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Un tenore di vita migliore? Solo 7 italiani su 100

Le famiglie fanno fatica a tirare la fine del mese, la classe media non esiste più. Sai che novità! Ormai sembriamo essere rassegnati di fronte una società che ha perso il suo “motore”, la classe media, quella che con i suoi “movimenti” faceva economia.

Due aspetti che di solito non vengono particolarmente approfonditi – oltre il dato di fatto della povertà che avanza – sono l’opinione e le aspettative che gli italiani hanno del futuro e l’intensità della povertà, ovvero quel parametro che misura quanto poveri sono i poveri.

A tal proposito, una indagine dell’Istituto nazionale di ricerche Demopolis, ha tracciato una realtà molto preoccupante, infatti il 45% degli italiani considera peggiorata, negli ultimi tre anni, la situazione economica della propria famiglia mentre sono appena 7 su 100 i cittadini che ritengono migliorato il proprio tenore di vita dal 2008 a oggi.

Dunque la prospettiva futura per la maggior parte degli italiani non è delle migliori, basti pensare alle famiglie monoreddito, stritolate dalla crisi economica, ormai diventata cronica, orfana di politiche economiche che vadano oltre l’emergenza e oltre le solite “ricette”. Oppure ancora ai tanti pensionati con assegni inferiori alle cinquecento euro, ai tanti giovani precari, ai disoccupati, agli inattivi.

La fotografia è quella di un Paese depresso, come afferma Pietro Vento – direttore dell’Istituto Demopolis – “La ricerca rileva il progressivo impoverimento nel nostro Paese della classe media a reddito fisso. Solo il 37% degli intervistati afferma di giungere alla quarta settimana del mese con relativa tranquillità. Il 40 per cento, invece, è costretto a diverse rinunce in certi periodi dell’anno e il 23 per cento ammette di far molta fatica e di dover ricorrere spesso a risparmi precedenti o a prestiti per far fronte alle spese quotidiane”, prosegue ancora, “La crisi sta colpendo anche le famiglie che non molti anni addietro godevano di un accettabile tenore di vita. È inferiore al 30 per cento il numero di famiglie che negli ultimi 12 mesi sono riuscite a mettere da parte una quota del reddito. Il 43 per cento, invece, ha speso integralmente il reddito e il 20 per cento, anche nel tentativo di non modificare il tenore di vita, ha utilizzato i risparmi. Quasi una famiglia su dieci, ha fatto ricorso a prestiti o al credito al consumo per fare acquisti”.

A fronte di questa situazione, due considerazioni.

La prima, quella ormai palese, che il modello di sviluppo capitalistico genera, alla lunga, disuguaglianze e crisi strutturali. La seconda riguarda le fallimentari riforme – se così possiamo definirle – che vanno ad attenuare la funzione redistributiva dello Stato per ridurre il deficit ed ingannevolmente ammodernare il Paese, in realtà sono riforme destinate a dare nuova linfa e nuova forza ai poteri economici per generare capitali a danno del lavoro.

Detto questo, le politiche economiche di Sinistra, devono dare segnali forti, devono proporre una alternativa che vada oltre quel riformismo rinunciatario, debole e soprattutto inefficace, servono politiche che abbiano la convinzione che il progresso non passi obbligatoriamente attraverso il liberismo e attraverso l’abbandono del protagonismo dello Stato nelle economie. Non esiste una legge economica universale che dice ciò.

Andiamo oltre.

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