Un viaggio indimenticabile
Recensione del nuovo libro di Massimo Maugeri “Il sangue della montagna” con intervista all’autore.
A tre anni di distanza dall’indimenticabile “Cetti Curfino”, ecco tornare Massimo Maugeri ai suoi lettori con un libro destinato a lasciare un segno duraturo nella memoria di molti. E parlando di memoria mi riferisco sia a quella culturale che a quella sociale, perché la trama di “Il Sangue della montagna”- edizioni La nave di Teseo - ha il raro pregio di coniugare il racconto di eventi personali con la società nella quale questi accadono. A questo punto, pur sfiorando la banalità, sarebbe opportuno citare il famoso “effetto farfalla” secondo il quale il battito d’ali dell’insetto su una collina in Sud America potrebbe generare uragani sulla costa della Corea del Nord…
Ma questo concetto, pur così controverso, nel romanzo di Maugeri è ampliato, moltiplicato, non solo per la sensibilità con la quale l’autore inserisce le difficili problematiche del presente – dal gas serra al consumismo, dal predominio del profitto sul valore – , ma per come rende un elemento naturale non solo personaggio tra i tanti delle sue pagine, ma ne fa anzi la protagonista. Parlo della “Montagna” che è nel titolo, appellativo che viene attribuito da chi abita alle sue falde all’Etna, rifiutando il maschile di “vulcano”, perché essa viene percepita innanzitutto come madre dispensatrice di vita… Anche quando mostra una natura opposta generando dolori e tragedie. “Tutto dà e tutto toglie, tutto toglie e tutto dà”.
Ma, come ho scritto, i personaggi sono tanti e ci vengono via via mostrati nelle più diverse sfaccettature, sino a travalicare il reale, in un al di là immaginario, che però le capacità narrative di Maugeri rendono, più che plausibile, semplicemente “normale”.
È davvero complesso scegliere quale personaggio nominare e su quale non scrivere neppure un aggettivo. In seicento pagine, anche il recensore più esperto, avrebbe delle indubbie difficoltà…
Eppure sono pagine che volano, tra le storie e i ricordi di Marco Cersi, e il suo odio/amore per la Montagna, le cronache puntuali e sincere che della sua vita sempre più in salita di Paola Verltrami. Quasi un diario il suo, quello di una donna tra difficoltà, speranze, sprazzi di felicità, precipizi neri: la vita vera insomma.
Ma il pantheon di Maugeri è davvero troppo vario perché lo si possa nominare. A qualcuno rimarranno le rose di Eleonora delle quali sembra arrivi fino a noi l’intenso profumo, ad altri il fantasma – o il frutto del desiderio, la visione – di suo marito, il defunto Alberto. Ma come dimenticare – quello che solo a un lettore distratto potrebbe sembrare un personaggio secondario – la vicina di Paola, la signora Arena, che trascorre le sue giornate dividendosi tra invisibili canarini e le sue esecuzioni de La vie en rose?
In ultimo, un accenno a Silvia, la figlia di Paola, croce e cruccio, che ben rappresenta il disagio di molta parte della nostra gioventù, e di quali effetti possa avere non solo a livello personale.
Ma una parola su Don Vito? Splendido! E la dolcissima, fragile e tenace Padma, originaria dello Sri Lanka che si è sentita anche lei adottata dalla Montagna.
E su tutto, tra ogni carattere, riga, paragrafo, l’eco delle note della canzone di Freddie Mercury con i suoi versi immortali… “Find me somebody to love. Find me somebody to love...”
… Già… Trovami qualcuno da amare, quasi un’invocazione che i mortali rivolgono al cielo che l’eruzione accende di lampi.
Perché non si può dimenticare “il sangue” del titolo, e che una madre può anche divenire matrigna, anche se i suoi figli continueranno comunque ad amarla.
Hops! Mi accorgo che non vi ho detto nulla della trama… A parte che sarebbe stato quasi impossibile senza spoilerare, ma preferisco lasciare questa scoperta, pagina dopo pagina a voi, un viaggio variegato e mai noioso, che vi condurrà dalle cime dell’Etna alle pieghe più riposte dell’animo umano.
Per concludere vi propongo una breve intervista a Massimo Maugeri.
Come è nato questo romanzo così complesso: uno schema iniziale che si è arricchito scrivendo o la trama era già nella penna?
È un romanzo che ha avuto una gestazione molto lunga e che mi ha accompagnato per tantissimo tempo. Una storia nella quale mi sono immerso con mente e spirito provando la gioia e l’emozione di vedere crescere i personaggi
pagina dopo pagina. Sono partito solo da un paio di idee e la trama è venuta fuori a mano a mano che scrivevo. All’inizio non avevo idea di quel che sarebbe accaduto. È stata un’esperienza creativa bellissima e travolgente.
Nel Pantheon di personaggi di Il sangue della montagna, quale ti ha creato più difficoltà e quale si è scritto da solo?
Non ci sono stati personaggi che mi hanno creato difficoltà. Anzi, a mano a mano che si muovevano tra le pagine, e acquisivano dimensione e personalità, ciascuno dei personaggi ha dato il suo contributo alla costruzione della storia. La difficoltà semmai era far quadrare le trame principali con le varie sottotrame che si stavano creando mentre proseguivo con la scrittura. Ma ogni sottotrama si è integrata perfettamente con le altre, come in un puzzle. Da questo punto di vista è stato un libro molto fortunato.
Alcuni di loro dimostrano una particolare sensibilità nei riguardi della Terra e della Natura, hai traslato loro la tua? Per te è importante?
Penso che tutti noi dovremmo essere più sensibili nei confronti della Terra e della Natura. Molto più che in passato. Il nostro futuro dipende anche da questo, oltre che dalla necessità di impegnarci affinché i sistemi economici globali garantiscano più uguaglianza.
E infine, perché proprio “Somebody to love” di Freddie Mercury?
Perché è una canzone bellissima, che amo molto. E perché è una specie di preghiera finalizzata a far sì che si possa trovare qualcuno da amare: dunque in linea con una delle tematiche importanti del romanzo.
Flaminia P. Mancinelli
Questo articolo è stato pubblicato qui
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox