dichiarano guerra all’Iraq.

Viene deposto Saddam Hussein, che non viene più trovato, ed incomincia la tragedia dell’Iraq, dove in un primo tempo, si affiancano Potenze Europee.

I presidenti americani si succedono ed appare un Sig. Obama, che promette il rientro dei soldati americani, entro il 2010.

Quindi, abbiamo un panorama del mondo, estremamente particolare, cui si affianca una crisi mondiale.

Mi sento autorizzata a concludere che tale crisi è determinata dalla guerra contro l’Iraq.

Essa costa, mi sembra, dieci milioni di dollari al giorno, agli Stati Uniti di America.

Probabilmente, non è molto, per una potenza mondiale, come gli Stati Uniti d’America, ma è “ogni giorno”.

Questo dal punto di vista economia.

Dal punto di vista valori, ricordiamo che le crisi, molte volte si associano a crisi di valori.

Non a caso, il Sig. Obama tuona contro chi usa i soldi del governo per interessi personali.

Esaminiamo gli Stati Uniti d’America.

Se avessimo viaggiato un poco, negli Stati Uniti d’America avremmo rilevato alcune cose.

Mentre l’Europa ci appare come un insieme di nazioni, abbastanza malcontente dell’avvento Europeo, gli Stati Uniti di America, ci appaiono come America, con un‘anima, se mi permettete di parlare di anima per le nazioni, ben salda.

Ognuno di loro è americano, e “proud of that” ed orgoglioso di questo.

Nelle loro terre, spira il vento della libertà, ben se ne accorge il turista, appena sbarcato.

La giustizia è un sentimento molto forte.

“I am the best”, per gli americani, si usa non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche dal punto di vista morale.

Reazioni enormi, con autobus affittati erano la risposta a Bush, per la sua guerra in Iraq.

Nel ’68, grande era la partecipazione americana, per ideali di giustizia e libertà.

Per cui, sarei propensa a pensare che la corruzione vista dal Sig. Obama, nei vertici, sia dovuta ad un disamore, che si sta infiltrando, verso l’America, per via di una guerra, che agli occhi americani è ingiusta: la guerra in Iraq.

Mister Obama ha promesso la ritirata dei soldati dall’Iraq, dando voce a questa parte dell’anima americana.

Senz’altro, compirà le promesse, come ha fatto con le riforme sociali: quindi, entro il 2010, ritirerà le truppe americane.

Significherà un notevole risparmio economico, oltre che di vita umane, per l’America.

Il primo motore economico del mondo, l’America, riprenderà a funzionare; tutte le nostre economie riprenderanno quota.

Gli americani, un’altra volta, erigeranno il petto, e “proud of themself” diranno un’altra volta, con orgoglio, ”I am American”, senza avere più, sulle spalle, una guerra, da loro riconosciuta ingiusta.

Vi sarà una ripresa di un’attività privata: il credere in una nazione, nelle loro nazione, spingerà gli americani, ad idee nuove, sempre più audaci, che sono la base del progresso tecnologico e dell’economia.

Quindi, posso ben dire che questa crisi mondiale ha una data: il rientro delle truppe americane.

Certo, vi sarà la guerra in Afganistan, ma sostenuta, ideologicamente, da tutti gli americani.

Quindi, possiamo vedere la crisi come circoscritta al 2010, data del rientro delle truppe americane.

In tale data, l’economia americana risorgerà, non più appesantita dalle spese di guerra irachena, e soprattutto, non più aggravata dal peso dell’ingiustizia di tale guerra.

Risorgendo l’economia americana, si alzerà tutta l’economia mondiale, essendo essa fatta da commercio, scambi, relazioni tra monete.

Quindi, finalmente, di tale crisi abbiamo un dato: la fine

Quindi si possono fare progetti economici, con, alla base, questo dato.

Il mondo, quindi, dovrà sopportare un anno, prima che si ravvii l’economia.

Ovviamente, le misure che si possono prendere per uno spazio di tempo preciso, sono diverse da quelle impiegate per emergenze sine tempore, cioè non definite nel tempo.

Le misure sono rivolte non a rimettere in piedi un’economia, cui penserà la ritirata dei soldati americani dall’Iraq, ma a sostenere condizioni che permettano la conservazione dei Poteri presenti, fino alla ripresa economica.

La conservazione dei Poteri presenti avrà il più grande dei vantaggi, ai miei occhi: non spargimento di sangue.

Quindi, tutte le misure saranno rivolte alla conservazione ed alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Placare le masse, fino all’avvio della ripresa economica, sarà l’obbiettivo di tutte le misure che verranno prese.

Non possiamo aspettarci grandi misure dal cervello imprenditoriale.

La crisi del sistema si risolve con l’espansione dei mercati: così ci hanno insegnato.

Ma non in questo caso, aggiungo io.

La crisi mondiale ha posto i paesi in sviluppo non solo in grandi difficoltà, ma anche in grande instabilità, sia esse politica, sia essa di sicurezza.

In tale situazione, i mercati non si possono espandere: l’insicurezza che trovano in altri paesi, farebbe di questa misura strettamente economica, non solo una manovra estremamente dispendiosa, ma addirittura, con tinte politiche, tanto sarebbero i mezzi importati, garanti della sicurezza.

Ne seguirebbero tensioni politiche, anche pericolose, tra i governi dei paesi in sviluppo, e le forze economiche.

Una tensione con lo straniero potrebbe essere utile ai governi, che devono sostenere grosse repressioni a sostegno dei loro privilegi economici.

Potrebbero fare dimenticare alle masse, che i loro bisogni devono essere soddisfatti dal governo, ed orientarne le insoddisfazioni e le rabbie, contro gli stranieri.

Questo gioco non è utile alla ripresa economica.

Quindi, le misure dovranno essere adottate solo dal cervello politico.

Lo spazio di un anno permetterà al governo di aprire le loro casse in maniera anche smisurata, sostenute dal Fondo Monetario Internazionale.

Potremmo benissimo sfiorare la bancarotta, tutti noi, tutti i governi mondiali, per lo spazio di un anno.

Che vengano conservati il posto di lavoro, che ne vengano creati dei nuovi.

Che le masse non si agitino, prima del rientro dei soldati dall’Iraq, che segnerà l’inizio della ripresa economica.

Che tutto possa continuare senza grosse agitazioni.

Solo un anno, un anno di grosso sostegno, da parte di tutti i governi, di tutte le industrie, di tutti i posti di lavoro.

Un programma della durata di un anno, di un grosso sforzo economico, da parte del governo, può ravvivare la speranza, restaurare le forze, logorate dalla sfiducia, dalla visione di un nero, che avrebbe dovuto essere il nostro futuro.

Ora, il futuro appare più chiaro; i tempi sono stati delineati: un anno; ed anche lo spazio: l’intero mondo.

Tutti i governi dovrebbero fare questo sforzo.

Chiaro: tutto si appoggia su una analisi.

Ma lo sforzo mastodontico di tutti noi, di rizzarci in piedi, e di affrontare il futuro, sulla base di una analisi, logica, razionale, di spostare le montagne , fidandoci sul nostro cervello, ristabilirà legami di solidarietà, di amore verso le nazioni.

L’insieme, l’umanità ritornerà ad essere il grande amore di ognuno di noi, e la corruzione sotto questi colpi vacillerà sempre più, fino a ridursi alla periferia di un sistema, il nostro sistema.

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