Una Ires premiale per un governo pentito

Dopo aver perso un anno, il governo sembra orientato a rottamare il demenziale slogan "più assumi, meno tasse paghi", che ha prodotto un incentivo per qualcosa che sarebbe comunque avvenuto.
Da un paio di giorni su alcuni giornali sta girando la notizia secondo cui il governo Meloni sarebbe prossimo a esaudire la pressante richiesta del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, e introdurre la cosiddetta Ires premiale, cioè la riduzione dell’aliquota d’imposta sulle società a beneficio delle imprese che destinano gli utili a determinate tipologie di investimenti.
Come ho segnalato più volte, l’Ires premiale altro non sarebbe che il rientro dalla finestra, con modifiche, del cosiddetto aiuto alla crescita economica (ACE), lo sconto fiscale per le aziende che destinano a patrimonio parte degli utili. L’ACE, per un valore annuo di circa 4,8 miliardi, è stata razziata nella legge di bilancio dello scorso anno e di fatto utilizzata per il primo modulo della cosiddetta riforma Irpef.
La presidenza di Confindustria chiede con forza il ritorno di simili forme di incentivazione e si può dire che, su questo punto, non abbia torto. Quindi, pare si attenda l’inserimento in legge di bilancio dell’emendamento che porterà all’IRES premiale. Ma per quale entità e con quali coperture?
Via la superdeduzione?
Ieri, Repubblica ha ipotizzato un intervento da almeno 2 miliardi, quindi meno di metà di quanto sottratto alle imprese con la cancellazione dell’ACE. E la copertura? Sempre secondo Repubblica, sarebbe trovata per circa 1,3 miliardi eliminando la cosiddetta superdeduzione sulle assunzioni a tempo indeterminato, fissata al 120 per cento ed elevabile al 130 per situazioni specifiche, che scatta in caso di incremento del numero di dipendenti con contratto a tempo indeterminato rispetto all’anno precedente.
Cioè, ripetete con me, premia aziende che vanno bene, sono in espansione e avrebbero effettuato comunque quelle assunzioni. Della serie, “vado pazzo per gli incentivi ben riusciti”. Se mi seguite con masochistica regolarità, sapete che questo provvedimento me lo sono legato al dito, ritenendolo un modo più stupido del solito per regalare soldi. Si tratta della materializzazione del non meno demenziale slogan elettorale di Meloni e Fratelli d’Italia, “più assumi e meno spendi”, che formulato in questi termini sembra esprimere una grande nostalgia per le attività ad alta intensità di manodopera.
Ma poiché nessun imprenditore sarebbe così stupido da gonfiare gli organici per incassare un incentivo, ecco che (appunto) vengono premiati quelli che avrebbero comunque assunto a tempo indeterminato. Peraltro, lo scambio tra ACE e superdeduzione aumenta la pressione fiscale media sul sistema delle imprese. Ora, se l’ipotesi formulata da Repubblica dovesse trovare conferma, il “più assumi, meno tasse paghi” sarebbe sostituito da qualcosa di più razionale ma che tuttavia richiede coperture aggiuntive per altri 700 milioni e, soprattutto, non ripristina la dotazione ACE. In breve: la tardiva e parziale correzione di un minuetto di assurdità propagandistica e analfabetismo economico.
Peraltro, la superdeduzione ha avuto una gestazione difficile, prima di vedere la luce: introdotta a fine dicembre 2023, è diventata operativa solo a fine giugno 2024. A dirla tutta, mentre si attendeva che il provvedimento diventasse esecutivo, le imprese avevano tentato di dirottare il beneficio fiscale verso gli investimenti anziché in assunzioni: ma, alla fine, il decreto interministeriale aveva detto niet.
Bastava adeguare l’ACE
Ora quel tentativo potrebbe riuscire: alcuni (forse cinque) punti percentuali di IRES in meno per chi trattiene in azienda almeno il 70 per cento degli utili, destinandolo a investimenti qualificati. Io eliminerei la parte relativa alle assunzioni, per i motivi detti sopra: è demenziale sussidiare qualcosa che sarebbe comunque avvenuto. Sarebbe bastato trasformare l’ACE in questa direzione, e si sarebbe risparmiato un anno e più di chiacchiere. Ma, in quel caso, la cosiddetta riforma Irpef non sarebbe potuta neppure decollare col primo modulo. Ripeto la domanda: ignoranza o propaganda? Conosco la risposta: entrambe.
A me, che ormai ho qualche anno sul groppone, il termine “premiale” ricorda sempre la legislazione sui pentiti di terrorismo e mafia, con sconti di pena e altre “agevolazioni”. Mi piacerebbe usare questa accezione per prendere atto che il governo Meloni si è pentito di aver fatto una sciocchezza.
- Aggiornamento del 10 dicembre: il morticino dell’Ires premiale prende forma. Pare che lo sconto dell’aliquota sarà di quattro punti percentuali per utili destinati a investimenti qualificati, assunzioni, welfare e formazione. Dovrebbe costare 400 milioni, che si ipotizza di coprire con un nuovo “contributo” dalle banche, cioè una tantum. E, dato il flop del concordato preventivo riaperto, niente riduzioni Irpef al leggendario “ceto medio”, quello del dito. Dire che sono ridicoli è pura descrizione dell’esistente.
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