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Una giornata per ricordare gli italiani all’estero e per contrastare ogni razzismo

In Italia abbiamo circa una trentina di giornate celebrative nazionali e internazionali. Non sono considerate giornate festive e gli organi pubblici organizzano eventi collegati alla circostanza che si intende celebrare, si va dalla giornata delle vittime degli incidenti sul lavoro, alla giornata della memoria, dalla giornata d’Europa, alla giornata nazionale della scuola, dalla giornata nazionale del teatro, alla giornata nazionale di Cristoforo Colombo. E pensando a Cristoforo Colombo viene in mente la recente proposta di legge presentata da diversi deputati aderenti al gruppo Democrazia Solidale - Centro Democratico con la quale, proprio nel mese di ottobre, che è il mese dove si celebra Cristoforo Colombo, si vuole istituire una specifica giornata celebrativa. Nel testo della premessa si specifica che gli italiani nel mondo che hanno conservato o acquisito la cittadinanza sfiorano i 5 milioni.

E tale proposta di legge vuole che la Repubblica riconosca il secondo venerdì di ottobre di ogni anno quale Giornata della solidarietà degli italiani nel mondo. Una proposta di legge che si concentra solo sulla questione degli italiani emigrati e prevalentemente sullo sviluppo che avrebbero dato alla società nazionale. Un testo a parer mio che rischia di essere riduttivo che però mi ha fatto maturare una riflessione, poiché penso che una diversa giornata nazionale più completa, per ricordare gli italiani nel mondo, contro tutti i razzismi, sia effettivamente necessaria. 

E’ sicuramente giusto ricordare e dedicare una giornata specifica ai tanti italiani emigrati in tutte le zone del nostro piccolo e difficile mondo, anche perché chi di noi non ha un parente od un conoscente emigrato all'estero? Purché tale giornata non abbia la funzione di soccorrere quelli che io chiamo zombie-nazionalisti, ovvero coloro che incarnano lo spirito obsoleto di un nazionalismo morto e sepolto e riportato cameratescamente in vita. Così come è il caso di specificare che non si devono confondere le tradizionali emigrazioni con la presenza di minoranze autoctone. Penso per esempio ai circa 30mila italiani componenti della Minoranza italiana che vive nei territori di tradizionale insediamento, in particolare in Istria e nel Quarnero oltre che in Dalmazia. Ricordare gli italiani, emigrati e minoranze autoctone nel mondo, con una giornata ad hoc, e con una proposta di legge più inclusiva rispetto a quella in premessa, paradossalmente nel contesto odierno potrebbe aiutare, se usata con sapienza, a capire i processi migratori attuali, a contrastare i diversi processi generalizzati di xenofobia ed intolleranza, riscoprendo un passato finito nell’oblio che ha interessato anche nostri connazionali.
 
Integrazione e “contaminazione” culturale passati prima di tutto attraverso il cibo, in un contesto storico dove però è più facile parlare di un Kebab furlan, che di un Frico turco, in un contesto dove nel Nord si mangia la pizza ma per decenni si è invocato il fuoco del Vesuvio, dove si mangiano le specialità siciliane e si è sperato nel fuoco dell’Etna, o nel Sud si è mangiato risotto alla milanese o polenta e sperato nella nebbia per non aver nordisti nel Sud.
 
Tempi vecchi, forse, i cui concetti deprimenti e basilari son rimasti invariati contro questa volta il non italiano, pur vivendo in una società di oltre 7 miliardi di persone, che in Italia subisce processi di discriminazione come l’italiano li ha subiti per decenni in diverse parti del mondo, discriminazioni che sembrano non aver insegnato un bel nulla, ma come ha dichiarato in sostanza Larsson sulle pagine del Piccolo il futuro non è il nazionalismo, "invenzione senza più alcun senso" ma “la curiosità, l’apertura al diverso sono le chiavi per la cultura, e la cultura è l’unica cosa che conta”.
 
Marco Barone 

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